Elettronica dal vivo? Qualche spunto di riflessione…

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Quando si deve affrontare una serata di esibizione live con gli strumenti elettronici, il problema più grande è sempre quello della logistica: quante cose spostare, come disporle, come garantire per tutti i musicisti l’accesso simultaneo alle strutture di controllo e – nei limiti del genere musicale proposto – come fare in modo che ci sia anche qualcosa da vedere. Non è un argomento da poco: ciascuno ha le proprie regole; come al solito, condividere le proprie esperienze può essere funzionale per tutti.

Di Enrico Cosimi

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Per questo motivo, in maniera indifferenziata, scioriniamo le considerazioni più significative emerse nel corso dell’ultima serata di live electronics in quel del Baraka Bistrot di Roma, dove il sottoscritto (aka TauCeti), insieme a Mario Bianco e Frankie Bellani ha “deliziato” i presenti con un mid form impro di 50 minuti densi di filter sweep e segnali elettronici. Il tutto, senza rete di sicurezza, senza sequenze pre configurate (se si escludono le capacità di ritenzione memorizzata offerte dai vari Ecophon e Phonogene targati MakeNoise…).

Sia chiaro: nessuno vuole impancarsi a punto di riferimento (si fa così… si fa cosà…), qui si parla semplicemente di esperienze condivise che, magari, possono tornare utili a quanti dovranno affrontare, in un futuro prossimo, le stesse problematiche.

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La logistica preliminare

Prima di lanciarsi nel trasloco, è neessario sapere quanto spazio è disponibile – come palco, soppalco o semplice angolo del locale; ma è anche necessario capire “il tipo” di locale, nel senso che un determinato genere di produzione elettronica potrebbe essere svantaggiato durante l’esecuzione se parte del pubblico (come più che legittima aspirazione…) vuole continuare a chiacchierare durante il liveset.

Per questi motivi, compatibilmente con le distanze chilometriche, è meglio devolvere una serata al sopralluogo e capire, una volta per tutte, cosa succede relativamente a:

  • quanto spazio c’è disponibile sul palco?
  • c’è un palco e, nel caso, dobbiamo prevedere supporti, tavoli, basi e tutto il necessario per sostenere l’attrezzatura?
  • se è stata compilata una scheda tecnica, si prevede l’esistenza in loco di un backline?
  • oppure, è necessario prevedere anche l’impianto l’ascolto sul palco?
  • e la corrente elettrica? oltre che disponibile, è reperibile con quante prese sul palco? sarà necessario portare ciabatte e prolunghe?
  • che tipo di pubblico c’è nel locale? si chiacchiera mentre si mangia? ci si aspetta un feroce impatto ritmico? pubblico seduto o headbangers mentre si poga tutti insieme?
  • deve esserci un supporto video? qualcuno proietta? c’è un cavo VGA? si ascolta e basta?
  • last but not least, quanto deve durare il live set?

Una volta chiariti questi punti, contrariamente alla normale procedura “artistica”, si può andare avanti e progettare l’evento musicale vero e proprio.

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Quanta roba mi serve?

Dipende… se si lavora con il Mac/PC, tutto è più facile, perlomeno nell’organizzazione del materiale e nella disponibilità della potenza di fuoco simultanea; il discorso è talmente facile che potrebbe non valere la pena parlarne. Nel nostro caso, inguaribili ottuagenari nostalgici (con tanto di monocolo saldamente incastrato nel sopracciglio), la moosica elettronica si fa con le scatolette, quindi diventa necessario prevedere un certo numero di “scatolette” o, potendo, un certo tipo di scatolette accuratamente scelte per la loro versatilità.

Da questo punto di vista, quasi sempre l’anello debole della catena è il mixer: contrariamente agli altri generi musicali, la live impro di impostazione elettronica vive sulla superficie di mixaggio che deve essere (possibilmente) accessibile a tutti i musicisti presenti sul palco, deve garantire un corretto comportamento di gestione livelli, toni e – attenzione… – mandate ausiliarie.

