Postille critiche per una Storia della Tecnologia Musicale – 01

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Questa settimana, dopo la lunga pausa estiva, è ripresa la didattica che, indegnamente, porto avanti all’interno del Corso di Laurea in Tecnologie per i Media e per la Comunicazione. Come tradizione, le prime lezioni sono dedicate a una sorta d’inquadramento storico relativo a cosa è successo di significativo nello scorso secolo, collegando – ove possibile – l’evoluzione della Musica Elettronica al progresso della Tecnologia (si noti l’uso del maiuscolo) applicata a questa forma espressiva.

Di Enrico Cosimi

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Questa volta, nell’anno di grazia 2015, voglio provare a riversare periodicamente sulle pagine virtuali di ACM gli spunti di riflessione, quelle tematiche che potrebbero divenire domanda d’esame per il frequentante, ma che possono assumere valore di spunto sul quale riflettere per qualsiasi musicista elettronico che voglia non limitarsi alla ubiqua cassa dritta. Insomma, come dicevano ai bei tempi: “se non conosci quello che è successo prima, come fai a decidere cosa sarai domani?”.

Da questo punto di vista, la scelta degli Intonarumori di Russolo e Piatti, come apertura d’articolo assume un valore particolarmente polemizzante polemizzabile:

  1. In che misura la tecnologia deve o può influenzare l’esecuzione musicale? La disponibilità di un nuovo mezzo espressivo, fatta la tara della filosofia futurista e degli addentellati che sono ad essa collegata, può deviare la traiettoria compositiva (prima) e performativa (dopo) rispetto a quanto potrebbe una struttura più tradizionale?
  2. Ancora: la disponibilità improvvisa e non maturata attraverso anni di pratica compositiva di un nuovo mezzo espressivo, quanto può/deve influenzare la valutazione critica nell’ascolto di un brano della “nuova musica”?
  3. “Serenata per intonarumori e strumenti” (approssimativamente, del 1920 – qualcuno la indica come Corale), ascoltabile qui nel solito, frusto, segmento sonoro sopravvissuto, deve essere interpretata come semplice contrapposizione della massa orchestrale e rumoristica o deve essere considerata in maniera differente?
  4. In epoche molto più recenti, quante volte (ci) è capitato di ascoltare composizioni che rivelano inequivocabilmente la loro motivazione di dimostrazione timbrica per un determinato ritrovato tecnologico?

A proposito: qui, è possibile ascoltare con maggior chiarezza il risultato ottenibile dalla ricostruzione contemporanea degli intonarumori.

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Comments (4)

