Amare il proprio delay – Seconda parte

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

La volta scorsa, ci siamo occupati di costruire una struttura minima di sintetizzatore e un altrettanto minima struttura di ritardo con la quale governare il delay time, definire il rapporto tra segnali wet e dry, impostare la percentuale di ribattute in feedback. E’ giunto il momento di modificare, peggiorando o migliorando, a seconda dei casi, il funzionamento della struttura fino a raggiungere nuove e inesplorate regioni timbriche.

Di Enrico Cosimi

Delayed Flights

Premesso che, di nuovo e inesplorato, nel territorio della sintesi timbrica c’è veramente poco, è chiaro che stiamo per sottoporre la struttura di base ad una serie di modifiche con le quali ragionare, riflettere, sulle peculiarità di funzionamento. Ancora una volta, l’obiettivo finale è quello di amare il proprio delay quale che esso sia, per quello che fa, per come lo fa. Procediamo per la tombola.

 

08 Dly - Named

Un problema timbrico

La struttura che abbiamo realizzato la volta scorsa – la riproduciamo qui sopra per comodità dei più pigri – permette di lavorare con una semplice struttura di delay che però rivela fin troppo presto la sua inesorabile natura digitale: come sapranno gli utenti più smaliziati, la tecnologia numerica è priva degli artefatti timbrici che da sempre hanno caratterizzato – in negativo – il suono del nastro magnetico (prima) e delle analog BBD bucket brigade delay line (dopo); che poi queste prestazioni timbricamente in negativo siano divenute un marchio di fabbrica e un traguardo da raggiungere è, da decenni, oggetto di feroci discussioni. Personalmente, preferiamo la clinica pulizia del digitale, specie con il delay, ma in questa sede procederemo nelle tappe necessarie a sporcare il suono fin troppo pulito del nostro apparecchio delay.

Cosa rende più sporco il suono di un vecchio analog delay? Quantomeno, la perdita di armoniche acute e la limitata banda passante. Nella normale procedura di sintesi, è facile limitare o ridurre la banda passante di segnale procedendo al suo filtraggio attraverso moduli appositi. Prima di correre alla disperata ricerca di un filtro low pass – passa basso – (con il quale toglieremo le acute “digitali” indesiderate) vi segnaliamo che stiamo per compiere un errore terapeutico. Poi, provvederemo alle necessarie correzioni.

11 Dly - filter

Il filtro qui sopra è fin troppo versatile per il compito che dobbiamo fargli svolgere (da un certo punto di vista, si potrebbe risolvere tutto con uno shelving high e buona sera, ma – come è noto – la nostra pigrizia è significativa…); a questo punto, non rimane che collegare il filtro a 12 dB Oct nel percorso audio della nostra struttura.

12 Dly - Flt Err

Ed eccoci al tragico errore: il filtro funziona (eccome!), ma dopo qualche prova il musicista si rende conto che – posizionandolo in quel modo, direttamente sull’uscita del “sistema delay”, il suo intervento influenza tanto la sorgente sonora quanto il comportamento del ritardo. Invece, perlomeno dal punto di vista teorico, nessuno obbliga la nostra sorgente sonora – squisitamente digitale – a perdere armoniche acute per simulare il comportamento analogico… casomai, sarà il solo delay che dovrà perdere frequenze acute.

Per questo motivo, è necessario spostare il filtro all’interno della struttura di delay, e precisamente:

  • direttamente all’uscita del delay e prima del modulo crossfader con cui si regola il dry/wet;
  • direttamente nel percorso di feedback, in modo da influenzare solo le ribattute, ma lasciando intatto il contenuto armonico del primo ritardo.

Dopo notti insonni passate al lume del rancore (verificare la citazione…), optiamo per il collegamento in uscita al delay: da un punto di vista teorico, è l’intera struttura di delay che deve risultare più cupa timbricamente, dalla prima risposta fino all’ultima delle ribattute.

