Le string machines dall’analogico al virtuale ….. andata e ritorno – Terza parte

Written by Attilio De Simone on . Posted in Gear, Software, Tutorial

Dopo aver fatto una disamina storica delle string machine e delle loro emulazioni virtuali, Ë tempo di fare un ragionamento sulle possibilità offerte dalle macchine analogiche di nuova generazione. Vediamo cosa si può tirare fuori dal Waldorf Pulse 2.

Di Attilio De Simone

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Prima di cominciare ad analizzare le possibili soluzioni, è bene precisare che ricreare la circuitazione dei divisori di frequenza allo stato attuale non è una strada percorribile, visti gli elevati costi a cui si andrebbe incontro. Insomma: il gioco non vale la candela. Se vogliamo munirci di una string machine senza dover ricorre al costoso quanto pericoloso mercato del vintage, possiamo provare a creare degli archi con il nuovissimo Waldorf Pulse 2.

 

Oltre ad essere compatibile con il vecchio Pulse, la Mk2 offre una serie di novità, tra le quali una polifonia di 8 note in modalità parafonica. La parafonia Ë una tecnologia sviluppata negli anni ’70 per tirare fuori dai synth analogici una polifonia a basso costo, basso rispetto alle machine polifoniche analogiche che creavano tante strutture di generazione, filtraggio, modulazione e amplificazione del suono quante erano le voci di polifonia che si volevano ottenere (praticamente per generare una polifonia ci 5 voci, bisognava mettere insieme la circuitazione di 5 synth monofonici completi) determinando incrementi esponenziali dei costi. Con la parafonia invece si riusciva ad ottenere un compromesso tra costo e operatività. Si otteneva, quindi una polifonia risparmiando grazie alla non completa indipendenza delle voci, che dovevano condividere almeno un elemento, nella maggior parte dei casi questo elemento in comune era il filtro. Avere molte voci gestite da un unico filtro generava il problema del retriggeraggio dell’invilluppo di tutte le note non appena si suonava una nuova nota… Vediamo invece come si comporta il Pulse 2.

Cè da premettere che la Waldorf non fa chiarezza sulla tecnologia impiegata per generare la polifonia, ho pensato originariamente che si facesse impiego di un qualche artificio digitale per generare la polifonia, ma il dubbio mi è rimasto. Primo perché nel momento in cui si attiva la modalità parafonica ad otto note, si gestisce un solo oscillatore (mentre il secondo e il terzo vengono disattivati, quindi ipotizzo che per generare la polifonia il sistema attinga a tutti e tre gli oscillatori analogici contemporaneamente), secondo perché il calore della forma d’onda quadra che viene generato garantisce una forte presenza sonora (un po’ degradata vista la polifonia) che può sembrare analogica. Ripeto, qui si tratta solo di impressioni e di ipotesi, visto che la Waldorf non si sbilancia su questo punto e né il manuale né ulteriori dichiarazioni cercate tra interviste, dichiarazioni ufficiali e comunicati stampa danno un po’ di luce. Quindi il dubbio sulla generazione sonora della polifonia resta.

 

All’opera

Vediamo un poco, quindi, come muoverci per provare a rendere il Pulse 2 una string machine.
1) Selezioniamo la modalità polifonica

01
Nella sezione Shape dell’OSC1 facciamo andare lo slider rotativo fino a raggiungere la modalità PARA-8. Questa modalità non rende più disponibili gli oscillatori 2 e 3. Esistono altre 3 modalità polifoniche: due modalità unison e una modalità PARA-4 (che ci fornisce l’opportunità di gestire due oscillatori), ma non fanno al caso nostro se vogliamo emulare una string machine.
2) Modifichiamo la Pulsewidth

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La funzione Pulsewidth ci fornisce il parametro variabile dell’onda impulsiva, che determina il maggiore o minore livello di aggressività della forma d’onda impulsiva. Nel nostro caso dobbiamo cercare di ammorbidire quanto più possibile la forma d’onda impulsiva,  quindi porteremo il valore della Pulsewidth a zero.
3) Lavoriamo con il fade

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Una volta attivata la modalità PARA-8 lavorando sul parametro di Keytrack andiamo in realtà a gestire l’intensità del fade e lo posizioniamo su un valore intermedio compreso tra 65 e 85.
4) Trigger

