Quattro chiacchiere sul suono analogico – seconda parte

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Anche il microfono, come lo speaker, è un trasduttore; da un certo punto di vista, il suo comportamento è specularmente inverso a quello del diffusore: nel microfono, è la variazione di pressione sonora che mettendo in movimento la membrana interna genera una variazione di potenziale elettrico rilevabile agli estremi dell’avvolgimento; nello speaker, è la variazione di potenziale elettrico nella bobina che mette in movimento la membrana in cartone  spostando l’aria e ricreando le variazioni di pressione sonora originali.

Di Enrico Cosimi

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In teoria, una cassa speaker o l’auricolare di una cuffia potrebbero essere utilizzati – con una certa fatica – come microfoni, ma chiaramente i risultati lascerebbero  a desiderare… Tra microfono e speaker ci sono ovviamente delle differenze: il cono di un altoparlante è troppo pesante per poter essere spostato da un suono che non sia meno che assordante; nei microfoni dinamici, l’elemento al quale è attaccata la bobina magnetica è costituito da una leggerissima membrana  (sensibile al minimo spostamento) e la corrente utilizzata è significativamente più bassa di quelle utilizzate per pilotare gli altoparlanti.

 

Tipologie di microfoni

Anche se tutti i microfoni sono disegnati con lo stesso scopo, ovvero convertire le variazioni di pressione sonora in segnali elettrici, nel corso degli anni sono state identificate diverse tecnologie e soluzioni costruttive  caratterizzate da comportamenti peculiari che vale la pena di conoscere anche solo genericamente.

Senza oltrepassare i limiti imposti a questo testo ampiamente debitore a vecchie pubblicazioni dello scorso secolo (eh eh eh, grazie Ferdinand!), è possibile indicare diversi criteri di catalogazione per i microfoni:

in relazione alla pressione sonora o meglio in base alla grandezza del campo sonoro che li attiva

  • microfoni a gradiente di pressione (direzionali); ambedue le facce della membrana sono esposte alla pressione sonora, le differenti conseguenze meccaniche della pressione sulle due facce (eccitazione e smorzamento), rendono il comportamento del microfono sensibile alla direzione da cui proviene il segnale sonoro;
  • microfoni a pressione (quasi tutti omnidirezionali); in un microfono a pressione, solo una delle due superfici della membrana è esposta alla variazione sonora; la membrana è sensibile all’energia sonora che la raggiunge indiscriminatamente da qualsiasi direzione.

 in relazione al principio di funzionamento:

  • capsule a velocità (la tensione di uscita è proporzionale alla velocità di spostamento della membrana); rientrano in questo gruppo i microfoni dinamici;
  • capsule a elongazione (la tensione di uscita è proporzionale allo spostamento elastico della membrana); rientrano in questo gruppo i microfoni a condensatore ed i microfoni piezoelettrici;

in relazione al tipo di trasduttore:

  • microfoni con trasduttore attivo, che devono essere alimentati con una tensione esterna; rientrano in questo gruppo i microfoni a condensatore;
  • microfoni con trasduttore passivo; per convertire l’energia sonora in energia elettrica non hanno bisogno di alimentazione esterna; rientrano in questo gruppo i microfoni dinamici, quelli piezoelettrici e quelli a condensatore permanentemente elettrificato – chiamati electret.

 

Microfoni diffusi commercialmente

Sul mercato sono oggi commercialmente diffusi tre tipi di microfono che, in base al loro funzionamento, vengono comunemente indicati come: microfoni dinamici, a nastro ed a condensatore.

 

Microfoni dinamici: struttura e peculiarità

I microfoni dinamici – a bobina mobile – sono i più facili da costruire ed i più “economici” da utilizzare: impiegano una tecnologia che (come accennavamo in precedenza) rovescia il funzionamento basilare dello speaker;  il loro funzionamento si basa su un diaframma in plastica o in metallo agganciato ad un avvolgimento in rame sospeso all’interno di un campo magnetico; il materiale che forma il diaframma non ha importanza dal punto di vista elettrico perché il suo ruolo è solo quello di farsi spostare dalla pressione delle onde sonore che lo raggiungono.

