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Moog Sub Phatty in action – Prima parte

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Ne abbiamo parlato saltellando qui e la, aspettando con ansia che arrivasse il primo esemplare disponible, ingannando l’attesa concentrandoci sulle funzionalità del second panel. Ora, dopo la parentesi live presso Musicalbox di Verona, tiriamo le somme e cerchiamo di mettere meglio a fuoco il fenomeno Sub Phatty.

Di Enrico Cosimi

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Lo strumento, per chi si fosse sintonizzato solo ora, è una versione significativamente migliorata del popolare monofonico Little Phatty, già disponibile nella standard Stage Edition II con tastiera a tre ottave e nella versione Slim Phatty, in versione rack mount a 2 unità.

Cosa c’è di diverso tra Sub e Little? Il nuovo apparecchio ha la sub oscillazione all’ottava inferiore, estratta processando il segnale del VCO 1, una piacevole variazione circuitale nella struttura del doppio distorsore pre/post filter, significative migliore nella sezione di modulazione.

 

Lo scomodo ruolo del Synth Bass: qualche spunto di riflessione

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Con buona pace dei White Stripes e dei Bud Spencer Blues Explosion, il basso svolge un ruolo fondamentale in qualsiasi tipo di produzione musicale – sia essa acustica, elettro acustica o squisitmente elettronica. Per questo motivo, nel ridotto orticello degli strumenti elettronici, le timbriche ascrivibili al ruolo di “Synth Bass” hanno, da sempre, rivestito notevole importanza e sono, da sempre, oggetto di numerose discussioni.

Di Enrico Cosimi

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Come dire: è meglio fare un synth bass con 10 oscillatori rollanti e rombanti, o è meglio lavorare con una gommosa sinusoide? Ha più senso squassare la cassa toracica di un ascoltatore, evocando le infernali potenze del subwoofer, o può risultare utile andare a mangiare anche nel patrimonio delle frequenze medio acute?

Caso per caso, strumento per strumento, ci si rende conto che non esiste una ricetta magica e che, come al solito, il buono è in diverse parti.

In queste righe, cercheremo di fare ordine tra le cognizioni afferenti all’argomento; probabilmente, non uscirà fuori nulla di nuovo, ma almeno avremo sott’occhio una situazione meno caotica e più facilmente navigabile.

Case Study – L’oscillatore Moog multiwave 2001

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A cavallo tra il 2000 e il 2001, Robert Moog si rimette al lavoro per ultimare il progetto Minimoog Voyager (il nome arriverà a breve) e tornare saldamente in sella alle classifiche analogiche del pianeta… Non siamo qui per parlare del successo raggiunto con il nuovo apparecchio, quanto per concentrare la nostra attenzione su un caratteristico circuito che, appositamente sviluppato per l’apparecchio, è stato poi utilizzato nelle successive realizzazioni Little Phatty, Slim Phatty, Sub Phatty: l’oscillatore multiwave.

Di Enrico Cosimi

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Caratteristica peculiare di questo raffinato circuito è la possibilità di offrire con continuità il passaggio graduale dalla semplice onda triangolare alla dente di sega e, da questa, all’onda quadra prima con simmetria 50% e poi con simmetria variabile; il tutto senza click, bumps o altri transienti indesiderati e senza obbligare l’utente a selezionare opzioni diverse attraverso attuatori meccanici: un semplice controllo, denominato Wave, rende disponibili lungo la sua corsa, tutte le variazioni timbriche previste dal circuito di generazione sonora.

Non è il primo esempio di comportamento con continuità, ma – nel panorama degli strumenti commerciali – è sicuramente una delle sue incarnazioni più eleganti.

Questa volta, cercheremo di emulare lo stesso comportamento – peculiarmente, in Clavia Nord Modular G2, ma il ragionamento è applicabile a qualsiasi linguaggio di programmazione o struttura modulare sufficientemente flessibile.

MOOG Sub Phatty – Under The Hood

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Il punto di forza del nuovo monofonico Sub Phatty è la disponibilità immediata, da pannello, di tutti i parametri indispensabili alla configurazione timbrica dell’apparecchio. Come una volta, ogni funzione ha il proprio controllo pronto per essere grabbato e smanettato a discrezione dell’utente… Ma è proprio vero? Siamo sicuri che, sotto al cofano, non ci siano nascoste altre opzioni in grado di arricchire il già interessante arsenale timbrico dell’apparecchio? Leggete e scopriamolo insieme.

Di Enrico Cosimi

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Quando, con un misto di panico e divertimento, abbiamo scoperto di dover maneggiare per primi in Europa – nonchè in Italia – il neonato Sub Phatty per il Keyboard Synth Expo veronese, ci siamo resi conto che (inquietante sensazione già vissuta in diverse occasioni di beta testing e demoing…) l’apparecchio è lungi dall’essere innocuo come sembra e – seppur nei precisi limiti di mercato cui è indirizzato – offre diverse sorprese.

Delay Time Modulation: divertirsi con MF-104M

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Il Moogerfooger MF-104M è la versione aggiornata e MIDI equipaggiata del prestigioso (e assai costoso…) analog delay targato Moog. Realizzato in tecnologia BBD, con componentistica il cui reperimento inizia a divenire difficoltoso, il modello MF-104M può essere utilizzato in maniera convenzionale, cioè come semplice macchina per generare ribattuti facilmente sincronizzabili, o in modo meno convenzionale, giocando con le peculiarità di funzionamento proprie della delay line BBD based. Complice un’oziosa domenica mattina – quando il mondo sembra più buono e i clangori sanremesi si sono finalmente acquietati… – ci siamo divertiti a mettere sotto osservazione proprio queste caratteristiche peculiari.

