Modartt Pianoteq 5: sempre più fedele! Parte prima

Written by Attilio De Simone on . Posted in Software

Gli schieramenti dei musicisti per quel che riguarda l’emulazione delle sonorità di pianoforte sono ben noti ed ormai la contrapposizione tra chi predilige GB di librerie di campioni sempre più raffinate e chi invece affida alla CPU del computer il compito di ricostruire virtualmente il complesso sistema sonoro del pianoforte raggiunge, in taluni casi, limiti che rasentano il fanatismo. Riuscirà Pianoteq 5 a spostare gli equilibri?

Di Attilio De Simone

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Lo sviluppo della nuova versione del Pianoteq 5 è costato a Modartt circa 2 anni di lavoro a stretto contatto con la propria utenza (costituita prevalentemente da pianisti professionisti o da pianisti non professionisti ma con conoscenze pianistiche avanzate), finalizzato a soddisfare le esigenze di chi il pianoforte lo conosce approfonditamente e ha richiesto prevalentemente una sola cosa: migliorare il suono, renderlo più corposo e presente sulle basse frequenze, rendere l’esperienza con il Pianoteq sempre più piacevole. Dopo aver provato a lungo il Pianoteq si può dire che i 2 anni impiegati per sviluppare la versione 5 del software non siano trascorsi invano.

Sgombriamo qualsiasi dubbio: il suono del Pianoteq 5 è molto ricco, le note basse hanno guadagnato profondità, corposità e realismo, così come l’esperienza esecutiva sullo strumento regala soddisfazioni “pianistiche” anche al più integralista dei pianisti acustici. Tutta questa potenza sonora senza gravare più del dovuto sulla CPU (e questo è proprio il bello del Pianoteq). Rispetto alle versioni precedenti non si notano grandi differenze d’impiego della CPU, soprattutto sui modelli di pianoforte preesistenti alla versione 5, l’impatto sulla CPU sarà quasi lo stesso. È invece sul nuovo modello di pianoforte classico, il Grand Piano K2, che l’impatto dei nuovi algoritmi sulla CPU si sente. Lavorando con un computer non troppo performante, per esempio un dual core da 1,20 Ghz, suonando un accordo di 4 note basse o suonando velocemente una scala o un arpeggio sempre sulle note basse si può avvertire qualche picco sulla CPU che può determinare un fastidioso blocco. Questi blocchi non sono stati avvertiti con la versione precedente le Pianoteq. Sicuramente calcolare in tempo reale un suono sulle basse frequenze così profondo e tridimensionale ha un suo peso. Va segnalato che su processori come gli Intel Core I5 e I7 le esecuzioni scorrono fluide e senza intoppi anche lavorando generosamente con ampia polifonia e con sequenze rapide di note. Quindi non dovrebbero esserci problemi di nessun tipo se si dispone di un computer che abbia due o tre anni di vita.

Prima di andare oltre segnalo il link all’articolo di presentazione del Pianoteq 5, in cui sono elencate tutte le novità di questa versione.

Cominciamo, quindi, ad accostarci praticamente a Pianoteq. Dopo aver effettuato l’installazione del software, selezionando i formati che vogliamo impiegare (sono disponibili i formati VST, AU, RTAS, AAX oltre a quello standalone), e dopo aver registrato il software, siamo immediatamente operativi. Lanciamo la versione standalone e andiamo subito nel menu Options.

 

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Nella sezione Devices potremo selezionale la tastiera midi da utilizzare per suonare il software (Active MIDI inputs, basterà spuntare la periferica prescelta).

Passiamo alla gestione dell’audio, selezionando innanzitutto la tipologia di driver che gestirà tutto il sistema (Audio device type, ovviamente dovremo selezionare ASIO per avere la latenza migliore) e la scheda audio che vorremo impiegare (da Output).

Con il Sample rate selezioneremo la frequenza di campionamento interna (più alta sarà e migliore sarà la qualità sonora) mentre con l’Audio buffer size andremo ad ottimizzare il tempo di latenza (bisogna fare vari tentativi fino a trovare la migliore combinazione possibile tra latenza e carico sulla CPU).

 

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Spostandoci nella sezione MIDI possiamo controllare sia il flusso di dati MIDI ricevuti che il MIDI Mapping corrente che possiamo modificare sulla base delle nostre esigenze (possiamo gestire fino a 4 controller, per la gestione dei 4 pedali, soft, harmonic, sostenuto e sustain, e il pitch bend, nella versione di mappatura più semplice).

