Yamaha Reface DX – Seconda parte

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear

E’ il momento di affrontare le famigerate procedure di modifica sui parametri più intrinseci alla generazione sonora con la FM Lineare.

Di Enrico Cosimi

apertura

Ancora una volta, la nostra palestra è la Yamaha Reface DX.

Il modo EDIT

Dopo aver impostato le condizioni di base con FREQ, LEVEL, ALGO e FB, è il momento di tuffarsi all’interno delle funzioni di EDIT vere e proprie, dove si configura e personalizza il comportamento di ciascun operatore a seconda delle proprie necessità. Come nelle storiche macchine, tutte queste operazioni devono essere “sinonizzate” consapevolmente sull’operatore richiesto, altrimenti si corre il rischio di editare l’operatore 3 mentre si è convinti di modificare il 2… insomma, occorre attenzione.

I comportamenti modificabili sono relativi a: On/Off, Pitch Tuning, Mode, Level Scaling, Keyboard Scaling, Envelope Generator, LFO, Pitch Envelope Generator. Andiamo per ordine.

 

Operator On/Off,  scelte di “modo” e tune/detune

Nell’algoritmo selezionato, un operatore può essere acceso/attivo o spento/inattivo: piuttosto che portarne a zero l’uscita, è conveniente spegnere il modulante che non si vuole usare e riaccenderlo solo al momento effettivo del suo impiego.

Allo stesso modo, ne parlavamo prima, è utile poter scegliere se la sua intonazione sia gestita attraverso tastiera (modo Ratio), indicata come rapporto di frequenza nei confronti dell’intonazione nominale (“1” significa “non traspongo di ottava e senti esattamente la frequenza che mi chiedi con i tasti – Octave Transpose a parte…; “2” significa “suono il doppio della frequenza che mi chiedi con il tasto, cioè suono all’ottava sopra”, eccetera, eccetera) o come generazione statica non moificabile (modo Fixed), per ottenere comportamenti di non intonazione (basterebbe pensare a un rullante) o di modulazione non variabili lungo l’escursione della tastiera.

All’intonazione espressa in questo modo, deve essere aggiunta la possibilità di specificare un Detune che, tra due portanti o tra due modulanti, può fornire una buona animazione assimilabile al chorus.

break point

Sensibilità alla Key Velocity,  Keyboard Rate Scaling e Keyboard Level Scaling

L’uscita di un operatore può essere sempre a livello “fisso”, o può essere subordinata alla dinamica esercitata sui tasti; nel secondo caso (pensiamo ad un modulante), si potrà ottenere un timbro chiuso suonando piano e un timbro più aperto suonando con maggior energia.

Allo stesso modo, la durata degli inviluppi (ne parleremo tra poco) può essere subordinata alla tessitura di tastiera che si sta utilizzando: note basse possono durare di più delle note acute.

Nella vecchia DX, (la indichiamo al femminile perchè ne sotto intendiamo l’appartenenza alla Ditta Yamaha…), era possibile definire un punto di Break Point dove spezzare l’escursione di tastiera applicata alla scalatura di livello dell’operatore… La Reface DX è semplificata, da questo punto di vista, e offre un break point fisso su C3, ai lati del quale è possibile definire di quanto sale o si abbassa il livello di uscita del singolo operatore, potendo scegliere massima escursione bipolare (+/-127) e funzione di trasferimento lineare o esponenziale. In questo modo, un operatore modulante può divenire progressivamente più debole nel suo intervento mano mano che si sale lungo le ottave disponibili. O il contrario…

envelope

Envelope Generator

E qui iniziano i guai: dall’epoca della DX7 MkI (e del suo micidiale display 16 caratteri x 2 righe), l’inviluppo Rate/Level di Yamaha ha dato grattacapi ai musicisti. Questa volta, Reface DX offre una buona implementazione grafica sul display di bordo, anche se – complice la struttura a quattro data entry, occorre mettersi l’anima in pace e balzare avanti e indietro tra la pagina dei quattro livelli e quella delle quattro velocità.

Anche in questo caso, il parametro di Rate deve essere interpretato in maniera “tachimetrica”: numeri più elevati indicano velocità di trasferimento più elevate.

grafica eg rate

Come procede l’inviluppo DX?