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La fluttuazione magnetica è tradotta in fluttuazione elettrica; questa corrisponderà alla variazione di pressione nella forma d’onda originale. A differenza di altri tipi di microfono, il magnete fisso del microfono dinamico funziona senza necessità di alimentazione esterna, perché al momento della sua costruzione viene caricato permanentemente. La robustezza necessaria alla membrana – per garantirne la sopravvivenza quotidiana – rende il microfono dinamico meno sensibile (in misura più che tollerabile) rispetto ad altri tipi di microfono.

Proprio per la loro costruzione più robusta, i microfoni dinamici risultano meno delicati di altri e  all’impiego dal vivo; la loro risposta in frequenza non è particolarmente lineare e presenta molto spesso un picco di ampiezza concentrato in una posizione variabile tra i 5 e i 10 kHz. Un fonico consapevole potrebbe sfruttare proficuamente tale comportamento, magari per fare emergere facilmente il cantato all’interno di un live mix fin troppo denso…

 

Microfoni a nastro: struttura e peculiarità

I microfoni a nastro sono strettamente imparentati con i microfoni dinamici ed utilizzano come diaframma un sottilissimo nastro metallico permanentemente sospeso tra i poli di una  calamita. Il nastro metallico viene messo in movimento con le fluttuazioni di pressione nell’aria ed il suo spostamento – all’interno del magnete – produce una variazione elettrica  successivamente  pre amplificata per poter arrivare ad un livello significativo e sufficiente ai successivi stadi di trattamento. Come è facile immaginare, il microfono a nastro è più costoso e delicato di uno dinamico, ma ha una maggior sensibilità che può gratificare il fonico per la qualità dei risultati ottenibili.

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Un microfono a nastro è il nemico giurato dell’alimentazione phantom: mentre il microfono dinamico rimane del tutto indifferente, mentre il microfono a condensatore deve essere alimentato phantom, il microfono a nastro – semplicemente – viene distrutto dall’alimentazione esterna phantom. Mai mai mai mai mandare i +48 a un microfono a nastro.

 

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Microfoni a condensatore: struttura e peculiarità

I microfoni a condensatore sono quelli utilizzati più comunemente in uno studio di registrazione; il loro funzionamento si basa sull’impiego di un sottilissimo diaframma realizzato in materiale elettricamente conduttivo (di solito si tratta di metallo o plastica rivestita in oro depositato per evaporazione) che viene sospeso sopra un supporto perforato, definito contro elettrodo.

L’insieme del diaframma e del supporto forma un condensatore variabile che (in base all’elongazione della membrana) modifica la sua capacità, producendo una tensione proporzionale al segnale audio eccitatore. Quando le onde sonore raggiungono la membrana, la mettono in movimento variando la distanza tra questa ed il contro elettrodo; parallelamente alla variazione di distanza, si otterrà una variazione di tensione in uscita.

Per poter funzionare, il circuito ha bisogno di  alimentazione elettrica  fornita mediante circuitazione esterna o con una batteria alloggiata  nel fusto del microfono; l’eventuale alimentazione esterna può essere realizzata con un apparecchio dedicato (ed in tal caso, il cavo multiconnettore che collega alimentatore e microfono sarà di formato proprietario, o con la semplice connessioni XLR bilanciata tra mixer e microfono; in quest’ultimo caso, la tensione + 48 Volt inviata dal mixer prende il nome tradizionale di phantom power.

Come è facile immaginare, un microfono a condensatore può essere molto delicato e molto costoso; esistono anche versioni condenser “per il palco”, ma è sempre meglio trattarli con una certa cautela.

 

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Comments (1)

  • SYNTHY

    |

    bravo Enrico, la stai facendo così dannatamente semplice che diventa impossibile non capire, ma ben sappiamo che le sorprese sono dietro l’angolo

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