13 Dly - Filtered A

Qui sopra, è riprodotta la struttura con il filtro spostato nella posizione che abbiamo scelto. Seguendo con attenzione i cavi, sarà possibile ripercorrere tutto il meccanismo timbrico: il segnale diretto Dry del sintetizzatore raggiunge – nella pienezza della sua risposta timbrica digitale – l’ingresso 1 del modulo Crossfader. Il segnale effettato Wet in uscita al nostro analog-wannabe-delay, prima di raggiungere l’ingresso 2 del modulo Crossfader è interamente filtrato low pass per chiudere in maniera drastica la sua risposta in frequenza. In base alla quantità di cupezza che si vuole ottenere, si può infierire con la frequenza di taglio del filtro.

In alternativa, cattiveria delle cattiverie, si può pensare a influenzare col filtraggio solo le ribattute, lasciando intatto il segnale originale e la prima ribattuta; non è una soluzione che ci entusiasma più di tanto (la differenza timbrica tra prima ribattuta e ribattute successive ha poco senso logico), ma se necessario, basterà spostare il modulo di filtro a cavallo del percorso di feedback…

14 Dly - FilteredB

… proprio come nell’illustrazione qui sopra.

Si potrebbe discutere – a lungo – sulla possibilità di avere una progressiva perdita di acute ribattuta dopo ribattuta; come dire che il filtraggio dovrebbe progressivamente chiudersi sempre di più: non è impossibile ottenere un comportamento simile, ma l’impiego di contatori e accumulatori è negato ad un linguaggio per oggetti di non basso livello come quello proposto da Clavia NMG2. Morale della favola: o vi arrangiate barando con un inviluppo, o con un freq counter, o con un event sequencer programmato “a scendere” (e, oggettivamente esagerato come risorse necessarie, specie se paragonate all’effetto finale), o vi adattate con il filtraggio statico. 

 

 

I problemi non vengono mai da soli

Un’altra caratteristica inconfondibile delle vecchie linee di ritardo analogiche, specie di quelle basate sul nastro magnetico è la relativa imprecisione nel timing delle ribattute: disallineamento nel meccanismo pinch roller/capstan, invecchiamento dei motori, giunte sul nastro magnetico realizzate non proprio a regola d’arte, tengono a far sfarfallare la velocità di trascinamento e – di conseguenza – rendono il suono di ciascuna ribattuta lievemente disallineato ritmicamente; qualche ribattuta è a tempo, qualcuna smiagola, qualcun’altra arriva con un lievissimo ritardo.
La chiave per ottenere questo comportamento risiede nella possibilità di controllare a distanza il delay time.

Purtroppo, nel modulo che abbiamo scelto originariamente, questa caratteristica non è concessa: la sua natura statica prevede una regolazione (appunto) fissa e non modulabile… non ci rimane che cambiare modulo, sostituendolo all’interno della programmazione originale.

14 Dly - Mod vs Static

L’immagine qui sopra mette a confronta, e la differenza è lampante, un delay statico (cioè non modulabile a distanza nel suo tempo di ritardo) e un delay dinamico (cioè predisposto a ricevere una modulazione di controllo sul proprio tempo di ritardo.

Dopo aver proceduto alla sostituzione, occorre concentrarsi sulla logica da seguire per le (micro)variazioni imprevedibili e inafferrabili necessarie alla simulazione dell’effetto.

15 Dly - Rnd module

Una buona scelta, con opportune regolazioni, può essere rappresentata dal modulo Random, dotato di sorgente di Clock autonoma, personalizzabile in grado di repentinità dei cambiamenti (Edge) e variabilità (Step) dei medesimi.

Dopo averla inserita nel circuito, occorrerà collegarla all’ingresso di modulazione sul Delay Time, avendo cura di regolare l’indice di modulazione al minimo consentito (0.8… la tentazione di esagerare per ottenere effetti eclatanti è alta, ma dobbiamo limitarci – per ora – alla simulazione tape delay analogica).

