Un brano in stile Krautrock – Prima parte

Written by Attilio De Simone on . Posted in Tutorial

Approfondiamo la complessità della realizzazione di un brano in stile Krautrock utilizzando vari plug-in vst di sviluppatori poco noti ma molto interessanti. Il Krautrock è stato un fenomeno musicale sviluppatosi in Germania che ha condizionato il sound della musica contemporanea degli ultimi 40-45 anni.

Di Attilio De Simone

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Un po’ di storia: il termine “Krautrock” (letteralmente “rock a base di crauti”, pietanza tipica della cucina tradizionale tedesca) venne coniato dai giornalisti anglofoni per catalogare la musica importata dalla Germania dalla fine degli anni ‘60 fino alla seconda metà del decennio successivo, musica che non si omologava agli standard della musica pop o rock che in quel periodo imperava. Il termine è una sorta di grande ombrello che raccoglieva un po’ tutta la musica tedesca ed è difficile indicare una tipologia musicale che possa contraddistinguere gli artisti accomunati al nome “Krautrock”.

Questo termine è stato abbinato col tempo ad autori di schlager dai testi carichi di contenuti politici (canzoni dalla struttura molto semplice, con ritornelli di facile memorizzazione, indirizzate ad un pubblico musicalmente non colto o sofisticato, spesso ricche di elementi musicali presi dalla tradizione musicale celtica e piena di elementi recitativi, come nella produzione di Witthüser & Westrupp), al rock impegnato (come il rock-cabarett di Floh de Cologne o il rock oltranzista e vicino alle frange più estreme della sinistra occidentale di Ton Steine Scherben), al free jazz-rock basato sull’anarchia totale (Faust, Amon Düül, Neu!, Can, i Kraftwerk nella prima formazione…), alla Kosmische Musik (Tangerine Dream, Cluster, Klaus Schulze), la primissima techno o electropop (i Kraftwerk su tutti), e al punk elettronico (DAF).

Parente del Krautrock, almeno dal punto di vista della risonanza internazionale, è il fenomeno musicale dei primi anni ‘80 che va sotto il nome di Deutsche Welle, pop elettronico di grande successo, che raccoglieva tutta l’esperienza di ricerca sonora del decennio precedente ma finalizzata ad “impacchettare” dei prodotti musicali in grado di giocarsela commercialmente con i maggiori “competitor” inglesi ed americani.

Tra i maggiori artisti della Deutsche Welle abbiamo Nena di “99 Luftballons”, i Trio di “Da, Da, Da” e l’austriaco Falco di “Der Kommissar” e “Rock me Amadeus”.

Per completare il quadro sulla musica tedesca degli anni ‘70 dobbiamo fare un salto nell’ex DDR (il versante socialista) per trovare altri due fenomeni musicali interessanti: l’Ostrock (rock dell’est) noto anche come DDR-Rock (con gruppi come Electra-Combo, Puhdys e Silly), che combatteva costantemente con la censura dei brani (prima di poter essere incisi, venivano sottoposti all’analisi di varie commissioni, tanto che molti artisti cominciarono a lavorare di metafore per evitare di affrontare il problema censura…), e il free jazz (con artisti come Joachim Kühn, Friedhelm Schönfeld, Manfred Schulze, Conny Bauer, Zentralquartett, Hering, Manfred Schulze e Günter Sommer), che nell’ex Repubblica socialista trovò terreno molto fertile sia perchè c’era una grande tradizione di formazione classica per gli strumenti a fiato, sia perchè l’astrattismo del jazz garantiva agli artisti la massima libertà di espressione senza correre il rischio di doversi scontrare con le problematiche della censura socialista. Inoltre la scarsità di materiale da ascolto d’importazione proveniente dagli USA o dalla Germania Ovest a causa delle difficoltà di circolazione delle merci (dischi compresi) verso la cosiddetta cortina di ferro e quindi la mancanza di grandi punti di riferimento fece si che il free jazz della Germania orientale intraprese un percorso autonomo ed indipendente rispetto al genere sviluppato da Ornette Coleman in occidente.

 

Al dunque

Fatto questo lungo (e spero non noioso) preambolo storico, andiamo a focalizzare la nostra attenzione sul segmento del Krautrock che interessa i nostri lettori: cioè il filone elettronico della Kosmische Musik anche noto come Sequencer Music o Space Rock.

Bisogna innanzitutto dire che una gran fetta delle produzioni dell’epoca può risultare, all’orecchio dell’ascoltatore contemporaneo, indigesta e superata. Molti artisti di quel periodo si lasciarono letteralmente sopraffare dal privilegio di possedere delle tecnologie molto costose e di difficile gestione (i primi sintetizzatori costavano l’ira di Dio e per comprenderne il funzionamento ci si doveva basare solo sulla sperimentazione e sui pochi manuali disponibili… le informazioni non fluivano rapidissime come oggi), molti dischi di space rock erano un tripudio di lfo, effetti d’echo, soundscapes, ma freddi e poco comunicativi.

