Iniziamo dal titolo: finalmente il Prophet 6 perchè, in quest’epoca di spaccanasi, di raffinati duellanti, di spadaccini sempre pronti sull’anca (tanto per citare Teophile Gautier), c’era bisogno di un sintetizzatore polifonico analogico senza grilli per la testa, con tutto quello che serve per prendere accordi (analogici) godendo delle timbriche (analogiche) e delle classiche idiosincrasie (analogiche). E’ un bel parlare di prestazioni stellari, complessità operativa, completa interfacciabilità e “operatività a vasto raggio”, ma se quello che serve è prendere un accordo con due detuned saw filtrate low pass per voce, senza perdere quaranta minuti di navigazione con i sott menu edit, questa – anzi, questa è la macchina giusta. Punto.
Di Enrico Cosimi
Sicuramente, nella valutazione ha molto peso anche il fattore nostalgia: anche se il nuovo Prophet-6 non è un remake del rivoluzionario P5 di tanti anni orsono (ci sono molte cose in più, rispetto al vecchio, ma anche qualcosina in meno), vedere di fronte e sentire nuovamente sotto le dita una buona tastiera, incorniciata da un bel cabinet in legno e laminato metallico pesante, con le classiche manopole Sequential (anche se in versione slim) ha la sua importanza. Diciamo che predispone benevolmente l’utente attempato (col pannolone appena cambiato dagli infermieri e pronto alla sua dose di minestrina senza sale) e incuriosisce in modo significativo il producer più giovane, ma meno storicamente esposto a questi vecchi dinosauri analogici.
Insomma, un bellissimo strumento, concepito con la consueta miscela di funzionalità, rapporto Q/P, suono, furbizia e praticabilità che è ormai il punto di forza nell’engineering di Dave Smith.