 

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Nella schermata dedicata alla performace possiamo gestire i paramentri relativi all’attivazione del rendering per i processori multicore, e la polifonia (dovremo fari vari testi esecutivi per comprendere fino a che limite di note di polifonia possiamo spostarci prima di raggiungere i limiti di calcolo della nostra CPU).

 

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Nella schermata Instruments invece vedremo la lista di pacchetti di suoni acquistati e di quelli installabili importando il file PTQ.

 

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Nell’ultima sezione, General, potremo gestire varie impostazioni tra cui la dimensione dell’interfaccia grafica, la lingua, le scorciatoie da tastiera (liberamente configurabili tramite l’editor).

 

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Una volta concluse le operazioni di ottimizzazione del software possiamo cominciare a “mettere le mani sul pianoforte” selezionando innanzitutto la tipologia di strumento. Apriamo la tendina degli strumenti disponibili e selezioniamo un preset del Grand D4.

 

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Nel momento in cui passiamo ad una nuova famiglia sonora cambia anche la grafica generale del software e possiamo cominciare a gestire i parametri per personalizzare il nostro suono.

Nella parte alta della schermata troviamo il pannello dedicato alla sezione di modifica dei parametri strettamente legati allo strumento.

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La prima sezione, in altro a sinistra è dedicata al tuning, in questa sezione potremo impostare il diapason generale del pianoforte, il temperamento (equal, pitagorico, di Zarlino, mesotonico, ben temperato, werckmeister III, flat e personalizzabile), l’unison width (la differenza tra le frequenze più basse e le più alte prodotte dalle tre corde di ogni singola nota), lo stretching di ottava (quando il parametro è impostato su 1, l’allungamento segue la naturale inarmonicità delle corde, a seconda della lunghezza della corda, avvertendo quindi un leggero stretching) e la durata diretta del suono.

 

La sezione di voicing ci consente di interagire con tutti i parametri legati alla presenza fisica dei martelletti e al modo in cui essi influenzano il suono.

Con i parametri di Hammer hardness andiamo a gestire la durezza dell’intervento dei martelletti suddivisi per tre livelli differenti di dinamica: piano (corrispondente al livello midi di velocity 32), mezzo forte (64) e forte (96). Più alti sono i valori che imposteremmo per i tre livelli di dinamica e maggiore sarà la brillantezza della risposta timbrica.

Con lo Spectrum profile andremo a gestire individualmente l’intensità dei primi otto sovratoni.

L’Hammer Noise andrà ad impostare l’intensità del suono percussivo, mentre lo Strike Point consentirà di impostare con precisione il punto in cui le corde verranno colpite dal martelletto. Infine il parametro Soft pedal imposterà il grado di intervento del pedale soft.

 

Nella sezione Design andremo a controllare i parametri legati alla struttura fisica dello strumento, quali l’impedenza meccanica, la frequenza di cutoff, il fattore di Q, la lunghezza delle corde, l’intensità della risonanza simpatica delle corde (dipendente dalla posizione dei singoli feltri), il parametro della doppia scala, il blooming (che esprime la non linearità della risposta meccanica: nell’attacco del suono una parte dell’energia fisica viene trasferita dai sovratoni bassi a quelli acuti) gestito tramite i parametri relativi all’energia meccanica e dell’inerzia.

 

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Nel pannello in basso (Output) andiamo a gestire vari parametri legati all’emissione del suono. La schermata in basso a destra ci consente di accedere a varie sottosezioni.

Action: consente di gestire varie parti legate alla action tra i quali la posizione dei feltri, la durata dello smorzamento del suono, l’intensità della pressione dei feltri sulle corde (Mute), il rumore di rilascio della nota e il rumore del pedale di sustain.

 

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Mallet bounce, gestisce i parametri legati al rimbalzo del martelletto, tra cui il ritardo del rimbalzo iniziale, la sensibilità alla dinamica (più alta sarà la dinamica e più a lungo durerà il primo rimbalzo), la perdita di dinamica (aggiusta l’intensità della perdita di dinamica tra un rimbalzo e l’altro) e l’umanizzazione (che randomizza le varie reazioni)

 

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Equalizer, si tratta di un equalizzatore in grado di agire in modo molto sottile sulle curve di equalizzazione. L’equalizzatore dispone di una serie di preset che possono andare bene un po’ per tutte le esigenze, i preset possono essere ottimizzati secondo il proprio gusto personale.

 

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Effects, in questa sezione possiamo attivare fino a tre effetti contemporaneamente più un riverbero. Gli effetti disponibili sono tremolo, wah, chorus, flanger, delay, amplificatore e compressore. Mancano clamorosamente due effetti che sarebbero stati fondamentali soprattutto con i pianoforti elettrici e il clavinet, cioè il phaser e il rotary.