Di questa cosa ne sono diventati consapevoli anche molti pionieri del genere, che spesso hanno ripudiato gran parte del lavoro prodotto, tanto è vero che uno dei musicisti dei Cluster ammise in un’intervista disponibile nel lunghissimo documentario  “Kraut & Rüben“ (disponibile youtube, in lingua tedesca) di aver sperimentato a lungo su frequenze sonore sbagliate che gli hanno provocato problemi allo stomaco.

Sulla luce di queste esperienze, il musicista che vuole avvicinarsi a questo genere musicale ha l’obbligo di ascoltare molte delle produzioni di quel periodo, sia per comprendere come realizzare sonorità interessanti sia per evitare di compiere gli stessi errori compiuti nel passato. Diciamo che l’accesso di massa alle tecnologie di generazione sonora grazie alla sintesi virtuale ha in parte sfatato il valore di alcuni lavori dell’epoca incentrati quasi esclusivamente sul massiccio impiego delle tecnologie disponibili.

In questo nostro esempio proveremo a realizzare un brano riprendendo l’insegnamento di Klaus Schulze, forse uno dei pochi esponenti di questo genere che è riuscito a dare un’anima alle macchine (suggerisco a tal proposito di ascoltare gli album Irrlicht e Cyborg e l’esecuzione dal vivo del 1977 per l’emittente televisiva WDR di Colonia), coniugando con successo, soprattutto nella prima fase della carriera, la ricerca sonora, lo spirito quasi jazzistico dell’improvvisazione e le intenzioni spirituali del raga indiano (non a caso Schulze è stato anche membro fondatore della formazione degli Ash Ra Tempel).

La realizzazione del brano sarà articolata in tre “puntate” essendo esso stesso basato su tre sezioni, la prima delle quali verrà di seguito analizzata.

 

Prima parte

La prima parte del brano è strutturata su delle “fasce” sonore, create con 5 strumenti virtuali. Andiamo ad approfondire quali strumenti vst sono stati impiegati.

1) Dronos

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Il Dronos è un notevole plug-in sviluppato dall’interessantissimo (nonché tedeschissimo) sviluppatore WOK,   (da cui potete scaricare la stessa versione demo del plug-in che io ho impiegato per questo articolo), che ha realizzato una serie di plug-in pensando quasi esclusivamente al Krautrock elettronico (oltre a Dronos e alle stringmachine Cromina ed Estrima, consiglio di andare a visionare anche la sezione dedicata ai plug-in MIDI tra i quali primeggia il bellissimo stepsequencer Clockwork).

Dronos ha una struttura molto semplice, ma nella sua semplicità è in grado di sviluppare delle sonorità cangianti e ricche di  “movimenti”. Con il comando Slope andremo a modificare i controlli di Attack e Realease degli inviluppi (per il tempo di Attack consiglio di giocare anche con la modulation wheel), con il Tone modificheremo il colore del suono (più chiaro e trasparente o più scuro), con il Glide lavoreremo sul portamento, con il comando A/B avremo un passaggio tra varianti sonore (switchando su B avremo una distorsione di fase), il comando 0/1  introdurrà delle variazioni ritmiche sempre allineate sul bpm dell’host all’interno del quale impieghiamo Dronos.

Su questa traccia lanceremo una nota singola, un Mi basso, che avrà inizialmente una durata limitata (una sorta di grido solitario di un animale preistorico nel gelo dell’oceano sonoro sintetico…) e, poi, partiremo con un bordone sempre sulla stessa nota;  il bordone  continuerà per quasi tutto il brano, con delle variazioni nel volume sonoro per lasciare spazio ad altri suoni. In una seconda fase, inizieremo a modificare i parametri del Dronos in modo da dare movimento continuo a questa prima fascia sonora.

 

2) Dronos + Glitch

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Dopo il primo urlo disperato nel silenzio del primo Dronos, faremo partire un secondo plug-in del Dronos, replicando il bordone di Mi, ma eseguito su un’ottava più alta. Prima di lanciare il Dronos, alzeremo il livello di portamento dello strumento per creare un’entrata tonalmente spiazzante. Continueremo a far stazionare il suono finchè non incrementeremo il livello del parametro mix (posizionato inizialmente sul minimo) di un effetto che abbiamo applicato al Dronos: il Glitch.