Contrariamente a quanto si possa pensare, un mixer digitale non è la scelta più adatta, a meno che non offra simultaneamente accesso a tutti i parametri di controllo; specie se si improvvisa, è fondamentale avere sotto le dita tutti i parametri di tutti i canali, comprese le mandate effetti. Nel nostro caso, abbiamo avuto a disposizione un Mackie Onyx 1640i che, con le sue sei mandate ausiliarie, offre tutta la flessibilità necessaria alla performance live.

Continuiamo con la potenza di fuoco; esistono due scuole di pensiero:

  • l’accumulo indifferenziato di strumentazione e orchestrazione sul palco, ciascuna concentrata sul proprio unico scopo timbrico;
  • la selezione di un numero ridotto di apparecchi che, oltre ad essere suonati/suonabili in tempo reale, prevedano la possibilità di essere programmati in tempo reale, cioè garantiscano controllo e ripetibilità dei risultati.

Inutile dire che la seconda strada è più complessa, ma sicuramente più piacevole e di maggior soddisfazione. Nell’evento del Baraka Bistrot, c’erano tre postazioni, una composta da Grp A4 Synthesizer, più Electrix MoFx, più Moogerfooger MF-104M Analog Delay (tutti e due in barra sul mixer Mackie); l’altra composta da un grosso sistema Euro Rack con al suo interno praticamente tutta la produzione MakeNoise (DPO, dual primary oscillator; Phonogene, Ecophon, Brains, Pressure Points, Maths, eccetera); il tutto, arricchito timbricamente con uno spring reverb Knas usato tanto per fornire riverbero, quanto come sorgente sonora percussiva. 

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L’ultima struttura era composta, sempre in ambiente Euro Rack, da un variegato corredo di moduli generazione/controllo/trattamento posti sotto la gestione di una French Connection, master keyboard che prevede l’impiego tanto di quattro ottave di tastiera “normale” sensibile alla dinamica, quanto di un wire controller di accezione squisitamente Ondes Martenot. Perfetta tanto per compiti melodici quanto per controlli “torturati” su altre funzionalità del sintetizzatore modulare.

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Comments (11)

  • francesco

    |

    …e anche con questo bell’articolo audiocentralmagazine si conferma punto di riferimento web in italia…!!

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    • Ciro

      |

      Se gli articoli fossero scritti in duplice lingua (anche inglese), sarebbe il riferimento web assoluto non solo italiano, ma, per gran parte del WWW. Complimenti ad Audio Central Magazine ed a tutti i suoi Autori.
      PS. Nell’ approntare un set-up live di strumenti elettronici avrei un “orecchio” di riguardo alla diffusione sonora dell’ evento, lato pubblico. Sovente ho assistito ad eventi live pieni di grande maestria ed innovazione artistica ma che purtroppo venivano ascoltati come se giungessero dall’altoparlante di una radiolina a transistor. Questo è quanto posso esprimere da “fonico” a tempo perso.

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      • Enrico Cosimi

        |

        ti dirò: sul bilinguismo, stiamo discutendo da parecchio – ad esempio, con l’ottimo Emiliano Girolami… – e non è detto che in un futuro a breve termine la cosa possa diventare lo standard di pubblicazione;

        sul riferimento web assoluto, sono esaltato, ma penso possa esserci qualche esagerazione nella valutazione :-)

        concordo ASSOLUTAMENTE sulla necessità di un minimo di livello qualitativo per il sistema di ascolto, specie per la musica elettronica; purtroppo, la realtà dei posti dove si suona è quella che è e, molto spesso (quando c’è…), l’impianto PA residente è stato concepito per sopravvivere alle bordate di batteria, basso e chitarra, non certo per ascoltare 20-20000 Hz con dinamica fino a 144 dB :-)

        sob… :-)

        Reply

  • Ciro

    |

    Se gli articoli fossero in doppia lingua (anche inglese), sicuramente sarebbe punto di riferimento web assoluto non solo in Italia ma in buona parte del WWW. Complimenti ad Audio Central Magazine ed a tutti gli Autori.

