Questo testo potrebbe chamarsi “Anatomia di un grande classico”, perlomeno nella sua parte iniziale. Senza ombra di dubbio, il Model D è il sintetizzatore monofonico che maggiormente incarna il senso del nuovo strumento elettronico secondo i dettami degli Anni 70; nel pieno dell’epoca analogica, infatti, i punti irresistibili erano facilmente identificabili in portatilità, facilità d’utilizzo, immediatezza nel riscontro audio, fun factor e – cosa non da poco – suono al di sopra delle aspettative. Ma come si è arrivati ad un simile risultato? Prima di lanciarci nelle operazioni di (ri)progettazione e ricostruzione virtuale dello strumento, meglio riavvolgere il film e lasciar scorrere le vecchie immagini…
Di Enrico Cosimi
Sulla fine degli Anni 60, Moog Music è ferocemente impegnata a sopravvivere costruendo e vendendo costosi sintetizzatori modulari che – a dispetto del prezzo imponente – sono diventati oggetto dei desideri per parecchi produttori musicali; come è facile immaginare, la complessità, l’ingrombro e il prezzo di un modulare anche di media configurazione sono tali da scoraggiare una maggior diffusione commerciale e questo, in un periodo in cui anche altri costruttori si affacciano sul mercato per sottrarre fette di clientela, può diventare un problema.