Presente nell’old vst plug-in pack della Illformed (scaricabile gratis a questo link ), è un sistema molto interessante (dallo stesso sito è presente anche la nuova versione, molto evoluta ma a pagamento…) assimilabile ad uno step sequencer liberamente configurabile nel numero di step; ad ogni step sarà abbinato un effetto sonoro scelto tra  tape stop,  modulator, un retrigger,  shuffler,  reverser,  crusher,  gater,  delay e  stretcher. Ogni singolo effetto è ricco di parametri ed è simboleggiato da un colore differente. Ad ogni colore inserito nello step sequencer corrisponderà un effetto.

E’ possibile memorizzare fino a 4 templates e fino a 16 pattern banks. È proprio l’impiego del Glitch che ci permetterà di far ruggire come una tigre (una volta portati il livello del parametro mix al 100%) quello che un tempo era un mite bordone in Mi.

 

3) ESLine + Elottronix XL

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A questo punto, dopo i due bordoni, facciamo partire il suono che darà l’anima a questa prima parte del brano.

Questo suono è costituito dalla bellissima (quanto gratuita!!) stringmachine ESLine della Elektrostudio  (scaricatevi tutto il pacchetto di plugin Elektrostudio, totalmente freeware, non è un consiglio, è un ORDINE!).

La ESLine è una replica molto fedele dell’Arp Solina, macchina elettronica per gli archi, molto impiegata nella musica elettronica.  Una string machine era una sorta di “spin off” degli organi combo, i cui primi modelli offrivano spesso un pacchetto unico, completo anche di suoni d’arco… questo finchè i produttori non si resero conto che era molto più proficuo separare le sonorità, per mettere in commercio macchine destinate alla funzione esclusiva di organo o di stringmachine.

La tecnologia delle stringmachine è basata sui divisori di frequenza, e quindi questi strumenti sono in grado di generare un suono polifonico ma (come per gli organi combo) molto statico, ideale per i pads, ma bisognoso di una catena di modulazione per aggiungere un po’ di vita al suono. ESLine dispone di una catena effetti basata sul pulsante di modulation (che aggiunge un vibrato), su un phaser e su un echo stereofonico.

Effetteremo l’ESLine con un altro interessante plugin, l’Elottronix XL una versione espansa del Frippetronics di crimsoniana memoria, in grado di generare dei “canoni” sonori grazie ad una doppia tapemachine virtuale: combinando i ritardi dei due nastri si riescono ad ottenere delle soundscapes molto lunghe ed articolate.

La versione XL dell’Elottronix  piace particolarmente perchè, oltre ai tapes,  consente di manipolare il suono con un doppio filtro multimodo (uno per nastro) e con un noise generator molto particolare. Sebbene il plugin sia abbastanza datato, lo uso spesso per generare delle soundscapes che respirino a lungo anche impiegando pochissime note. Per questo brano ho impiegato dei semplici bicordi (senza mai impiegare il terzo grado della scala per proiettare l’atmosfera del brano in una dimensione incerta e indefinita) eseguiti con intervalli abbastanza lunghi, in modo da dare la possibilità all’Elottronix di respirare ed esprimere tutto il suo potenziale.

4) ComboF

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Un’altra tipologia di strumento spesso impiegato in questo genere musicale è rappresentata dagli organi combo.

Il ComboF, un altro plugin freeware, scaricabile da questo link  e rappresenta un’emulazione molto fedele del Farfisa Mini Deluxe Compact mk2, che ci darà quelle sonorità tipicamente ronzanti presenti anche in tanti dischi di musica pop e psichedelica della fine degli anni ‘70.

In questo caso, ho aggiunto un semplice effetto di autopan eseguendo dei power chords per enfatizzare alcuni passaggi della parte centrale e finale del brano. Per la cronaca: dal sito di Martinic è possibile scaricare un’altra bellissima emulazione: l’organo combo VOX Continental.

 

5) Scanned Synth Pro

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Questo synth della Humanoid Sound System   riprende l’innovativa tecnica di sintesi sviluppata verso la fine degli anni ‘90, denominata Scanned Synthesis, che genera suoni mediante la scansione di un sistema dinamico a una velocità determinata dal pitch impiegato.

A questo link è possibile approfondire i dettagli di questa tipologia di sintesi; dopo un’attenta lettura e una prova sul campo grazie alla versione demo del SSP, riusciremo a comprendere meglio i concetti di hammer, nodi sonori e massa.

L’essenza della Scanned Synthesis consiste nell’impiego di un oggetto vibrante in modo lento:  le sue frequenze di risonanza sono sufficientemente basse da far che il musicista possa manipolare direttamente le vibrazioni dell’oggetto stesso con determinate azioni finalizzate alla deformazione della  forma dell’oggetto, lungo un percorso con una funzione di scansione periodica il cui periodo è la frequenza fondamentale del suono che vogliamo creare.

