Ancora sulla parafonia…

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear, Tutorial

L’introduzione sul mercato del Roland AIRA System-1 ha nuovamente innescato, in diversi forum, l’antica diatriba tra polifonico e parafonico: il nuovo sintetizzatore targato Roland permette l’esecuzione con quattro note simultaneamente impegnate e, da un ben noto recensore, è stato (a torto) etichettato come parafonico. Quale migliore occasione per ritornare sui due concetti, verificando come, per il System-1, si debba parlare di polifonia?

Di Enrico Cosimi

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Per prima cosa, abbozziamo due definizioni. Polifonia: la capacità, in uno strumento musicale, di generare simultaneamente un certo numero di voci tra loro indipendenti per intonazione e articolazione. Così come nel pianoforte, la polifonia non prevede automaticamente la capacità generativa di timbriche diverse (in questo caso, si parlerebbe di poli timbricità), ma considera come capacità evidente la possibilità di far intonare individualmente le note eseguite (basta premere sui tasti giusti) e di articolarle in maniera altrettanto controllabile indipendentemente (basta avere una sufficiente tecnica pianistica).

Parafonia: nell’antico mondo analogico dei primi strumenti elettronici, la possibilità di generare voci di polifonia, limitando lo sforzo tecnico alla sola generazione e facendo confluire le voci parafoniche all’interno di un singolo canale di articolazione (amplificatore più inviluppo) e trattamento timbrico (filtro).

Continuiamo a ragionare.

Quando conviene la parafonia

La scelta parafonica ha rappresentato un’interessante alternativa alla costosa polifonia numericamente limitata (ad esempio, quella di Tom Oberheim nel Four Voice) grazie alla disponibilità dei classici circuiti a divisione di frequenza, mediati dall’antico mondo degli strumenti transistorizzati. A fronte di una generazione sonora economica, per divisione di frequenza, rimane(va) comunque elevato il costo richiesto per il trattamento timbrico (filtraggio) e per l’amplificazione, inevitabilmente ottenuti attraverso l’impiego di componentistica analogica.

In questo modo, un blocco di quattro voci parafoniche permetteva un significativo risparmio se confrontato ad una scheda contenente quattro oscillatori completamente indipendenti (tralasciamo, per un momento, le complessità aggiuntive imposte dal tracciamento quadrifonico di tastiera sugli oscillatori, contrapposto alla struttura di semplice on/off in una gestione a polifonia totale via divisori di frequenza…).

Ma, il risparmio parafonico finisce con gli oscillatori; il filtro destinato a sagomare timbricamente il suono parafonico continua ad essere necessario su base individuale: una parafonia a quattro o otto voci, per la completa articolazione esecutiva, richiede quattro o otto filtri (con altrettanti inviluppi dedicati) e quattro o otto amplificatori (con altrettanti inviluppi dedicati). Tutte cose che costano e che, purtroppo, non possono essere aggirate con astuzie di tipo… parafonico.

La soluzione, all’epoca, è stata relativamente semplice, ma non priva di negativi effetti collaterali: il blocco delle voci parafoniche, quale che sia la loro massa numerica, è processato complessivamente in un unico filtro, articolato in frequenza di taglio da un unico generatore d’inviluppo dedicato e, successivamente, è amplificato da un unico amplificatore, articolato in ampiezza da un unico generatore d’inviluppo dedicato. Il sistema permette di prendere accordi, ma si vendica con una serie di effetti collaterali che emergono nell’esecuzione polifonica.

 

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Nell’immagine qui sopra, è possibile vedere a confronto il comportamento a quattro parti ottenibile su uno strumento polifonico contrapposto a quello tipico di uno strumento parafonico.

Perchè, qualcuno potrebbe chiedere, nella parafonia, ogni volta che suona la parte bassa ai quarti, le tre voci precedentemente impegnate sono nuovamente articolate? Perchè, in parafonia, quello che costa sono i filtri, gli amplificatori e gli inviluppi, che essendo presenti in singola quantità nel circuito a quattro parti, sono inevitabilmente richiamati in operativo ad ogni nuovo Gate On/Nota On impartito dal musicista. Non se ne esce.

Qualcuno particolarmente pignolo potrebbe chiedere: ma, le tre voci superiori dell’esempio sono state innescate sul primo quarto… perché le abbiamo riarticolate sul secondo, sul terzo e sul quarto quarto dell’esecuzione parafonica?

 

Perché nelle macchine analogiche, le strutture di generazione – oscillatori, eccetera – suonano sempre, da quando la macchina è accesa fino a quando la macchina si spegne. Noi, non le sentiamo di continuo (un super drone…) solo perché il loro segnale è tenuto sotto controllo da filtri inviluppati (parzialmente sotto controllo, dipende dal valore di frequenza di taglio) e dagli amplificatori altrettanto inviluppati. Ma, nella struttura parafonica, di filtri, amplificatori e inviluppi ce n’è solo uno per tipo, contro le quattro voci di possibile generazione simultanea. Per questo motivo, quando il musicista suona Re, avendo già premuto la triade Sol-Do-Mi, questa sarà nuovamente articolata dall’unico inviluppo di amplificazione e/o filtraggio. Ancora una volta, non se ne esce. 

 

In sostanza, la scelta parafonica, che non ha praticamente alcun vantaggio espressivo è obbligatoria in periodi nei quali la tecnologia dedicata alla polifonia sia troppo costosa o quando, per diversi motivi, non si voglia spremere fino in fondo il funzionamento dell’apparecchio.