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Come detto, un elemento a sfavore della parafonia è il fatto che tutti gli oscillatori vanno a confluire verso un solo filtro, il cui comportamento determina un retrigger di tutte le note suonate e tenute nel momento in cui andiamo ad aggiungere nuove note alla nostra esecuzione. Tramite la funzione trigger, possiamo selezionare una modalità tra le cinque disponibili: SNG 1 e 2 e RET 1, 2 e 3. Con la modalità SNG 1 la prima nota suonata fa partire l’inviluppo, le note successive non apportano
alcuna modifica all’andamento dell’inviluppo finchè terremo premuta la prima nota. La fase di rilascio, invece non partirà finchè tutti i tasti non verranno rilasciati. SNG 2 lavora nello stesso modo con la differenza che l’inviluppo partirà dal valore più vicino a zero nel momento di ogni partenza dell’inviluppo.
Nella modalità RET 1, l’inviluppo riparte con ogni nota eseguita. Con RET 2 l’inviluppo riparte con ogni nota suonata ma non ripartirà mai da zero. Con RET 3 l’inviluppo viene triggerato con ogni nota, ma l’inviluppo non ripartirà e non sar· retriggerato se una nota sarà rilasciata. Nel nostro caso, la modalità di triggeraggio più simile a quella delle string machine vintage mi è sembrata RET 3. Consiglio di fare dei test e delle esecuzioni prova per comprendere quale modalità di triggeraggio si addice maggiormente ad un’esecuzione o ad un suono.
05)Scegliamo il filtro
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Il filtro del Pulse 2 dispone di 4 modalità: due passa basso (LP24 e LP12) un passa banda e un passa alto. Nel nostro caso, lavoreremo con il passa basso, perché combinando adeguatamente il cutoff e la resonance andremo ad emulare le varie soluzioni timbriche delle string machine. Il filtro che ci garantisce un suono più “zanzaroso” Ë il LP12.
06) Anche la resonance è importante

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Se vogliamo ottenere un suono di string machine credibile, dobbiamo utilizzare la resonance del filtro in modo molto moderato. Da evitare assolutamente il “rischio” auto oscillazione e quindi i valori compresi tra il 75% e il 100% non devono mai essere presi in considerazione. Manteniamoci, invece, su valori bassi compresi tra lo 0% e il 35%. A fare la maggior parte del lavoro sarà la cutoff, che avrà il compito di aprirci o chiuderci le frequenze in modo da poter emulare le varie famiglie sonore orchestrali.

Lavoreremo poi a piacimento con gli inviluppi stando sempre attenti alla moderazione: tra le mani abbiamo una string machine, non un synth e le escursioni timbriche estreme non sono permesse.

Tutto qua? No, con il Pulse 2 possiamo creare un timbro base di archi, ma a fare la parte del leone per certe sonorità sono le modulazioni. Se per il vibrato riusciamo a trovare una soluzione immediata in “casa” (cioè sfruttando l’architettura di sintesi del Pulse) aumentando di un 10%-30% (a seconda dell’intensità che vogliamo dare) la rotella della modulation (che di default è impostata sull’LFO che va a modulare il Pitch), per altre modulazioni (Phaser, Chorus, Flanger) e per le spazializzazioni (Delay e Riverbero) dobbiamo creare una catena di effetti.
Nel file di esempio potete ascoltare il suono creato a cui ho aggiunto via via le modulazioni. Per la cronaca: gli effetti utilizzati sono tutti Electroharmonix.
string_pulse.mp3

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Comments (9)

  • Efrem

    |

    Ma.. Dopo aver provato il Blofeld si vede e si sente chiaramente che Waldorf sta realizzando synth non a risparmio energetico, ma a risparmio realizzativo, tecnico e qualitativo.. Anche questo synth non mi convince..

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    • Enrico Cosimi

      |

      fammi capire la sequenza degli interventi, perché così è poco chiara:
      a) hai provato il Blofeld;
      b) hai ascoltato il Pulse 2 nell’esempio string machine a divisione di frequenza/parafonia;
      c) hai concluso che waldorf stia tirando i remi in barca;

      se questo è il percorso, mi sembra che tu stia dimenticando il senso dell’esperimento proposto da Attilio: costringere una struttura di sintesi “generica” a lavorare come lavoravano le vecchie string machine del secolo scorso; di sicuro, non doveva essere una demo delle potenzialità timbriche Waldorf. Non so se ho interpretato correttamente.

