PIANO COMPING & VOICING IN PILLOLE – Seconda parte

Written by Antonio Antetomaso on . Posted in Tutorial

Entriamo nel vivo dell’argomento, iniziando a trattare i trucchetti che riguardano il comping  e i voicings da usare per le situazioni di piano solo, o in duo con un solista. In realtà, lo scenario tipico in cui applicare quanto spiegherò è quello in cui, per nostra sfortuna o fortuna ci troviamo a suonare senza il basso…

 

di Antonio Antetomaso

 

 

Prima di partire, vi consiglio di avere ben chiari i concetti di “costruzione di accordi”, “armonizzazione di scale” e “pattern II-V-I”. Vi serviranno per prendere pratica con quanto illustrato.

Come dicevamo nella prima puntata, il compito di un buon comper è quello di far riconoscere l’armonia principale del brano che si sta suonando ed eventualmente arricchirla in modo tale da valorizzare il lavoro del solista. In tal caso, il fatto che non abbiamo il basso (che, fino a prova contraria, è da considerare come una delle fondamenta dell’armonia di un brano), significa che ci vengono inesorabilmente a mancare le note più importanti ai fini della determinazione del contesto armonico, prima fra tutte la tonica di un accordo, a seguire la terza e poi la settima.

Se non possiamo contare su questo apporto dobbiamo cavarcela da soli, organizzando il nostro accompagnamento in modo tale da suonare quasi sempre le note sopra elencate con la mano sinistra. Dico “quasi sempre” perché, di tanto in tanto, si può anche deviare purché non si snaturi eccessivamente il contesto armonico di partenza, a rischio di beccarsi delle brutte occhiatacce da parte del o della solista, non preparato/a a tali deviazioni.

Nel Jazz, dove le regole vengono un po’ meno, per lasciare il posto al gusto, all’esperienza e al proprio stile, le deviazioni dal contesto armonico originale sono più frequenti che nella musica pop, ma questo non vuol dire che esse procedano “a caso” e che ciascun musicista possa sentirsi libero di fare un po’ come gli pare quando gli pare…

Un sound con la S maiuscola viene fuori proprio dal saper padroneggiare queste deviazioni ed essere capace di riprodurle a dovere, facendosi capire e seguire dalla propria band.

 

Al lavoro

Chiusa la parentesi, torniamo al comping e al voicing e cominciamo ad entrare nel pratico. Quando dobbiamo accompagnare un cantante o uno strumento solista, la mia esperienza  mi suggerisce di strutturare accordi e  armonia usando le posizioni late degli accordi o, che dir si voglia, gli open chords

Che diavolo sono? Nulla di più semplice…  Sappiamo che, semplicisticamente parlando, un accordo non è altro che una sovrapposizione di note (le voci dell’accordo, appunto) a distanza (generalmente) di una terza.

Consideriamo un accordo assai comune, Cmaj7; eccolo qui:

 

 

Questo bel grappolone di note (e i suoi eventuali rivolti) è un block chord, cioè un insieme di note a distanza di una terza “accatastate” una accanto all’altra. Dato che “se non è maschio è femmina” e “se non è zuppa è pan bagnato”, un open chord sarà il contrario di un block chord, mi basta trovare, cioè, un modo per sgrappolare il grappolo ed il gioco è fatto.

Scherzi a parte, ottenere un open chord significa sostanzialmente dividere le note dell’accordo tra le nostre due mani senza snaturare l’accordo originario, ma anzi valorizzandolo. A seconda di come divideremo l’accordo, otterremo delle posizioni più o meno funzionali che si prestano più o meno bene (nel senso che suonano più o meno bene) e concedono più o meno spazio per l’aggiunta di estensioni (9, 11,13 eccetera).

Iniziamo dalla condizione più semplice: prendo il C basso e lo regalo alla mano sinistra. Con la destra suono le altre note. Visto che però la destra ha tre note e la sinistra una sola, raddoppiamo il C alla sinistra, così è più contenta!

 

Et voilà, il primo e più semplice open chord:

 

 

Alla mano destra rimane un dito da usare…  La cosa più semplice è niente; appena sopra, come livello di complessità, è possibile  replicare il C.

Proseguendo e tenendo presente che di C ce ne sono già due, potremmo anche azzardare una nona, sia come prima nota che come ultima, oppure ancora una sesta. Se utilizziamo una nona o una sesta per la mano destra otteniamo il nostro primo voicing, in pratica un accordo senza la fondamentale (tanto la suona la sinistra) con le estensioni. In figura gli esempi al completo:

 

 

Volendo possiamo aggiungere anche le altre estensioni (11, 13) con cui “colorare” sempre di più la nostra soluzione.

Che succederebbe, se alla sinistra assegnassi la tonica e la quinta? Se avete capito il trucco, dare alla sinistra vuol dire quasi sempre togliere alla destra, per concedersi la possibilità di adottare soluzioni diverse.

Andiamo a vedere la soluzione più semplice e poi passiamo a quelle più complesse:

 

 

Semplice, ma anche efficace: provate a suonare questo accordo e sentite come canta!

Partendo da questa posizione, posso sbizzarrirmi quanto voglio, ma le soluzioni più efficaci sono le seguenti:

 

 

Di queste, la prima è detta “con raddoppio della settima”, l’ultima “quartale” perché adopera un voicing “a quarte” per la mano destra, offrendo un sound decisamente più moderno.

Le altre due soluzioni prevedono l’uso di tonica e settima e tonica e terza per la mano sinistra e le rimanenti note con le eventuali estensioni per la mano destra.

Ecco le soluzioni a mio avviso più efficaci:

 

         

 

Come comportarsi con queste posizioni? Beh, immaginate le soluzioni che si possono trovare sui vari tipi di accordi… Un mare!

Il mio suggerimento è quello di procedere, appunto, utilizzando il circolo delle quinte, l’armonizzazione delle scale e i pattern II-V-I.

Un paio di esercizi utili per farvi prendere confidenza con queste posizioni potrebbero essere:

  1. Considerate la scala maggiore. Armonizzatela a quattro suoni (facile) e provate gli open chord su di essa. Ripetete il tutto procedendo lungo il circolo delle quinte. Ad es., partendo da C, armonizzate la scala maggiore di C, quella minore melodica, quella minore armonica e provate gli open chord. Passate poi a G e così via.
  2. Considerate il pattern II-V-I per ciascuna tonalità del circolo delle quinte e provate su di esso gli open chord, magari alternando le posizioni per la mano sinistra. Ad es. considerando C, il II-V-I maggiore è dato da Dm7, G7, Cmaj7. Provare gli open chords su questa sequenza di accordi, utilizzando per la sinistra nell’ordine prima e settima, prima e terza, prima e quinta (o a vostro gusto). Passare poi a G e così via.

 

 

Avrete capito che, se si vuole migliorare, occorre soffrire; per fortuna, in quest’ambito i risultati si vedono subito.

Qualche piccolo suggerimento prima di chiudere:

  • Provate, provate, provate e assaggiate, assaggiate assaggiate. Scegliete la vostra soluzione, quella che si confà di più al vostro sound.
  • Provate a variare le soluzioni proposte.
  • Alternate le posizioni, evitando di usare sempre la stessa.
  • Provate queste soluzioni su un brano vero, di vostro piacimento. Noterete la differenza;

Nella prossima puntata parleremo di rootless voicings e le cose si complicheranno ulteriormente…

A presto!ì

 

 

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Comments (2)

  • pierpaolo sanetti

    |

    Ottimo lavoro collega musicista

    Reply

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