La scelta parafonica cade miseramente, come opzione appetibile/consigliabile, quando si trasporta l’intero meccanismo di funzionamento dell’apparecchio all’interno del regime digitale.

 

Quando conviene la polifonia

Se il progettista non paga gli oscillatori, non paga i filtri, non paga gli amplificatori, è chiaro che può risultare conveniente l’approccio polifonico in full articulation. Se escludiamo l’ipotesi di milionari filantropi che passino il tempo a regalare circuiti ai bisognosi, è chiaro che – nella realtà di tutti i giorni – l’unico caso in cui conviene essere pienamente polifonici (per intonazione e articolazione e trattamento) è quando si lavora nel dominio digitale.

Quando è un DSP a compiere il lavoro sporco, la richiesta di tot oscillatori, che vanno in tot filtri, che vanno in tot circuiti simulati è facilmente soddisfabile e si può prevedere nel design dello strumento una buona dotazione di funzioni per voce.

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Rimane un punto critico: che succede se, come nel caso del DSI Pro2, una struttura squisitamente digitale è costruita attorno a un altrettanto squisito modulo di filtraggio analogico? Il corto circuito nelle risorse è evidente: volendo dotare lo strumento di risorse parafoniche, si cade nuovamente nel problema della riarticolazione forzata.

 

A meno che…

A meno che, appunto, la generazione numerica degli oscillatori – quindi, più economica della controparte analogica, non permetta ad un programmatore scaltro (e, nello specifico, pochi oserebbero affermare che Dave Smith non sia in grado di sfruttare più che proficuamente tutte le tecnologie che usa…) di risolvere a priori il problema dell’articolazione.

Nel DSI Pro2, infatti, quando si innesca il meccanismo parafonico, si mette il sistema nella condizione di generare quattro inviluppi di ampiezza dedicati alla gestione di altrettanti oscillatori clonando le regolazioni dell’inviluppo “ufficiale” presente nell’amplificatore. In questo modo, con risorse più numericamente a buon mercato, si rende polifonica una struttura intesa come parafonica . A maggior gloria dell’utente.

Rimane il problema dell’unico filtro (anzi, dell’unico doppio filtro), ma questo è un altro paio di maniche.

 

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Al dunque, il Roland System-1

Origine di tutta questa discussione, ne parlavamo in apertura, è stata la diatriba nata su diversi forum d’informazione relativa alla natura polifonica o parafonica del nuovo strumento Roland.

Da prove fatte direttamente sulla macchina in esposizione presso la Ditta Bandiera di Roma, possiamo concludere che, suonando una voce dopo averne impegnate altre tre in richiesta polifonica, non c’è alcun tipo di retrigger d’inviluppo tanto sul filtro quanto sull’amplificatore.

Ergo, come è naturale aspettarsi in una struttura full digital, dove le risorse – una volta scelto il processore giusto – sono più a buon mercato che non procedendo a colpi di transistor e condensatori, il Roland System-1 è da considerarsi operativo in modalità polifonica a quattro voci.

Poi, come al solito quando si tratta di software, domani le cose potranno cambiare nuovamente…

 

In chiusura, un doveroso ringraziamento alla Ditta Bandiera di Roma, che ha cortesemente messo a disposizione l’esemplare di Roland System-1 “in casa” per tutte le prove disponibili. Ogni volta che, allettati dal relativo risparmio, qualcuno acquista sui grossi rivenditori on-line europei, un negozio finisce per trovarsi nei guai, disperdendo un patrimonio inestimabile di esperienza, disponibilità, preparazione, professionalità difficilmente rimpiazzabili. 

Certe volte, bisognerebbe ricordarsene, prima di fare click…

 

P.S. Come suona il System-1? Molto bene…

 

 

 

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Comments (7)

  • Robbe991

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    Vorrei sapere se la tr 8 sempre della serie aira è una buona macchina rispetto alla 808 vintage…brutalmente ne vale la pena??? Dovrei suonarla con minimoog rme

    Reply

    • Enrico Cosimi

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      molto brutalmente, considerando che costa quasi sette volte meno della 808 vintage, vale MOLTO la pena 😉

      Reply

  • Robbe991

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    Ok grazie mille

    Reply

  • Giampy

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    so che non c’entra granché con l’articolo, ma dato che mi sembra mooolto preparato sulla materia, volevo chiederle sig. Cosimi qual’è la differenza tra la cross mod del system 1 e la fm del nord lead 2? ci sono delle analogie?

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      ringrazio per il “moooolto” preparato :-)

      la FM del Nord Lead 2 è la modulazione di frequenza lineare, nella quale il secondo oscillatore (mi sembra) modula in banda audio la frequenza del primo oscillatore (mi sembra); il risultato sonoro, usando sinusoidi, è molto simile – anche se semplificato – a quello ottenibile con le vecchie DX-7 Yamaha.

      la cross modulation del System 1, invece, è una condizione “incrociata” nella quale il primo oscillatore modula esponenzialmente il primo, che modula esponenzialmente il secondo. In realtà, nelle vecchie macchine Roland, la cosa era un pochino più complicata, però diciamo che l’immagine dello “scambio di cortesie” può risultare comoda. I timbri che escono fuori sono sempre molto metallici.

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  • Ricky

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    che bello questo articolo, Enrico.

    Reply

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