KeyB Expander: a prova di trasporto

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear

Il mondo dei cloni elettrofonici, ovvero degli Hammond-wannabe, è molto più turbolento di quanto non si potrebbe pensare ad uno sguardo superficiale; fatte salve le dovute differenze stilistiche, timbriche e filosfiche che distanziano un organista rock da uno jazz (e da uno blues), rimane -di fondo- la complessità oggettiva di simulare il comportamento del mitologico generatore a ruote foniche e l’ancora più idealizzata interazione tra questo e rotary speaker.

Per questo motivo, quando compare un apparecchio che coniuga funzionalmente timbrica, portatilità, prestazioni, prezzo e feeling, la cosa diventa immediatamente di primo piano. E’ il caso del KeyB Expander, versione iperportatile del sound engine messo a punto da Elvio Previati.

Di Enrico Cosimi

Una premessa doverosa: nel mondo dei clone producers, l’apparecchio di Elvio è chiamato, con rispetto, organo e non clone, a riprova del valore culturale oltre che timbrico raggiunto dalle varie versioni di KeyB.

Come si raggiunge un risultato del genere? Con tanta grinta (e chi ha avuto modo di conoscere Elvio Previati sa che questa dote, sicuramente, non gli manca…), orecchie bene aperte e facendo squadra con chi ha veramente qualcosa da dire sullo strumento. Da questo punto di vista, KeyB ha un albero genealogico di tutto rispetto: per la sua avventura commerciale di oltreoceano, Elvio ha stretto accordi con Joey DeFrancesco (una garanzia per il suono jazz e la suonabilità intesa a 360°); per il comportamento timbrico nel gospel, c’è una ferrea tradizione di consulenza reciproca con Alberto Marsico; per quello che riguarda il Rock (con la erre maiuscola…), lo scambio di esperienze – pluriennale – è con Gianluca Tagliavini, sicuramente il più forte organista rock a livello europeo. Insomma: con tante orecchie (e tante mani) di ottimo livello a disposizione, è ovvio che il prodotto non può non suonare in maniera professionalmente convincente.

Ma il suono è solo metà del problema; dall’altra parte, è necessario inscatolare il tutto all’interno di un’interfaccia utente che  a partire dalle manopoline dei drawbar, arrivando alla scelta ed alla disposizione dei controlli, rispetti lo strumento archetipale e offra tutto ciò che un hammondista si aspetta di trovare “buttando” con sicurezza le mani sul pannello comandi. Anche da questo punto di vista, la realizzazione di Elvio è di prima qualità e il potente motore physical modeling utilizzato ha molto da insegnare alla concorrenza, tanto per la riproduzione del comportamento del generatore virtuale, quanto (e forse ancora di più) per il comportamento del virtual rotary speaker.

E’ cosa nota che, a richiesta, il KeyB possa essere “programmato” per suonare come una qualsiasi consolle o spinetta di proprietà del musicista: il software proprietario permette l’acquisizione, la modellazione timbrica elaborata su un hardware di riferimento che, da quel momento in poi, resta catturato nell’apparecchio; non ci sono schede madri da far partire, non ci sono hard disk da far girare. Tutto e subito; niente male.

Lo strumento

KeyB Expander è uno scatolotto inclinato largo una quarantina di centimetri, di profondità tale da poter essere alloggiato quasi comodamente su parecchi stage keyboard (anche se, ovviamente, la meccanica pesata non è la migliore per lavorare con i suoni hammond…), con tre set di drawbar sulla fronte (lower manual x9, pedalboard x2, upper manual x9) e tutti i comandi regolarmente disposti sulla  plancia superiore; nel pieno rispetto della tradizione, la percussione è a destra, il vibrato/chorus è a sinistra, i comandi “generici” sono al centro. Niente male.

Key B Expander può generare, in completa polifonia, tre timbriche diverse simultaneamente, relative alle tre famiglie di drawbar e controllabili su altrettanti canali MIDI indipendenti: avendo a disposizione un doppio manuale waterfall e una pedaliera, potrete groovare come il miglior Cat in circolazione; con un doppio manuale waterfall – rigorosamente in piedi – potrete fare tutto il rock del mondo; con un singolo manuale, meglio se dotato di split point in trasmissione, potrete comunque pilotare gli upper e lower drawbar. La timbrica della pedaliera può essere assegnata alla lower keyboard, con una unione di tradizione organaria classica; inoltre, il suono della pedaliera può essere il classico risultato multisinusoide del generatore a ruote foniche o può sfruttare lo string bass con sustain (in realtà, decadimento) regolabile a discrezione. Tanto sulla pedaliera, che sulle ottave basse della tastiera inferiore, il walking è garantito.

L’apparecchio ha al suo interno tre modelli timbrici di riferimento, selezionabili con l’ormai classica procedura dello T/C Control + key note da premere; si può far suonare KeyB come un A100, come un B3 o come un C3; le differenze sono sottili, ma si sentono e  a seconda dei generi musicali, possono fare molta differenza; ad esempio, in certi contesti viscerali, la cattiveria del modello A100 potrebbe risultare vincente.

