Un brano in stile Krautrock – Parte terza

Written by Attilio De Simone on . Posted in Tutorial

L’ultima parte dell’articolo sul Krautrock è incentrato sulla realizzazione delle sonorità su cui articoleremo il nostro solo, assolutamente vintage.

Di Attilio De Simone

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Nella seconda puntata dell’articolo abbiamo analizzato il modo in cui strutturare una sequenza elettronica grazie all’impiego di uno step sequencer. Adesso faremo delle riflessioni sull’opportunità o meno di inserire un solo proprio durante alcune fasi della sequenza.

Di Attilio De Simone

Va detto innanzitutto che la space musik esce completamente dai canoni tradizionali della musica rock e pop, e quindi la presenza di un solo non va ritenuta in alcun modo obbligatoria. Bisogna considerare, pertanto, di volta in volta l’opportunità di integrare o meno un solo all’interno dell’architettura di un brano a cui stiamo lavorando. Nel caso in cui dovessimo ritenere che un solo “è proprio la morte sua” allora dovremo fare ulteriori considerazioni. Il lavoro di sound design si fa quindi fondamentale.

Più che la scelta delle note, sarà la colorazione che daremo al suono a determinare l’atmosfera del brano.

Per quel che concerne la scelta delle note, la mia esperienza fatta in Germania collaborando con alcuni artisti che hanno cavalcato questo genere proprio nel periodo d’oro, cioè negli anni ‘70, mi porta a dire che la presenza di una melodia può andare bene.

Anche la ripetizione aiuta: ripetere più volte una frase serve a creare il mood giusto nell’ascoltatore. Ascoltando alcuni live di Klaus Schulze (registrate in decenni differenti) si può notare come egli tenda a ripetere alcune sequenze di note durante il fraseggio solistico riprendendole più volte, in alcuni casi riprende addirittura le stesse melodie a distanza di anni in esecuzioni live dai contenti sonori molto differenti gli uni dagli altri. Questa tendenza a conservare, memorizzare e ripresentare a distanza di anni le stesse note e le stesse melodie l’ho riscontrata in più artisti legati a quel movimento musicale, sebbene ciò non sia un elemento stilistico consapevole.

Per strutturare il solo (sviluppato lungo la sequenza sintetica descritta nel precedente articolo) ho scelto le note impiegando due scale pentatoniche, una in mi minore e una in la minore. Premesso che il contesto armonico è un la minore, ho tenuto ad utilizzare pochissime volte, durante l’escursione solistica, la nota di do, enfatizzando pertanto dei colori solistici meno definiti. Inoltre, l’impiego della scala pentatonica di mi minore, mi ha aiutato ad enfatizzare il quarto grado sia della scala di la minore che di mi minore, avvicinandomi ai fraseggi tipici di tanta musica progressive e elettronica.

Per questa terza parte dell’articolo ho utilizzato i seguenti plugin:

1) Micromoon

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Il Micromoon fa parte della già citata suite di plugin della Elektrostudio. Ispirato al Micromoog, prodotto da Moog intorno al 1975, che si poneva come alternativa economica al Minimoog (la tecnologia e la struttura di base erano simili a quelli del Minimoog, con la differenza che il modello Micro era basato su un singolo oscillatore). Pur con questa pesante limitazione, le capacità sonore del Micromoog non vanno sottovalutate. Il filtro Lowpass a 24 dB garantisce allo strumento la capacità di scolpire il suono in modo aggressivo e ben definito.

Visto che stiamo lavorando con il suono clone virtuale, le problematiche relative alla povertà costruttiva di alcuni elementi del corrispettivo hardware non ci interesseranno. Abbiamo utilizzato il Micromoog per definire un primo suono di base, strutturato su un attacco molto aggressivo e sulle armoniche più acute. Ho sfruttato anche la presenza di un chorus e un delay (implementati sullo strumento virtuale, anche se mancanti nell’hardware clonato)

 

2) Model Pro

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Il Model Pro sempre della Elektrostudio è fortemente ispirato al Moog Prodigy, messo in commercio da Moog alla fine degli anni ‘70 e destinato ad un’utenza entry level.

Fortemente ispirato al Minimoog (ma con un oscillatore in meno) col tempo il Prodigy si è conquistato l’interesse dei collezionisti e dei musicisti grazie alla qualità dei componenti utilizzati che hanno reso questo strumento molto indicato per la musica techno ed elettronica, soprattutto per definire le frequenze basse. In questo caso ho utilizzato il clone virtuale del Prodigy per realizzare un bel suono nasale su frequenze di un’ottava più bassa rispetto a quella impiegata per il Micromoon.

L’accoppiata di questi due suoni garantisce al solo un’impronta sonora molto particolare, sicuramente l’ideale per il genere “estremo” dello sparce rock.

A questo link potete ascoltare l’intero brano costruito durante i nostri appuntamenti dedicati al genere del Krautrock. Sarebbe interessante se i nostri lettori provassero a cimentarsi con questo genere postando il frutto della loro sperimentazione.

Buon divertimento.

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Comments (2)

  • Viamic

    |

    Grazie per gli articoli!

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  • Ciro Urselli

    |

    Grandioso, finalmente qualche “trucchetto” svelato su questo genere musicale che ci ha fatto letteralmente (e non solo…) viaggiare. Complimenti !!! ps. a quando altri articoli ?

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