Di Enrico Cosimi

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Cosa succede quando un analog delay si impadronisce di un segnale proveniente dal mondo esterno? Lo converte in energia elettrica che viene passata attraverso una lunga catena di celle in cui può essere immagazzinato; maggiore è il numero delle celle (da 64 a 4096, tanto per citare quantità ricorrenti), più lungo risulterà il delay time accumulato tra ingresso del segnale e uscita del medesimo dal circuito. In maniera simmetrica, la frequenza di clock che gestisce la velocità di spostamento da una cella all’altra influenzerà (con la sua crescita o decrescita) l’elongazione o la contrazione del delay time.

NAMM 2013: Moog Sub Phatty

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Dove la realtà supera la fantasia, dove la fantasia si attorciglia in improbabili strategie parallele… dopo il fenomenale fake che ha scosso le fondamenta della electro community, ecco nuove e più esaltanti informazioni relative all’incarnazione targata NAMM 2013 del Moog Sub Phatty, il monofonico analogico destinato a far salire la temperatura nel girone dei brutali…

Di Enrico Cosimi

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Dotato di tastiera 2 ottave non sensibile all’aftertouch, ma sensibile alla dinamica, con lo stesso tasto semi pesato made in Fatar già utilizzato per gli altri modelli di Asheville, il nuovo Sub Phatty prende l’avvio dalla struttura del Little Phatty (due oscillatori, doppio distorsore pre/post filter, filtro Moog, dual amp, doppio inviluppo e lfo indirizzabile), arricchendola con il suboscillatore e il ring modulator… e le possibilità di memorizzare i parametri di pannello… e la dotazione dei parametri su pannello… e una dotazione di parametri aggiuntivi, raggiungibili tramite editor USB in dotazione.

Come potrebbe essere un nuovo sintetizzatore (Moog)?

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear


In questi giorni, gira in rete un rendering tridimensionale di un nuovo sintetizzatore monofonico analogico con memorie che potrebbe, diciamo potrebbe essere il nuovo prodotto di una storica ditta statunitense. Con tutti i condizionali d’obbligo, perchè la conferma ancora non c’è e – sull’argomento – vige un rigoroso riserbo cui anche noi di ACM siamo obbligati per precisi accordi di non divulgazione, si parla di un nuovo sintetizzatore appositamente sviluppato con il preciso intento di sottrarre fasce d’utenza al Minibrute di Arturia; parecchie soluzioni sono – come dire – accordate sul target del monofonico singolo oscillatore con due ottave di tastiera. Anche se non è la prima volta che la ditta statunitense ipotizzata si cimenta nel campo dei piccoli monofonici, questa volta l’argomento potrebbe tornare prepotentemente in primo piano. Ripetiamo, stiamo sempre parlando di un rendering 3D…

Di Enrico Cosimi

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Per prima cosa, la scelta dell’interfaccia utente: tutti i parametri di pannello sono letteralmente circondati da sei grossi led che visualizzano l’eventuale sorgente di modulazione selezionata dal musicista; inoltre (sarebbe la prima volta per il costruttore statunitense…) i controlli che regolano gli inviluppi svolgono una doppia funzione di step sequencer per la struttura di automazione a sedici step. Insomma, le curiosità non mancano… per non parlare della possibilità di memorizzare timbriche e richiamarle velocemente attraverso Patch Recall nativo.

Moog Moogerfooger MF-108M: solo un flanger?

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Quando è stato presentato sul mercato, il Cluster Flux Moogerfooger, questo il nome di battaglia per il modello MF-108M, ha fatto girare più di un occhio attento grazie alla sua implementazione MIDI applicata alla struttura BBD analogica. In pratica, l’apparecchio, con una linea di ritardo full analog messa sotto il controllo di un modulo LFO interno e di una nutrita struttura MIDI, può generare chorus e flanger a discrezione del musicista. Ma non è tutto…

Di Enrico Cosimi

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Una volta che, come in ogni flanger che si rispetti, viene stabilito il percorso di feedback che collega l’uscita del flanger nuovamente all’ingresso di trattamento, l’apparecchio inizia a enfatizzare i picchi risonanti prodotti dai “denti” della struttura Comb Filter realizzata internamente.

Model D – il tocco finale

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Concludiamo questa lunga cavalcata nella rimodellazione del Model D – ma, ricchi e spietati come il Conte di Montecristo, torneremo presto alla carica utilizzando Reaktor 5.x… – mettendo a punto gli ultimi particolari rimasti.

Di Enrico Cosimi

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Una delle caratteristiche più oltraggiose del Model D è il suono potente, aggressivo e caratterizzato da sottili (e non tanto sottili…) distorsioni che si verificano in punti chiave del circuito.

Model D: ricostruzione – Terza parte

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Stringiamo qualche bullone prima di addentrarci nella bieca materia di (ri)progettazione. Il circuito originale del Minimoog Model D prevede  – ovviamente – il controllo di tastiera monofonico, con priorità alla nota più bassa. Per questo motivo, lavorando nella piattaforma Clavia Nord Modular G2, sarà necessario utilizzare il modulo Mono Key e limitare l’impiego della normalizzazione di tastiera sugli oscillatori.

Di Enrico Cosimi

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Inoltre, come è facile immaginare, il comportamento di tastiera è subordinato alla possibilità di smussamento ottenute attraverso modulo Glide; in questo modo, i bruschi salti di intonazione tra un tasto e l’altro sono integrati dallo spostamento progressivo d’intonazione garantito dal Glide stesso. Anche se, in alcune versioni dello strumento originale, il Keyboard CV ai danni del filtro non è sottoposto a Glide, nella nostra ricostruzione, provvederemo a fornire, tanto agli oscillatori quanto al filtro, la versione addolcita con l’integrazione di Glide.

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