Live Electronics: continuiamo a ragionarci sopra…

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Questa volta, non siamo dal vivo, ma siamo alle prese con un sistema Euro Rack sufficientemente espanso da garantire la generazione simultanea di diverse componenti armonico/melodico/timbriche che possono essere organizzate in una performance, o – perlomeno – in una macro orchestrazione adatta alla costruzione di eventi live electronics. Inutile dire che, specialmente con i modulari hardware, maggior disponibilità simultanea di circuiti corrisponde a maggior spesa, ma anche a maggior potenza di fuoco… you pay what you got. (Ma, come dicevano i saggi di lingua inglese, garbage in garbage out… insomma, i miracoli non si fanno neppure con tanto hardware a disposizione).

Di Enrico Cosimi

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La chiave di tutto, l’elemento scatenante, è il complesso e spesso sottovalutato modulo Metasonix R-54 VCO/VCF, struttura valvolare che adotta due valvole facilmente reperibili NOS sul mercato americano e del tutto estranee alla normale “pratica audio”; il risultato è un doppio comportamento organizzabile tanto come oscillatore ampiamente distorsivo quanto come filtro passa banda con buone capacità di risonanza, ancorchè dotato di un blando slope non esageratamente selettivo. Collegando l’uscita all’ingresso del filtro stesso, si può enfatizzare il comportamento di feedback, arricchendo la pasta timbrica della forma d’onda che, nel circuito originale di Eric Barbour, è sottoponibile ad un triplice segnale di controllo non troppo esponenziale e non troppo lineare. Insomma, occorre andarci piano…

L’incubo del Data Entry

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Nei lontani Anni 80, quando i primi sintetizzatori polifonici economici iniziavano a popolare la terra, presso i produttori si diffuse come un fulmine la consapevolezza che era possibile risparmiare bei soldoni togliendo tutto dal pannello comandi e limitando l’accesso del musicista ad un singolo parametro alla volta, selezionabile in maniere diverse e, post selezione, modificabile nel suo valore numerico attraverso un adeguato sistema d’inserimento dati. Era nato il (deprecabile) Data Entry.

Di Enrico Cosimi

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Sviluppato in ambienti accademicamente blasonati (basterebbe pensare al primo Dartmouth Synthesizer, successivamente incarnato nel N.E.D. Synclavier…), il sistema del Data Entry consiste(va) in un meccanismo indirizzabile – un potenziometro, uno slider, un encoder, una coppia di tasti più e meno – con cui esprimere la propria volontà all’interno di una struttura di programmazione.

A blast from the past: DIN Sync e non solo

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Quando i dinosauri scorrazzavano sulla terra, e quando il MIDI era solo un sogno lontano, il modo più sicuro – o, a scelta, quello meno impreciso – per mandare in passo due apparecchiature elettroniche dedicate alla produzione ritmica consisteva nell’affidarsi al cosidetto Sync TTL o, più diffusamente, alla sua incarnazione commerciale denominata DIN Sync.

Di Enrico Cosimi

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Il meccanismo era sorprendentemente semplice nella sua teorizzazione, e altrettanto sorprendentemente subdolo nelle sue implicazioni funzionali: in pratica, si forniva un treno d’impulsi, un’onda quadra, di frequenza calibrata in base alla velocità metronomica che il circuito master doveva trasmettere al circuito slave. In questo modo, in maniera proporzionale alla frequenza del segnale di sincronizzazione, il motore dell’apparecchio schiavo viaggiava alla stessa velocità dell’apparecchio principale.

Elettronica dal vivo? Qualche spunto di riflessione…

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Quando si deve affrontare una serata di esibizione live con gli strumenti elettronici, il problema più grande è sempre quello della logistica: quante cose spostare, come disporle, come garantire per tutti i musicisti l’accesso simultaneo alle strutture di controllo e – nei limiti del genere musicale proposto – come fare in modo che ci sia anche qualcosa da vedere. Non è un argomento da poco: ciascuno ha le proprie regole; come al solito, condividere le proprie esperienze può essere funzionale per tutti.

Di Enrico Cosimi

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Per questo motivo, in maniera indifferenziata, scioriniamo le considerazioni più significative emerse nel corso dell’ultima serata di live electronics in quel del Baraka Bistrot di Roma, dove il sottoscritto (aka TauCeti), insieme a Mario Bianco e Frankie Bellani ha “deliziato” i presenti con un mid form impro di 50 minuti densi di filter sweep e segnali elettronici. Il tutto, senza rete di sicurezza, senza sequenze pre configurate (se si escludono le capacità di ritenzione memorizzata offerte dai vari Ecophon e Phonogene targati MakeNoise…).

Moog Moogerfooger MF-108M: solo un flanger?