La funzione di scansione determina la trasformazione della spazialità della forma d’onda dell’oggetto in un’onda sonora con frequenze audio che l’orecchio può sentire.

Immaginiamo un foglio di carta su cui diamo dei colpi con un martello (hammer) che determinano delle increspature (i cui picchi sono i nodi) e in cui la distanza tra le increspature determina degli ammassi più o meno intensi (a seconda della distanza tra le increspature).

 

Le sezioni Modulation e Synthesis

Se le pagine contenenti i parametri di Modulation (due LFO e due inviluppi facilmente gestibili), di Effects (Reverb, Echo, Flanger, Chorus e un doppio filtro multimodo) e di Master (un inviluppo sul VCA, comandi generali di volume, pitch e portamento) possono risultare immediatamente comprensibili, la sezione Synthesis è un pochino più complessa.

La pagina è suddivisa in ulteriori sottosezioni:

  • Hammer: i controlli del gruppo Hammer sono utilizzati per impostare gli attributi dell’attacco del suono sul “nodo sonoro” desunto dalla sua frequenza di campionamento. Il parametro di Scale definisce la pesantezza dell’Hammer, in altre parole un alto valore di questo parametro produce un suono più morbido, un basso valore lo rende più aggressivo. Il parametro Shape imposta la forma dell’Hammer. È disponibile una ricchissima varietà di forme d’onda (dalle classiche analogiche a quelle in FM, passando per forme d’onda che richiamano gli ottoni, i pianoforti elettrici, gli organi, i legni e tante altre tipologie).
  • Update Rate: i controlli di questo gruppo servono per impostare la velocità con cui le posizioni dei “nodi sonori” vengono aggiornati nel tempo. Il parametro Rate imposta il numero di ripetizioni con cui i “nodi” sono letti al secondo. Il parametro Modulation Source imposta la sorgente di modulazione assegnata alla frequenza di aggiornamento. Con l’Amount, aggiungiamo o sottraiamo all’intensità di intervento della modulazione.
  • Centre Wave: imposteremo la forma d’onda impiegata nella posizione di riposo dei nodi.
  • Centre Force Scale: qui gestiamo la dimensione della forza che tira i nodi verso le posizioni di riposo e  come la forza degli stessi viene modulato nel tempo. Il parametro Strength ci consentirà di gestire la dimensione della forza impiegata.
  • Mass: qui imposteremo la distribuzione della massa tra i nodi. Le interazioni tra i parametri di questo gruppo sono quelle che ci consentiranno di ottenere gli effetti sonori più interessanti e tipicizzanti di SSP.

È proprio lavorando sui parametri di questa sezione che sono riuscito ad ottenere l’effetto sonoro impiegato per il brano: una sorta di suono proveniente da un cavo elettrico imbizzarrito che si contorce su sé stesso simboleggiante la natura selvaggia e speso difficilmente “addomesticabile” della musica elettronica.

Qui potete ascoltare il risultato di questo primo esperimento. Nel prossimo appuntamento cliccheremo sul pulsante start dello stepsequencer.

Preparate i delay….

 

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Comments (14)

  • Maurizio Alvino

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    Articolo croccante e gustoso

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  • Ciro Urselli

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    Dire interessante, è poco. Bravissimo e super complimenti ! Ottimo articolo, finalmente non solo gli addetti al settore, ma, anche i semplici appassionati di Kosmiche Musik potranno sperimentare ed emulare le tanto fascinose sonorità. Spero che nel tempo oltre le tre parti già previste si continui su questi argomenti di creazione della musica.
    A presto …

    Reply

  • Riccardo

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    Complimenti!!

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  • Antonio Antetomaso

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    Complimenti Attilio, articolo interessantissimo. Peccato che i plugins della Elektrostudio siano solo per Windows :-(.
    Sono veramente ben fatti.

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  • synthy

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    yum yum…

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  • Attilio De Simone

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    Ciao Antonio, in realtà è possibile testare i vst su Mac. Dovresti scaricarti la versione software del V-Machine per Mac, importi i plugin (basta leggere un poco il manuale) e potrai usare i vst su Mac senza problemi. Il software (almeno la versione PC) non è un campione di stabilità, ma se si usano plugin non troppo comlpessi (praticamente i plugin che hanno solo la dll e non devono impiegare altri files) come è il caso dei plugin Elektrostudio, lavori tranquilllo. Potrai caricare fino a 4 synth contemporaneamente (suonabili su vari canali midi, o splittati su più sezioni di un unico canale midi o suonabili in contemporanea con il multilayer), aggiungere due effetti per singolo canale più altri due in send.

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    • Antonio Antetomaso

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      Ciao Attilio, grazie della dritta. Proverò sicuramente.

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  • Astrolabio

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    Slurp! Veramente gustosi 😉

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  • Mauro

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    Chapeau!

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