    PS: un “orecchio” di riguardo alla qualità della diffusione sonora lato pubblico lo terrei molto in considerazione. Ho assistito sovente ad eventi live dove c’era molta qualità ed innovazione artistica ma il suono che si ascoltava era da radiolina a transistor.

    Reply

  • Alexplorer

    |

    Un Ciao a tutti, qualcuno sa dirmi dove posso ricavare informazioni sul case in legno del modulare MakeNoise che si vede in foto? Quello con l’Oberkorn sopra per intenderci.
    Spero non sia un DIY cosi ci faccio un pensierino per il mio Analogue Systems.

    Grazie mille!!

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      Purtroppo, quello è un case autocostruito – con perizia – da Mario Bianco, uno dei tre musicisti che si esibiva sul palco… non credo che lui sia intenzionato a costruire qualcosa del genere per conto terzi, ma puoi comunque contattarlo su Facebook e chiederglielo direttamente!

      Reply

  • cactusound

    |

    è un problema questo che mi affligge non poco da più di un decennio, soprattutto per alcuni fatti:

    – come evitare il comodo ma tristissimo “effetto karaoke”, utilizzando basi pre registrate?

    – come fare il “one man show” con minimo 6 tracce per pezzo + ovviamente (comefarsimancareilfastidio) qualche chitarra, basso e voce che intervengono di tanto in tanto?

    – come sradicare dallo Studio certi synth vecchi di 40 anni, che sai che funzionano ancora solo perché non li hai più mossi dallo stand dal 1992 (e che non ti ricordi quasi più a cosa serve quella selva di cavi e cavetti che passa dietro il rack…)?

    – se opti, alla luce di quanto già elencato, per ricomporre i tuoi pezzi con dei loop, preparati in studio dagli stems, su Ableton Live… come fare per far diventare interessante il “live” anche se sembra che sul palco stai navigando su internet?

    Gli ultimi anni mi sono risposto facendo praticamente il DJ di me stesso (tracce raw pre master) lanciate (e talvolta effettate) su Ableton, magari cantandoci sopra quando è previsto, e curando però in modo più “spettacoloso” e veramente live, la parte visual video proiettata con qualche programma avanzato di VJing.

    Sembra che a dispetto della relativa “disonestà” musicale (anche se i pezzi sono miei e originali!) verso il pubblico, lo spettacolo così assuma più rilievo e susciti più attenzione.
    Essendo poi un graphic designer di professione… 😉

    Se poi la produzione e il palco sono seri, e magari c’è pure un guadagno più decente, allora penserei di fare qualcosa di più live, con i suddetti strumenti vintage sradicati e spolverati per l’occasione, o addirittura farmi accompagnare da altri musicisti, ma da 3 anni a questa parte è perfino dura essere rimborsati delle spese…

    my 2 cents.

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      eh si! sindrome da “barra spaziatrice” a parte, se uno sale sul palco con uno “spettacolo” onesto, cioè costruito con il rispetto per l’ascoltatore e la serietà, anche se si limita a cantare sopra 100.000 tracce preconfigurate, COMUNQUE c’è il senso della performance dal vivo; è chiaro che un laptop set fatto facendo partire un file dentro quick time E BASTA (mi è capitato all’ultima edizione di “Dissonanze”, e il musicista era anche uno di quelli che andava per la maggiore, roba da non credere…), allora si annida la malafede.

      insomma, almeno un qualcosa da fare “per davvero” occorre anche lasciarselo per il live act, altrimenti sai che noia!! :-)

      chiaro che se, oltre alla musica, c’è anche uno sforzo produttivo per la video grafica il VJ o la proiezione, il valore della somma risulta facilmente superiore alle parti!

      (sempre per tornare al losco figuro di “Dissonanze”, la cosa fenomenale era che mandava in audio questo file .aif o .wav con quicktime e, in video, mandava a loop [il vero “mela L…] un .mov QUALSIASI che si era procurato al volo dieci minuti prima di salire sul palco… ovviamente, quando il loop video finiva e ricominciava la proiezione, c’era un glitchone video mostruoso… :-) )

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