      A margine, una struttura parafonica come quella del Pulse 2, non può e non deve essere presa come pietra di paragone per valutare la capacità funzionale di un marchio commerciale… 😉

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      • Attilio De Simone

        |

        Concordo con quanto scritto da Enrico. L’articolo sull’impiego “anomalo” del Pulse 2 è stato realizzato per completare un trittico di articoli in cui si sono analizzate le string machine, la loro storia, i cloni software e per ultimo le possibilità offerte da strumenti analogici. L’obiettivo di questo articolo era provare a ricreare il sound analogico vintage tramite una macchina analogica moderna. E di macchine analogiche in grado di ottenere la polifonia con un meccanismo che si avvicina un poco a quello delle string machine vintage, non è che ce ne siano tante in giro, anzi mi sembra proprio che il Pulse 2 sia una mosca bianca da questo punto di vista. Non si può giudicare il Pulse 2 da un articolo dedicato alle string machine. Onestamente la macchina tira fuori dei suoni niente male. Una considerazione sul Blofeld. È una macchina che risale al decennio scorso e va considerata nel momento storico in cui si presentò sul mercato. Pur avendo qualche problemino sul segnale di uscita (un pò debole quando la provai, ma con gli aggiornamenti firmware lessi che avevano risolto vari problemi) il Blofeld è stato una macchina che ha lasciato un segno, primo per il formato molto ridotto, secondo per il prezzo accessibilissimo (e molto al di sotto di tante macchine basate sulla sua stessa tecnologia) e terzo perchè offriva e offre le sonorità tipiche di casa Waldorf. Che queste sonorità possono anche non piacere è un altro discorso. Comunque questo Pulse 2 non mi sembra assolutamente un prodotto scadente, anzi bisogna stare attenti con i volumi altrimenti “scappa di mano”……

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  • Attilio De Simone

    |

    Un’ultima cosa: Blofeld e Pulse 2 sono due strumenti completamente diversi. Pur essendo prodotti entrambi da Waldorf sono basati tu tecnologie che sono all’antitesi (Blofeld digitale, Pulse 2 analogico). Prima di bocciare uno strumento bisogna testarlo, metterci le mani sopra.

    Reply

  • Efrem

    |

    Sicuramente il suono del Pulse 2 è molto diverso dal Blofeld, ma ho come l’impressione che la Waldorf abbia realizzato anche questo synth tenendo il freno a mano un pò tirato, non tanto per il design e il sistema di gestione dei parametri (che è praticamente simile al Blofeld), ma anche il suo suono sembra essere lo stesso “suono tedesco” ovvero abbastanza freddo e sterile.. Insomma per il prezzo che ha, calcolando che è monofonico e senza una tastiera un pitch bender e un modulation, non mi sembra poi così a buon mercato.. Non mi sorprenderei se tra qualche mese spunta un nuovo Pulse 2 con tastiera..

    Reply

    • Mauro

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      Salve Attilio, bello questo tuffo nelle strings machine, le considerazioni ed esempi che hai proposto mi torneranno molto utili sul G2.
      Condivido dopo prova diretta la violenza di questo Pulse2, macchina immancabile in molta musica teutonica e non.
      Sicuramente da provare senza farsi trarre in inganno da affinità di formato “saponetta”.
      Grazie e speriamo in altri tuoi articoli

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  • Michele

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    Salve,

    a me il risultato finale è piaciuto. Hai citato Electroharmonix : potresti essere più preciso circa gli effetti? Mi rendo conto che forse sono un po’ fuori tema ma in fondo non c’è string machine senza il suo bravo set di effetti… o sbaglio?

    Grazie epr l’attenzione,

    MIchele

    Reply

    • Attilio De Simone

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      Ciao Michele, allora per questo esempio ho messo in catena tre pedali EHX, due di modulazione e un delay. Innanzitutto ho preso il suono dall’uscita monofonica e l’ho fatto entrare nel phaser Small Stone settando lo switch del color verso l’alto e usando un rate lento (rate lento alla JM Jarre) per ottenere le tipiche sventagliate analogiche, il suono così ottenuto è entrato nel Flanger/Chorus Stereo Electric Mistress, dove ho settato il chorus al 75% e il flanger prima al 40-50% e poi ho incrementato via via la presenza rendendo il suono sempre più stereofonico. Infine ulteriore spazialità è stata data dal delay digitale Stereo Memory Man with Hazarai, di cui ho fatto un uso parsimonioso e molto semplice. Per questo tipo di situazioni sonore prediligo il delay digitale perchè mi fornisce delle ripetizioni molto cristalline che meglio si adattano al suono delle string machine, che deve essere enorme, spazioso, ampio e preciso. Si deve impossessare completamente del mix e di tutto il panorama stereofonico.

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  • Michele

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    Salve Attilio,

    grazie mille, propirio quello che desideravo sapere.

    Un caro saluto!

    Reply

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