16 Dly - RndDly

Qui sopra, la struttura completa col minimo sintetizzatore e la linea di ritardo – volutamente imprecisa nel suo timing e incupita nella risposta audio – che simula un tape-delay-wannabe.

(Personalmente, preferiamo l’inesorabile andamento del dominio digitale, ma questo è un altro paio di maniche).

A questo punto, non rimane che sperimentare con le possibilità offerte dal comportamento looper/full feedback e, dulcis in fundo, dalle capacità timbriche ottenibili con modulazioni esasperate sul Delay Time.

 

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Comments (7)

  • Attilio De Simone

    |

    EHX Stereo Memory Man with Hazarai…..
    C’è poco da fare, l’analogico ha un suo colore ma il delay deve fare il delay e in questo ambito il digitale batte l’analogico.

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    • Ciro Urselli

      |

      yesss! :)

      Reply

  • Alessio Colantoni

    |

    Anzitutto complimenti per l’articolo, come al solito chiaro e ricco di spunti mai banali. Una cosa però mi sfugge: perchè mai il posizionamento del filtro immediatamente dopo il mixer a due canali per il feedback dovrebbe far si che vengano filtrate solo le ribattute successive alla prima? A quel mixer arriva anche il segnale diretto dal sintetizzatore; per ottenere l’effetto voluto non si dovrebbe inviare tale segnale direttamente al delay?
    Addo’ me so perso???

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      l’idea è questa: posso simulare un delay vecchia scuola, cupo e smiagolante, influenzando:
      a) tutto il comportamento prodotto (prima riflessione e ribattute successive)
      b) solo le ribattute
      c) tutto il comportamento più l’uscita del sintetizzatore

      La scelta c) è quella più discutibile – perché, almeno in teoria, nulla garantisce che ANCHE la sorgente sonora debba essere cupa [da questo punto di vista, è quantomeno strano filtrare l’insieme di sorgente e delay out].
      La scelta b) è un classico della circuitazione Moogerfooger (influenzi solo le ribattute, per fare trattamenti di pitch shifting a spirale – ne parleremo… – o per modulare ad anello le ribattute), ma ogni volta sbatti il naso contro il suono “pulito” della prima riflessione. Da questo punto di vista, anche posizionare il filtro lungo il percorso di feedback è interessante, ma non risolutivo.
      La scelta a) è quella più adatta a simulare l’antichità omogenea del percorso di delay; mettendo il filtro in uscita ai moduli di delay, MA NON al crossfader finale, tu ottieni l’influenza di filtraggio sul diretto in prima ribattuta e sulle ribattute successive.

      I vecchi delay del secolo scorso, sporcavano TUTTO il segnale, non solo le ribattute; nella circuitazione proposta – non è l’unica possibile, ovviamente, è solo una delle infinite varianti disponibili… – il segnale DRY del sintetizzatore arriva COMUNQUE full range al crossfade finale (con il quale si regola il rapporto wet/dry) e il segnale WET (che in questo caso significa: direct+1rst reflect+feedback) è omogeneamente filtrato.

      Attenzione a non confondere il wet/dry sull’uscita finale con il più raffinato wet/dry all’interno della struttura di delay… nel nostro caso, abbiamo evitato di differenziare i percorsi pulito/effettato “nel” delay. 😉

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  • Alessio Colantoni

    |

    Continuo a non capire… Nell’implementazione proposta per la scelta b il segnale del synth è mandato sia direttamente al crossfade finale sia al mixer FEEDBACK, e da qui, attraverso il filtro, al delay, pertanto, da quello che ho capito, anche la prima riflessione, che consiste nel ritardo non attenuato in intensità del segnale diretto del synth, viene filtrata, mentre lo scopo sarebbe di filtrare solo quelle successive.

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  • Enrico Cosimi

    |

    si si, la differenza che voglio sottolineare è nella posizione “nel delay” per filtrare solo il funzionamento del delay e nella posizione a valle del crossfade finale; nel secondo caso, tu filtri SEMPRE anche il segnale del sintetizzatore…

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