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Quando è stato presentato sul mercato, il Cluster Flux Moogerfooger, questo il nome di battaglia per il modello MF-108M, ha fatto girare più di un occhio attento grazie alla sua implementazione MIDI applicata alla struttura BBD analogica. In pratica, l’apparecchio, con una linea di ritardo full analog messa sotto il controllo di un modulo LFO interno e di una nutrita struttura MIDI, può generare chorus e flanger a discrezione del musicista. Ma non è tutto…

Di Enrico Cosimi

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Una volta che, come in ogni flanger che si rispetti, viene stabilito il percorso di feedback che collega l’uscita del flanger nuovamente all’ingresso di trattamento, l’apparecchio inizia a enfatizzare i picchi risonanti prodotti dai “denti” della struttura Comb Filter realizzata internamente.

Model D – il tocco finale

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Concludiamo questa lunga cavalcata nella rimodellazione del Model D – ma, ricchi e spietati come il Conte di Montecristo, torneremo presto alla carica utilizzando Reaktor 5.x… – mettendo a punto gli ultimi particolari rimasti.

Di Enrico Cosimi

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Una delle caratteristiche più oltraggiose del Model D è il suono potente, aggressivo e caratterizzato da sottili (e non tanto sottili…) distorsioni che si verificano in punti chiave del circuito.

Model D: ricostruzione – Terza parte

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Stringiamo qualche bullone prima di addentrarci nella bieca materia di (ri)progettazione. Il circuito originale del Minimoog Model D prevede  – ovviamente – il controllo di tastiera monofonico, con priorità alla nota più bassa. Per questo motivo, lavorando nella piattaforma Clavia Nord Modular G2, sarà necessario utilizzare il modulo Mono Key e limitare l’impiego della normalizzazione di tastiera sugli oscillatori.

Di Enrico Cosimi

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Inoltre, come è facile immaginare, il comportamento di tastiera è subordinato alla possibilità di smussamento ottenute attraverso modulo Glide; in questo modo, i bruschi salti di intonazione tra un tasto e l’altro sono integrati dallo spostamento progressivo d’intonazione garantito dal Glide stesso. Anche se, in alcune versioni dello strumento originale, il Keyboard CV ai danni del filtro non è sottoposto a Glide, nella nostra ricostruzione, provvederemo a fornire, tanto agli oscillatori quanto al filtro, la versione addolcita con l’integrazione di Glide.

Vivere pericolosamente: sfidare la sincronizzazione con Arturia MiniBrute

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Arturia MiniBrute è un piccolo, ma assolutamente esaltante, sintetizzatore monofonico che – complice un’iniziale difficile reperibilità – sta assurgendo a nuova icona delle timbriche acide e particolari, tipiche di molte scuole della programmazione dance oriented. Finalmente in possesso (temporaneo putroppo…) di un apparecchio, ci siamo divertiti a spremere le funzionalità di sincronizzazione & interfacciamento offerte dalla duplice connettività MIDI Din  e Analog CV/Gate. Come al solito, le sorgenti di controllo erano il fedele Doepfer Dark Time Analog Sequencer e, compagna di sventure, l’altrettanto fedele Acidlab MIAMI Analog Drum Machine. Le sorprese non sono mancate.

Di Enrico Cosimi

La struttura messa in piedi era abbastanza semplice: il sequencer Doepfer Dark Time produce il flusso di CV e Gate necessari a pilotare, nel MiniBrute, l’intonazione degli oscillatori, l’articolazione degli inviluppi e (in maniera non documentata dallo schema qui sopra, gli accenti di apertura sul filtro. Una manciata di cavetti patching 1/8″ è sufficiente a garantire la corretta tenuta del sistema.

Minimoog D: adesso ricostruiamolo. Seconda parte

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Eravamo rimasti al blocco delle sorgenti sonore – opportunamente privato dell’ingresso per segnali esterni che, nella versione Clavia Demo Editor, potrebbe creare problemi di accessibilità… – ora, è il momento di proseguire nel percorso audio incontrando prima il filtro low pass e successivamente l’amplificatore.

Di Enrico Cosimi

Osserviamo ancora una volta lo schema a blocchi: superato il mixer, le cinque (per noi, quattro) sorgenti sonore entrano nel VCF e, da questo, proseguono per due amplificatori controllati in tensione.

Minimoog D: adesso, ricostruiamolo – Prima parte

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Dopo aver perso molto tempo a ragionare sulle prestazioni dello strumento, è il momento di ricostruire il suo comportamento utilizzando un linguaggio di programmazione virtual modular di medio livello, come dire non troppo semplice e non troppo complicato, ma in grado di fornire sufficiente soddisfazione al programmatore volenteroso. I lettori più pazienti avranno già capito che ci riferiamo all’omnipresente Clavia Nord Modular G2…

Di Enrico Cosimi

Per prima cosa, occorre scegliere un tipo di oscillatore che non sia troppo costoso in termini di CPU; gli oscillatori del Model D sono privi di hard sync, non prevedono la FM lineare e non lasciano la possibilità di lavorare con onde impulsive a simmetria variabile (limitando la fruizione a soli tre “tagli” assimilabili con buona volontà al 50%, al 25% e al 10% di simmetria… more or less).

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