 

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Il riverbero è gestito da algoritmi molto sofisticati in grado di dare delle spazalizzazioni molto credibili: camere di vario tipo e grandezza, ambienti più ampi, aree libere e riverberi a molle.Infine è possibile importare impulsi di riverberi in formato wav per emulare ulteriori ambienti.

 

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La sezione in basso a sinistra consente di gestire vari parametri legati alla dinamica e al rapporto con la master keyboard. È possibile creare differenti mappatture di risposta dinamica (sul forum della Modartt gli utenti si scambiano i parametri relativi a varie tipologie di tastiere impiegate).

 

Nei prossimi appuntamenti analizzeremo le varie famiglie sonore disponibili e proveremo anche ad ascoltare qualcosa.

 

 

 

 

 

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Comments (15)

  • Paolo Cocco

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    Attilio, non credo ci sia ancora chi utilizza PC col processore a 1.2GHz per suonare in modo serio. Se ci sono, mi permetto di suggerire un aggiornamento.

    Mi ricordo che per usare i miei primi plugins, NI Pro-52 e B4 usavo un “appositamente costruito” PC con CPU AMD Athlon a 0.9GHz, 768MB di RAM e una versione molto addomesticata di Windows XP (con tutti i servizi e programmi in background bloccati).
    Funzionava, ma sono cose vecchie di oltre dieci anni :)

    Ribadisco che la v5 di Pianoteq non ha niente a che vedere con le precedenti versioni, ed è una gran soddisfazione usarlo.
    Ma non per questo abbandonerò i pianoforti che mi hanno accompagnato in questi ultimi anni, le accoppiate Stainway-Bösendorfer-Yamaha di NI e l’amatissimo Ivory.

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    • Attilio De Simone

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      ciao Paolo, se rileggi bene, non parlo di processori da 1,2 GHz ma di processori Dual Core da 1,2 GHz. Questi processori sono stati montati su vari portatili Vaio di fascia media fino al 2012 (mi sembra superfluo indicare anche il modello) e mi è sembrato giusto fare il test su portatili più performanti e portatili meno performanti (ma sempre prodotti in epoche vicine) giusto per capire con quali macchine si potesse lavorare senza incappare in problemi durante l’esecuzione.

      Reply

  • Paolo Cocco

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    Volevo fare un esempio estremo. Ho visto che parlavi di dual core, ma ritengo che oggi, per lavorare seriamente, neanche un dual core a 2.2GHz sia sufficiente (parliamo di processori “anno 2007”, non i core i).

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    • Attilio De Simome

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      Il fatto è che non sempre i requisiti minimi dei software sono sufficienti poi per fare un utilizzo reale del software stesso e non è che tutti aggiornino costantemente l’hardware. Mi è sembrato giusto indicare con quali processori si cominciano ad avere difficoltà. Il processore che ho indicato io (senza segnalare marche) è un processore moderno (non del 2007, nb) ed è presente su computer prodotti nel biennio 2011-2012. Semmai un utente legge i requisiti minimi, compra il software (che costa il giusto visto quello che offre, ma è comunque un costo) e poi non è contento perchè non riesce ad usarlo o deve lavorare con una polifonia ridicola. Io preferisco sempre indicare con quali macchine i software non lavorano bene, perchè le informazioni sui requisiti minimi possono trarre in inganno.

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  • Paolo Cocco

    |

    Sì, purtroppo chi indica solo i requisiti minimi può mettere in difficoltà il musicista, che non è tenuto ad essere un informatico. Ancora peggio il fatto che i dati forniti dai produttori di PC sono poco indicativi. I due fornitori principali di processori hanno prodotti che a un inesperto possono sembrare uguali, invece sono decisamente differenti come prestazioni. Per cui non posso che darti ragione, e suggerire un paio di “ricette”; la prima è quella ovvia di rivolgersi a chi di informatica ne capisce davvero; la seconda è molto più impegnativa ed è rivolta a chi i plugins li produce: potrebbero indicare delle “configurazioni certificate”, come fa AVID, che ti dice marca, modello e configurazioni per i loro prodotti di punta. Ma questo, inutile dirlo, è un caso estremo. Chi usa Mac, ha vita un po’ più facile.