Sempre agendo sulla tastiera in modalità selettore, si possono raggiungere le funzioni di transpose, hum canceling (per avere, o meno, la fedeltà filologica allo strumento originale che, nella sua natura elettromeccanica, non è dei più silenziosi…) e la selezione dei cloni.

Il pregevolissimo circuito di rotary speaker (che sfrutta, si badi bene, anche un external input direttamente collegato ad esso) è regolabile in slow/chorale, fast/tremolo e brake; è possibile bypassare la simulazione di rotary interna, per uscire sul bocchettone a 11 pin con cui entrare direttamente in un Leslie vero, magari di ultima (o penultima) generazione.

I due set da 9 drawbar possono essere usati alternativamente su un controller a singolo manuale (in tal caso, la scelta avviene attraverso selettore Drawbar Set A/B) o simultaneamente con un controller a doppio manuale; la percussione è, come di dovere, dotata dei quattro interruttori normal/soft, slow/fast, second/third, on/off; nessuna sorpresa su questo versante. Il Vibrato/Chorus, di eccellente realizzazione, è indirizzabile in maniera individuale su Great o Swell e può sfruttare un classico selettore rotativo con le sei posizioni V1-3 e C1-3; come al solito, un paio di orecchie prive di pregiudizi e un minimo di concentrazione sono alla base di qualsiasi buona registrazione dello strumento.

I controlli di configurazione

Se stessimo parlando di un Hammond vero, a parte le unioni di pedaliera alla tastiera e la presenza dello string bass, le discussioni sarebbero già finite; invece, nei cloni e nel KeyB Expander, c’è ancora in serbo il blocco delle regolazioni con cui è possibile configurare, cioè personalizzare, la resa timbrica dello strumento, simulando quindi le peculiarità che – per età, conservazione e gusti del musicista – rendono individualmente unico ogni strumento.

Stiamo parlando di: main volume, reverb, overdrive, key click level, crosstalk/leakage tra le ruote foniche, bass & treble control, percussion decay & volume, string bass decay. In aggiunta, con un piccolo trimmer si può regolare l’accordatura, facendola deviare dal 440 Hz di riferimento.

Pannello posteriore

Oltre alla connessione per l’alimentatore esterno (in dotazione), brillano la porta USB per eventuali aggiornamenti di firmware, i quattro connettori MIDI per la gestione In, Out, Thru (fino a qui, nulla di preoccupante…) e di Pedals Kb, con cui collegare l’eventuale pedaliera meccanica prodotta da KeyB; in aggiunta, si possono agganciare all’apparecchio un Rotary Switch controller (per l’alternanza slow/fast tanto nella simulazione interna quanto per l’eventuale Leslie hardware collegato al bocchettone 11 pin…) e un Expression Pedal in formato Yamaha FC7 per la gestione del volume.

Il segnale audio esterno che deve essere collegato al rotary speaker può essere regolato in ampiezza attraverso un trimmer dedicato; le connessioni audio verso l’esterno comprendono una presa cuffia, le uscite left e right sbilanciate e il già citato bocchettone a 11 pin. Particolare di grande professionalità: sotto al bocchettone, sono serigrafate le piedinature adottate per i segnali di audio+, audio ground, common, slow e fast. Applausi a scena aperta.

 

In uso

Premesso che tutto, dai controlli rotativi, agli switch, fino ai drawbar, scrive MIDI CC in trasmissione (ed è abilitato alla ricezione dall’esterno), il KeyB Expander stupisce per la validità e per la veridicità del proprio suono: bello, carnoso, credibile, personalizzabile e suonabile con la stessa intensa partecipazione che si prova sopra una consolle vera.

Meglio dotarsi di un controller “serio”, meglio ancora se a due manuali; per tutte le applicazioni di giggin’ in cui una workstation è già tanto, l’aggiunta del KeyB Expander può dare quella marcia in più che fa la differenza a fine serata.

Non è cosa da poco; bravo Elvio!

 

 

 

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Comments (4)

  • synthy

    |

    Enricuccioooo, basta mettermi appetito…yuk yuk.

    comunque sulla validità del prodotto non c’è discussione. (punto)
    bisognerebbe trovare una singola masterkeyboard con 5 ottave di tasti waterfall a prezzo ragionevole, magari con 9 sliders e un paio di uscite MIDI, e così gestire con facilità keyb ed un synth expander: molta potenza e flessibilità a peso e costo contenuto…
    a proposito, riguardo alla simulazione leslie, a paragone col ventilatore come lo metti il keyB exp?

    Reply

  • Enrico Cosimi

    |

    non so cosa si possa trovare in giro, oltre a questa

    http://www.doepfer.de/D3.htm

    che non è perfetta (quando ne metti due una sopra all’altra, la distanza tra i manuali non è corretta…)

    personalmente, preferisco il ventilatore, ma – come al solito, quando si parla di hammond, è un parere MOLTO personale…

    Reply

  • alfonso pellegrini

    |

    I 3 cloni sono gia dentro al key b exp all’acquisto o gli altri 2 devono essere caricati dopo acquisto?

    Reply

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