  • Attilio De Simone

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    Dò il mio miserrimo contributo, partecipando a questa interessante discussione.
    1) La tecnologia ha sempre influenzato sia l’esecuzione musicale che la composizione. E questo da prima che esistesse l’elettronica. Basti pensare a cosa accadde quando irruppe sulla scena il pianoforte, come evoluzione del fortepiano, dando vita a nuovi stili e filoni musicali, che sono andati ad influenzare altri settori della cultura e della vita.
    2) La valutazione critica (se ponderata da un critico coscienzioso ed esperto, non considerando l’opinione dell’ascoltatore, libero di dire “mi piace” o “non mi piace” sulla base della sua maggiore o minore esperienza di ascolto) deve fregarsene della tecnologia impiegata, ma deve andare a soffermarsi innanzitutto sull’impatto emotivo (la composizione suscita pathos, è in grado di rappresentare il mistero affascinante che dovrebbe contenere una composizione ispirata?) poi su quelli tecnici (il compositore che utilizza determinate tecnologie, lo fa in modo consapevole o cerca il suono “nuovo” solo per nascondere le proprie lacune compositive e l’ignoranza di quanto fatto nel passato da altri compositori? Per me il discorso del pittore di “avanguardia” del film “Teorema” di Pasolini ha un valore assoluto).
    3) La nuova tecnologia deve andare ad integrarsi all’interno della strumentazione preesistente. Abbiamo già avuto musica “perfetta” nel passato, l’orchestra convenzionale dovrebbe bastare, ma non si può non tenere conto del fatto che la vita è cambiata, ci sono stati l’industrializzazione, la bomba atomica, l’elettronica, il digitale, internet, la fisica quantistica, i viaggi nello spazio nel frattempo. Tutte queste esperienze umane non possono non essere prese in considerazione nel momento in cui si va ad orchestrare. L’orchestra tradizionale non deve bastare più, semplicemente perchè l’esperienza umana si è arricchita (o impoverita?) di nuove esperienze e nuovi suoni e rumori.
    4) Purtroppo per molti non esiste più la composizione. Internet è piena di video di feticisti dei sintetizzatori che propongono ore e ore di suoni privi di ispirazione che cercano di riprendere sonorità di artisti del passato, o di musicisti il cui intento è quello di mettere in evidenza gli strumenti che posseggono. Questa non è musica, il suono deve essere funzionale ad un’idea, deve essere l’impalcatura dell’architettura musicale (e l’architettura musicale non è solo suono, ma anche idea, tensione, pathos, mistero, elementi che vanno al di là del suono e che sono il frutto della combinazione di suoni e di tensioni, non dimentichiamoci che fanno parte della musica anche le pause, cioè il silenzio, il suono del nulla, e questo dimostra che l’architettura complessiva di un’idea musicale va, anzi deve andare al di là del suono). Il problema è che oggi viviamo in un periodo di feticismo per gli strumenti musicali, in cui l’unico protagonista è lo strumento stesso ma non c’è più l’uomo. Per questi feticisti la vera pop star è lo strumento. E le loro “composizioni” sono solo un’esibizione delle potenzialità tecniche degli strumenti. In pratica viviamo all’interno di uno spot pubblicitario dimostrativo di apparecchiature.

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    • Giovanni

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      Completamente d’accordo!

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  • Alessandro Torielli

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    1) Se la tecnologia migliora l’espressività del musicista creativo si. Se la tecnologia viene usata solo per “stupire” l’ascoltatore no.

    2) I nuovi mezzi espressivi disponibili danno spesso risultati impredicibili (penso ad esempio ai più complessi sintetizzatori modulari), qui è difficile ripetere una performance pari pari ma se il musicista riesce sempre a trasmettere un certo pathos con il suo stile merita di essere valutato dalla critica come tutti gli altri.

    3) Le sperimentazioni stupiscono e provocano sempre gli ascoltatori. Se trovano un terreno fertile (apprezzamento e voglia di ascoltare ancora) allora danno vita a qualche cosa di nuovo.

    4) Concordo pienamente con Attilio. Mi vengono in mente quegli stereofili che cambiano continuamente componenti e ascoltano sempre lo stesso disco.

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  • synthy

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    il mio piccolo contributo riflessivo:

    1-la tecnologia o meglio la sua evoluzione DEVE, ed inevitabilmente lo fa, influenzare l’esecuzione e la composizione musicale altrimenti non ci sarebbe evoluzione, progressione in avanti (nel bene e purtroppo nel male)

    2- la valutazione dell’ascolto di un brano non deve IMHO influenzare la valutazione critica nell’ascolto di un brano della “nuova musica”, che dovrebbe essere concentrata sul contenuto musicale e non sul mezzo

    3-sono al lavoro e non ho modo di ascoltarla

    4- è senza dubbio un’epoca di ostentività forse dovuta al fatto che i ggiovani di oggi non essendo cresciuti col mezzo analogico per una mera questione temporale e la quasi scomparsa di tale mezzo per mera questione economica, porta quest’epoca attuale ad essere una novità per i giovani ed un ritorno “replica” per i vecchietti: i primi sono quelli che compongono con l’involontario intento di mostrare la superiorità del proprio “nuovo” mezzo, gli altri sono quelli che avendo un’impronta mnemonica musicale “antica” continueranno a fare paragoni e ad elencare pregi e difetti del nuovo VS vecchio finendo a dire: “ah che bei suoni, che belle macchine ai nostri tempi, mica sta roba nuova qui”, dimenticandosi che anche la cosa più analogica del mondo, la natura, si evolve e cambia.

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