    Reply

    • Attilio De Simone

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      In realtà ci sarebbero anche i requisiti consigliati dalle softwarehouses ma anche quelli lasciano il tempo che trovano perchè le prestazioni di un PC vanno sempre analizzate sulla base delle ottimizzazioni fatte dagli utenti.
      L’esperienza mi porta a dire che due PC identici, usati da due utenti differenti, determinano prestazioni differenti delle due macchine. Le softwarehouses dovrebbero dare solo i requisiti consigliati al “netto” delle ottimizzazioni. Cioè dovrebbero prendere un pc con sistema operativo appena installato, con solo i driver della scheda audio e nessuna ottimizzazione nè altra installazione. Purtroppo non esiste uno standard e le softwarehouses se la cavano con requisiti minimi e requisiti consigliati.

      Reply

  • Paolo Cocco

    |

    Vorrei chiudere queste considerazioni che sono generaliste e non relative a Pianoteq (giusto per non definirle OT), ricordando un paio di cosette di cui si parla poco. La diffusa pratica di utilizzare il PC con cui si suona per farci un po’ di tutto, addirittura giocare! Per cui il livello di ottimizzazione non sarà di certo adeguato, sempre ammettendo che il musicista sia in grado di ottimizzare un PC. Le mie esperienze in proposito sono tutte abbastanza negative, addirittura qualcuno mi ha detto di non riuscire a capire bene i (buoni e semplici) tutorial sull’argomento che alcune software-house pubblicano. La seconda cosa, è più tecnica, ma sempre relativa all’ottimizzazione: le versioni di Windows successive a XP non dispongono della funzione “profili hardware”, che permetteva di selezionare (prima dell’avvio) due o più profili contenenti l’attivazione o meno di quasi tutti i servizi in background. Questo permetteva non solo di utilizzare il PC per scopi diversi mantenendo sempre un perfetto livello di ottimizzazione, ma di disporre di un profilo “minimizzato” per suonare, e uno “amministrativo” per l’installazione e l’autorizzazione online dei programmi che lo richiedevano. Per fare un esempio veloce, nel profilo per suonare si tenevano disattivati antivirus, deframmentatori, wi-fi, e molte altre “porcherie” buone solo a consumare memoria e accedere al disco o alla ram nel momento meno opportuno. Ora qualcuno mi dirà che con un quad core a 3GHz magari aiutato da un SSD, queste sono tematiche superate. Forse è vero, ma certi integralismi dovuti all’essere uno sviluppatore (purtroppo per lavoro), hanno il loro motivo. E non tutti possono permettersi il lusso di una mobile-workstation sovradimensionata per poter suonare con qualche VSTi che magari costa una frazione del valore dell’hardware.
    Come al solito ho scritto troppo e, vista anche l’ora, in modo poco elegante. Chiedo venia.

    Segnalazione a… chi di competenza: non riuscivo a inviare il post perchè secondo la piattaforma, il “numero mancante” da me inserito (1) non soddisfaceva ” 6 – 5 = 1 “

    Reply

  • Paolo Cocco

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    Grazie Attilio, lo avevo visto l’articolo su Forte-3 visto che sono anch’io cliente Brainspawn fin dalla (orribile) versione 1. Abbiamo anche disquisito un po’ sulla cosa, poi il thread mi è sfuggito, e ho postato un reply di scuse a giugno 2014 che forse non hai visto. E’ un bell’argomento, perchè riguarda la complessità esistennte tra le possibili “infinite” varianti configurazione-compatibilità-drivers-host-pluging-interfaccia audio.
    Ci sarebbe da farne un blog dedicato :)

    Reply

  • Paolo Cocco

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    Vedo, con vivida insoddifazione, che dell’ottimo pianoteq5, non parla nessuno :(

    Reply

  • Paolo Cocco

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    Enrico scusa, ma essendoci più post su varie cose, non ho capito a cosa ti riferisci. Abitualmente il reply è sull’ultimo post, ma… mi sfugge, se gentilmente mi spieghi (con la vecchiaia mi sono un pochettino rinco) :)

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      sei nell’area commenti di un articolo che si intitola “modartt pianoteq 5″…

      😉

      Reply

  • Paolo Cocco

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    Lo so, Enrico. Mi sono già scusato con Attilio. Poi ho scritto che mi dispiace che nessuno parli dell’argomento Pianoteq. Alla fine, quel “stanno arrivando fior di esempi…” è una bella legnata. Cosa posso fare, chiedo scusa anche a te, che ti dimostri anche in questo caso, indiscusso Maestro (non è una battuta, lo penso veramente).
    Mi sa che la già improbabile futura possibilità di scrivere qualche piccolo articolo qui, me la sono giocata 😉

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