Andiamo per tappe:

  • Quando si preme il tasto, al Nota On insomma, l’inviluppo parte dal minimo e raggiunge il valore di LEVEL 1 muovendosi a velocità RATE 1;
  • da LEVEL 1, procede verso LEVEL 2 muovendosi a velocità RATE 2;
  • da LEVEL 2, procede verso LEVEL 3 muovendosi a velocità RATE 3;
  • attenzione, perchè su LEVEL 3, si rimane fintanto che non arriva il comando di Nota Off; in altre parole, LEVEL 3 è il Sustain di analogica memoria;
  • al Nota Off, l’inviluppo abbandona il LEVEL 3 e, a velocità RATE 4, raggiunge il LEVEL 4

Qui, succede una cosa curiosa, perchè nella vecchia macchina era possibile impostare una condizione poco pratica, nella quale con LEVEL 4 ≠ 0, il suono non finiva mai… invece, nella Reface DX, il LEVEL 4 graficamente impostato su qualsiasi valore, COMUNQUE finisce per raggiungere il silenzio. Piaccia o no, almeno le note hanno una fine. 

Stando a quanto dichiarato nel Reference Manual, “una volta che l’inviluppo ha raggiunto il valore specificato per il LEVEL 4, il suono comunque si interromperà”. 

Possono partire i flame sull’opportunità o meno di rispettare il comportamento vintage, potenzialmente pericoloso…

Durante le procedure di modifica dell’inviluppo, avendo ben chiaro in mente l’algoritmo utilizzato – manca il riferimento costante nella pagina EG Level/Eg Rate, ma non si può avere tutto… –  si può passare da un operatore all’altro usando i quattro tastoni dedicati OP 1-2-3-4 o premendo successivamente le quattro schermate EG Rate/EG Level.

 

LFO PMD e AMD

Un oscillatore a bassa frequenza produce un percorso di modulazione con andamento (auspicabilmente) ciclico che può essere usato per influenzare i parametri di sintesi ritenuti più interessanti. Nell’architettura Yamaha Reface DX (in buona parte mediata dalla classica implementazione storica FM), l’oscillatore LFO di bordo può influenzare l’intonazione dell’operatore (comportamento PMD) o l’ampiezza di uscita dell’operatore (comportamento AMD).

La cosa è abbastanza semplice da accettare, a patto di ricordare, come al solito, che l’operatore può essere portante o modulante. Sviluppiamo i singoli casi e verifichiamo le conseguenze sul risultato finale:

  • un operatore portante sottoposto a LFO Pitch Modulation produce un vibrato;
  • un operatore portante sottoposto a LFO Amplitude Modulation produce un tremolo;
  • un operatore modulante sottoposto a LFO Pitch Modulation produce un cambiamento nella serie armonica generata; le sidebands traslano in base alla variazione di rapporto C:M;
  • un operatore modulante sottoposto a LFO Amplitude Modulation produce un effetto wah all’uscita dell’operatore portante cui è collegato.

Accettato tutto ciò, non rimane che verificare i parametri disponibili nelle tre pagine del modulo LFO.

  • è possibile abilitare il comportamento Pitch Modulation individualmente sui quattro operatori (come è ovvio, gli effetti cambiano in base al ruolo svolto dall’operatore all’interno dell’algoritmo);
  • è possibile abilitare il comportamento Amplitude Modulation individualmente sui quattro operatori; vale l’osservazione appena fatta per la voce precedente;
  • Il modulo LFO produce forma d’onda sinusoide, triangolare, rampa ascendente, dente di sega discendente, onda quadra, campionamento sample & hold del noise, eseguito ogni ottavo di ciclo, campionamento sample & hold del noise, eseguito una volta a inizio ciclo;
  • la velocità è regolabile in valori arbitrari 0-127; non è possibile clockare il modulo LFO sul MIDI;
  • si può impartire un Delay iniziale tra nota on e inizio della modulazione vera e propria;
  • si può impartire (Attenzione! con un amount unico per tutti e quattro gli operatori) l’intensita della Pitch Modulation.

pitch envelope

Pitch Envelope

La differenza tra LFO Modulation e Pitch EG Modulation è che la prima può avere andamenti ciclici, ovvero ripetitivi, la seconda è quasi sempre transiente. A parte questo, il risultato è sempre consequenziale al ruolo che l’operatore modulato svolge all’interno dell’algoritmo.

grafica pitch eg

A differenza degli inviluppi d’ampiezza normali, quelli cioè che gestiscono l’uscita di ciascun operatore, il Pitch Envelope ha una caratteristica fondamentale: è bipolare, può cioè salire al massimo dei valori positivi o scendere al massimo dei valori negativi, trascinando l’intonazione percepita dell’eventuale portante cui è agganciato.

