XILS 3 LE V2.0: un piccolo mostriciattolo con cui divertirsi

Written by Jacopo Mordenti on . Posted in Software

Qui su Audio Central Magazine si è più volte parlato dei prodotti sviluppati da XILS Lab. Oggi tiene banco il piccolo XILS 3 LE V2.0, oggetto tempo addietro di una campagna promozionale che mi ha permesso con pochi, pochissimi euro di mettere le mani su uno dei più divertenti sintetizzatori semimodulari in cui mi sia capitato di imbattermi.

Di Jacopo Mordenti

xils 1 def

Ispirato concettualmente e visivamente a due chicche d’altri tempi come VCS3 e AKS Synthi, in termini di generazione il mostriciattolo di XILS porta in dote tutti i pro e i contro di un’architettura di sintesi semimodulare. Il routing del segnale, stante la matrice di modulazione a pin e un gustoso step sequencer, è evidentemente più flessibile rispetto alla tipica architettura blindata VCO > VCF > VCA, il che – sommato alla presenza di moduli relativamente poco convenzionali: si prenda quel riverbero, per dire – consente un’ampia gamma di risultati sonori, anche atipici. Di contro – benvenuto, Monsieur Lapalisse! – con XILS non si ha la libertà di un sistema di sintesi modulare: esaurite le risorse a disposizione – ampie ma non sterminate, soprattutto ragionando di filtraggio – si è costretti a dichiarare conclusa la festa.

Dall’elucubrazione teorica alla pratica: come si comporta XILS 3 LE V2.0 su strada? Perché – a partire dallo screenshot di cui sopra – non smontare una semplice patch impiegata in un arrangiamento latamente rock, per vedere di nascosto l’effetto che fa?

 


A braccetto con l’Invisibile Unicorno Rosasic transit gloria mundi – XILS entra a 0:59, andando a occupare lo spazio precedentemente occupato dagli sweeps dell’Analog di Live! 9. Che cosa abbiamo nel piatto, in ordine più o meno logico?

  • Un oscillatore 1 da cui è estratta la sola forma d’onda a dente di sega, alterata – non smussata! – nel profilo tramite lo strategico controllo shape. L’uscita dell’oscillatore, grazie alla matrice a pin che infiniti lutti addusse agli Achei, è indirizzata all’ingresso B del ring modulator, e al contempo al filtro.
  • Un oscillatore 2 da cui è estratta la sola forma d’onda quadra, resa impulsiva dal proprio shape. Accordato un’ottava sotto e in detune con l’oscillatore 1, il 2 viene a sua volta spedito al ring modulator (ingresso A) e al filtro.
  • Un ring modulator che, giustappunto, combina fra loro le diverse frequenze e ampiezze dei due oscillatori, e spedisce il risultato – comprensivo delle componenti DC che si è scelto di NON rimuovere – al riverbero.
  • Un riverbero a molla che, senza strafare, bagna quanto sopra secondo i non meglio specificati dettami del “tipo 2” (di 3 disponibili), spedendo il tutto alle uscite di XILS.
  • Un filtro passabasso risonante, regolato per lavorare a 2 poli, che processa parallelamente all’operato del ring modulator i due oscillatori. La frequenza di taglio del filtro è sì modulata nel tempo da un inviluppo, ma va notato come il comportamento di esso esuli dal canonico ADSR: quelli di XILS Lab (che nello specifico si premurano di specificare nel manuale dettagli di non poco conto: per esempio il fatto che è qui che si registra l’unica connessione implicita della macchina, vale a dire la connessione a un amplificatore) definiscono tale inviluppo quale envelope shaper ad andamento trapezoidale. Il segnale risultante va a sommarsi a quello del riverbero sulle uscite di XILS.

xils seq

Fine dei giochi? Manco per sogno, e non per una ma per due ragioni. La prima è il ricco step sequencer, probabilmente la vera chiave di volta di XILS 3 LE V2.0: è infatti esso che, a fronte dell’input della tonalità fondamentale, articola una frase pilotando l’intonazione degli oscillatori 1 e 2; più ancora che il numero di step e la velocità clockata del layer 1, a risultare efficace è il valore – modesto, ma non nullo – di slew rate, che consente il passaggio dai valori di uno degli otto step a quelli dello step seguente senza soluzione di continuità. Preso una volta di più contatto con la logica della matrice, si noterà peraltro che la seconda traccia del layer 1 insiste sulla frequenza di cutoff del filtro: non si finisce mai di modulare…

xils fx

… E poi è la volta degli effetti. Del chorus – semplice nella programmazione, pronunciato nel risultato – e soprattutto del delay: la regolazione indipendente dei canali destro e sinistro per quanto concerne tempi e feedback consente di giocare con ritmo e spazio. Un’occhiata a quel paio di regolazioni generali che non guastano (come lo strategico analog, o il più canonico portamento), una lucidata in fase di missaggio con l’Ambiosoniq di Plug&Mix… e la parte può dirsi chiusa.

Tanto per essere chiari: una patch del genere scalfisce appena le enormi possibilità di XILS 3 LE V2.0. Se già l’interazione tra i moduli a colpi di pin matrix fa sfregare le mani (e in questa sede, lo si sarà notato, si è fatto a meno di oscillatore 3, noise generator, ecc. ecc. ecc.), l’opulenza dello step sequencer di bordo – a partire dai 3 layer indipendenti per due tracce ciascuno – apre scenari molto, molto, molto ampi. Roba da invisibili unicorni rosa, come minimo…

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Comments (2)

  • Valerio

    |

    Carissimo Enrico, sono indeciso su cosa inserire tra un minibrute o un minilogue ad un set-up composto da Motif 8 XS, GEM S2 Turbo, Roland JD-XI e Roland System 1M. Mi daresti un tuo parere spassionato al riguardo? Quali dei due si inserirebbe meglio nel contesto?
    Ti ringrazio in anticipo, Salute!

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    • Enrico Cosimi

      |

      io andrei sul Minilogue: ha le memorie, una buona implementazione MIDI e quindi dovrebbe risultare più facilmente gestibile “come le altre macchine”; intendiamoci: non è che il Minibrute sia peggio, semplicemente è un analogico puro senza MIDI CC mappati ai controlli di pannello e senza memorie.

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