SHE LIVES: un progetto su cui ragionare

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Events

Oltre a ragionare sul progetto SHE LIVES, è necessario ragionare anche sulle metodologie messe in atto per raggiungere (auspicabilmente) il risultato desiderato. Da questo punto di vista, Fabiana Piersanti – cui passiamo velocemente la parola – ha molte frecce al suo arco.

Di Enrico Cosimi

She Lives incontra l'Ungheria

Quella che segue è una lettera aperta nella quale Fabiana Piersanti, ideatrice del progetto SHE LIVES mette nero su bianco motivazioni, obiettivi, metodologie e spessore del proprio agire. In questo periodo storico, in questo contesto, un’iniziativa del genere non può che meritare il nostro plauso incondizionato.

Leggere qui sotto, please e, regolatevi di conseguenza…

“Cari amici di SHE LIVES,

quando a fine gennaio ho deciso di organizzare il progetto SHE LIVES INCONTRA L’UNGHERIA ero fiduciosa del fatto che non avrei avuto molte difficoltà a reperire i fondi necessari per realizzarla.

Tra l’altro era appena morto Claudio Abbado, e nella profonda commozione di quella perdita ho ripensato alle parole con le quali qualche anno prima il Maestro aveva risposto alla domanda di un giornalista de La Stampa:  “La reazione che ho sempre avuto davanti a chi dice che la cultura costa troppo è quella di farne di più. La risposta deve sempre essere positiva. Se qualcuno si qualifica dicendo che la cultura non rende si squalifica da sé. Ma bisogna ribattere con i fatti.” Subitanea, sentita decisione: il progetto sarebbe stato dedicato alla memoria di Claudio Abbado.

Ho pensato fosse un’idea splendida dare la possibilità al pubblico italiano di conoscere tre grandi compositori viventi che per varie ragioni – tutte tinte di ogni gradazione di grigio – non frequentano abitualmente o per nulla le programmazioni delle maggiori istituzioni preposte a offrire cultura musicale nel nostro Paese.

Sto parlando di Zoltán Jeney, il compositore più rappresentativo dell’odierna scena musicale ungherese, ex allievo di Goffredo Petrassi; di Péter Eötvös, unanimemente riconosciuto fra i più grandi compositori e direttori d’orchestra al mondo; e di Alessio Elia, fra le più interessanti espressioni della nuova generazione di compositori, recentemente premiato nel più importante concorso di composizione ungherese dallo stesso Eötvös.

Ho dato per scontato che avrei facilmente trovato l’appoggio entusiastico delle istituzioni direttamente coinvolte, anche perché ho avuto subito il sospetto, che poi mi è stato confermato dalla moglie di Eötvös, che il concerto che mi accingevo a organizzare fosse incredibilmente L’UNICO IN ITALIA a celebrare i 70 anni dalla nascita del Maestro, che si festeggia quest’anno in tutto il mondo.

Quando poi tutti e tre i compositori hanno accettato il mio invito a presenziare ai concerti loro dedicati mi son detta, è fatta: metà dei soldi li reperisco da istituzioni e sponsor, l’altra metà da una campagna di raccolta fondi, prevedendo la possibilità di contribuire anche con 15 euro alla realizzazione dell’evento (5 euro a concerto).

Di cosa devo preoccuparmi?

Bene, tralascio di riportarvi tutte le trite, timorose e desolanti argomentazioni con cui chi ho contattato mi ha in sostanza detto: “Bello il progetto! Bellissimo! Complimenti! Sei proprio brava e coraggiosa! VAI, ORGANIZZALO, pagalo tutto, mi raccomando, che se va bene, noi ci mettiamo il nostro patrocinio gratuito!”.

Piccola eccezione per l’Accademia d’Ungheria, che mi ha gentilmente offerto una forma di collaborazione (non finanziaria), tuttavia irrilevante dal punto di vista economico, e alla quale va comunque il mio ringraziamento.

Tutto questo ha attirato l’attenzione di una buona parte della critica, e ha fatto sì che alla richiesta di varie forme di collaborazione che ho rivolto a importanti personaggi del panorama musicale odierno (Michele Dall’OngaroGuido BarbieriFrancesco AntonioniNicola CampograndeMauro GambaMauro Cardi, ecc.) la risposta fosse nel contempo gaudiosa e incuriosita, in alcuni casi letteralmente stupefatta:

…perché una giovane donna che non è una musicista, non è ricca, non è la fidanzata/moglie/amante di un potente rampollo di qualche cricca culturale, si è presa la grande responsabilità di fare tutto questo rischiando in prima persona?

Con alcuni ci ho messo un po’ a convincerli che lo sto facendo semplicemente perché credo che sia giusto, perché non riesco a stare ferma mentre il baratro culturale del mio Paese diventa sempre più profondo, perché anni fa avrei voluto che qualcuno lo facesse per me.

A oggi l’unica speranza di finanziamento di questa rassegna è rappresentata dalla campagna di raccolta fondi che ho organizzato su MUSICRAISER, e anche questa rischia di non andare a buon fine: perché? Me lo sto chiedendo.

Sostieni She Lives su MusicRaiser

A distanza di poco più di un mese dal lancio, e a 25 giorni della scadenza, 46 persone hanno aderito alla campagna, che ora è ferma al 30% del suo obiettivo, che copre circa il 50% delle spese. Facendo un rapido calcolo, per raggiungere l’obiettivo minimo basterebbe che 334 persone donassero la quota minima (quei 5 euro a concerto). Le inserzioni che ho fatto a pagamento solo su Facebook hanno già raggiunto migliaia di persone.

Ringrazio questi preziosi nuovi mecenati del più profondo del cuore, non solo per i soldi che hanno donato, ma perché hanno agito, e quell’azione mi ha fatto sentire meno sola, mi ha distolto dal deprimente sospetto che quello che sto facendo non risponda in realtà ad alcuna necessità, che il mio entusiasmo sia una specie di rara patologia dalla quale farei meglio a guarire in fretta.

So che i tempi sono difficili, e che per qualcuno anche 15 euro rappresentano una cifra non sostenibile. Ma ci sono tanti modi per contribuire, anche diffondere con entusiasmo questa campagna, senza limitarsi con un clic impersonale su Facebook a condividerla sulla propria bacheca, sarebbe molto importante.

Dovrei seguirla di più io, è vero, organizzare incontri, chiedere ospitalità ad associazioni, eventi, fare volantinaggio, piccoli concerti ad hoc, e tanto altro. Lo farei, se non fosse che sostanzialmente da sola, e cercando di conciliare l’impegno con il lavoro col quale al momento mi mantengo, devo occuparmi anche di tutto il resto su cui in una normale società di concerti lavorerebbero almeno 5 qualificati amministrativi, più un segretario personale.

Tutto questo per dirvi: se apprezzate il progetto, se credete che sia valido, non pensate che 15 euro siano pochi, valgono tantissimo, e rappresentano ancora di più. Agite con me, facciamolo insieme, prendiamoci la soddisfazione di dimostrare a questa triste e miserevole fauna del potere che siamo capaci di organizzare qualcosa di grande anche senza la loro questua.

Questo è il link attraverso il quale si può contribuire.

Vi ringrazio tutti per il tempo che mi avete dedicato,

Fabiana Piersanti

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