I parametri da regolare sono organizzati in tre pagine separate e prevedono:

  • abilitazione individuale del Pitch EG operatore per operatore;
  • regolazione dei LEVEL 1,2,3,4 – con ausilio grafico – all’interno del range +/-48 semitoni concesso per la deviazione d’intonazione;
  • regolazione dei RATE 1,2,3,4 – con ausilio grafico – all’interno del range 0-127 concesso per la velocità.

La struttura dell’inviluppo, bipolarità a parte, è simile a quella già illustrata in precedenza: si parte al Nota On, dal valore 0 e si raggiunge LEVEL 1 a velocità RATE 1; poi si raggiunge LEVEL 2 a velocità RATE 2; Poi si raggiunge LEVEL 3/Sustain a velocità RATE 3; poi, al Nota Off, si raggiunge LEVEL 4 a velocità RATE 4.

Come è facile immaginare, se non programmate un release time sufficientemente lungo sui portanti, non riuscirete a sentire “cosa combina” l’accoppiata RATE 4 e LEVEL 4 nel Pitch Envelope. 

 

Funzioni

Anticamente, Yamaha usava il termine Job per indicare tutti quei comandi che caratterizzavano il comportamento dei propri strumenti; nella Reface DX, i Job sono raggruppati nel menu FUNCTION, raggiungibile con tastone dedicato. Sono disponibili i comandi di:

  • Transpose in +/-24 semitoni;
  • comportamento monofonico con o senza discriminazione per il portamento applicato solo al legato o a tutte le note; comportamento polifonico (il portamento è solo disponibile in monofonia);
  • Regolazione del Portamento Time;
  • escursione del Pitch Bend (+/-24 semitoni);
  • selezione del Canale MIDI di trasmissione;
  • selezione del Canale MIDI di ricezione; è prevista l’opzione Omni/All;
  • abilitazione al transito tx/rx dei MIDI Control Change;
  • abilitazione del Local On/Off;
  • attivazione dell’Auto Power, degli speaker interni;
  • scelta del tipo di Sustain Pedal;
  • regolazione del contrasto sul display;
  • Edit Recall
  • Voice Initialize
  • Voice Recall from factory settings
  • Factory Reset

 

Effetti di bordo

Ogni componente della famiglia Reface ha qualcosa in più rispetto alla semplice generazione sonora: può di un gruppo di trattamenti audio, o di un Looper. Nel caso della Reface DX, oltre al Looper, ci sono due unità effetti, ciascuna delle quali può scegliere sette tipi di effetto tra cui scegliere per processare il segnale generato. Ciascun tipo di effetto si porta appresso due parametri regolabili, che cambiano di volta in volta per coprire le esigenze più importanti.

Si può scegliere tra: distortion, touch wah, chorus, flanger, phaser, delay, reverb. La qualità degli effetti è alta. Ovviamente, l’ascolto su amplificazione esterna aiuta.

I due Effetti lavorano in serie.

 

Procedure generiche

Il suono editato può essere memorizzato a discrezione del musicista, dopo averne variato il nome secondo le proprie esigenze.

 

Phrase Looper?

Reface DX ospita un looper in grado di catturare l’esecuzione agendo a livello MIDI (un suono monofonico non può essere sovrapposto a se stesso, per intenderci), offrendo al musicista le funzioni di Rec Start (con o senza indicatore metronomico di riferimento), selezione della velocità metronomica e permettendo, a fine ciclo di registrazione, la sovrapposizione infinita di altre tracce o il semplice playback.

Attenzione! Il Looper lavora sulla cattura dei dati MIDI, non sull’audio generato; quindi, se cambiate preset durante il playback, cambia il suono di tutto il loop.

La capacità di registrazione copre 2000 eventi possibili, equamente spalmati sulla polifonia disponibile; una richiesta eccessiva di note eliminerà automaticamente gli eventi più anziani.

 

reface 4

La FM Lineare oggi: qualche considerazione

Da quando la Reface DX è stata annunciata, c’è stato un rimescolio generale di persone che valutavano l’acquisto di ferri vecchi (vedi sotto la voce “vintage”) o di altri musicisti che si sbilanciavano a favore del software puro.

Da un punto di vista squisitamente discorsivo, è chiaro che le prestazioni “quantitative” della Reface DX possano risultare poco vantaggiose, se paragonate alle cinque ottave della vecchia DX9; ma – per lo stesso motivo – qui, almeno, c’è un display con buone capacità grafiche e, a patto di accettare certe idiosincrasie, si può lavorare comodi con i quattro data entry.

Del resto, l’intera operazione Reface non deve e non può essere indirizzata verso un tipo di utenza fully professional: il taglio dei quattro apparecchi, il prezzo richiesto – attenzione a non paragonare la valutazione vintage attuale di una vecchia DX con il valore commerciale delle Reface… casomai, il paragone andrebbe fatto tra i listini del nuovo, con le debite rivalutazioni – e la soluzione della miniaturizzazione auto amplificata indicano chiaramente la direzione dove si vuole andare.

Fatta pulizia di queste possibili ambiguità, non rimane che valutare l’oggetto Reface DX per come funziona, per quello che offre, per come suona e per quanto può risultare o meno facile da programmare. Personalmente, non abbiamo difficoltà nell’affermare che la sintesi per modulazione di frequenza lineare abbia un’importanza particolare: dalle prime demo italiche di David Bristow a oggi, passando per quasi tutte le pubblicazioni sull’argomento (accademiche e non), sentire l’apertura delle armoniche collaterali o l’integrazione tra timbro e noise ci ha sempre dato una profonda felicità.

oggi, con la Reface DX le cose tornano a sorridere. Si può discutere sull’opportunità o meno di spremere fino in fondo le caratteristiche offerte dalle implementazioni commerciali per la FM; ma, da quel punto di vista, è inutile per l’hardware dedicato mettersi a competere con autentici capolavori come Ableton Operator o N.I.FM-8. Qui, siamo sull’hardware e, con tutti i limiti dimensionali e di dotazione, lavorare con i quattro operatori nella piccola Reface DX è ancora un piacere raro.

L’ìmplementazione MIDI completa SysEx e la dotazione ben nutrita di MIDI CC, che coprono i parametri FREQ, LEVEL, ALGO e FB garantiscono la possibilità d’integrazione indolore all’interno di qualsiasi network dedicato alla EMPRO.

Il suono FM c’è tutto; gli effetti sono divertenti, l’amplificazione di bordo è senza pretese, ma può tornare utile per giocare nei posti più inattesi; Reface DX può essere un gioco intelligente, ma può stupire per la credibilità professionale che tira fuori dalle proprie uscite audio.

Non sottovalutatela.

Tags: , ,

Comments (5)

  • Camillo

    |

    É inutile…dopo averla provata, e leggendo questi fantastici articoli, questa Reface DX mi intriga sempre di piú….il piccolo budget per passare dal SubPhatty al Sub37 mi sa che lo diriggo verso questo Reface Dx, and al nuovo Roland Ju-06.
    PS. Da amante di Ableton Operator…sarebbe curioso capire dove iniziano le limitazioni di questa DX, e dove inizia il gusto di avere su “hardware portatile” una bella sintesi FM correlata tra l’altro anche di effetti divertenti.

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      di sicuro, Operator è più potente e più semplice da usare; vedi quello che fai, puoi fare additiva, hai un filtro multi modo, gli inviluppi sono gestibili a loop in battuta…

      Reply

  • pierpaolo

    |

    Professore buongiorno,sono indeciso tra un reface yamaha DX. o. CS’……che dilemma ,un consiglio prof!!! …Professore ho acquistato il suo libro e stupendo ce tutto da imparare…..è ad un certo livello!!!!

    Reply

  • Enrico Cosimi

    |

    il CS è un sintetizzatore virtual analog e quindi fa suoni più “analogicamente convenzionali”… la DX è un sistema in FM lineare, quindi suona più “digitale”

    Reply

  • pierpaolo

    |

    Prof che prenderebbe lei?

    Reply

Leave a comment

Inserisci il numero mancante: *

ga('send', 'pageview');