NATIVE INSTRUMENT MONARK: un’anticipazione

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Software

Quando, le scorse settimane, N.I. ha annunciato il nuovo soft synth, il pubblico si è equamente diviso nell’immaginare che si trattasse di una nuova revisione di Reaktor o, alternativamente, che si trattasse di una nuova ensemble sviluppata per Reaktor 5.8. Hanno vinto questi ultimi.

Di Enrico Cosimi

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MONARK è – come lascia presagire il nome – fortemente ispirato al più diffuso e testosteronico sint monofonico mai apparso al centro del panorama analogico; inutile farne il nome, basta guardare l’impaginazione dei comandi nel pannello principale.

Come per tutte le ensemble di N.I., i comandi sono disposti su Panel A e Panel B; il primo occupa l’indispensabile, cioè tutto quello che c’è sul vecchio Model D (alla fine, il nome è uscito fuori…), con lievi aggiunte e miglioramenti; nel Panel B, ci sono le customizzazioni e le personalizzazioni più interessanti.

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MONARK suona denso e potente: non solo per le demo che girano in rete, ma anche per i requisiti (96 kHz dentro Reaktor non sono uno scherzo…), è chiaro come si sia posto l’accento sulle prestazioni timbriche e, nello specifico, sulla cattiveria analogica.

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La struttura è classica: tre oscillatori audio, con il terzo che duplica il compito di LFO, più un Noise Generator, più un percorso di feedback in Overload regolabile, che confluiscono nel Mixer e, da questo, raggiungo un filtro correttamente modellato sul LP 24 dB/Oct (in aggiunta, sono disponibili altri modi di filtraggio su cui relazioneremo in breve); dal filtro all’amplificatore, il passo è breve e viene gestito attraverso una coppia di inviluppi ADS, con Release Time accomunato al controllo di Decay.

Nel percorso di modulazione, si può miscelare il segnale ciclico del terzo oscillatore con quello turbolento del noise generator. Facile come bere un bicchier d’acqua.

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Cosa c’è in più?

Diverse coserelle, ad esempio;

  • la selezione del triggeraggio singolo o multiplo;
  • la regolazione indipendente del volume di feedback loop (cioè del segnale in uscita allo strumento che viene ributtato nel percorso di filtraggio);
  • i modi di filtraggio minimoog, LP 2, LP1 e BP per diversi tipi di slope;
  • lo sganciamento individuale dei tempi di Release dalle regolazioni di Decay;
  • la key priority regolabile low, high, last;
  • il comportamento di glide freerun o gated;
  • la selezione di una curva a esse per il pitch bend, con cui avere maggior dettaglio nella parte centrale, e la definizione del massimo bend amount;
  • le regolazioni fini per la risposto LO mode nel terzo oscillatore applicata a pitch degli oscillatori e cutoff del filtro;
  • la regolazione fine della linearità nel salto di ottave in LO mode, sempre inviata a oscillatore o filtro;
  • selezione del key tracking, dell’octave detuning, della trasposizione generale di ottava per l’intero strumento, del tracciamento o meno (anche parziale) per il terzo oscillatore;
  • il comportamento di filtraggio lineare o minimoog, con attenuazione sulle basse;
  • il global leakage (cioè la diafonia delle sorgenti sonore anche a mixer spento..);
  • l’amount del drift analogico sulla linearità di accordatura.

 

MONARK richiede Reaktor 5.8; come tutte le recenti realizzazioni N.I., non è più prevista la retrocompatibilità.

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Decisamente irresistibile…

 

 

 

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Comments (9)

  • Ciro Urselli

    |

    Caro Maestro,
    il digitale sta per sorpassare l’ analogico o l’ ha già fatto in termini di resa e prestazioni sonore ? Quanto sarà più “bello” e potente il suono rispetto al riferimento originale ? Ha senso, visto le enormi potenzialità del digitale e le nuove prospettive che apre, paragonarlo con quello che è stato ? Da utente di lungo corso dei prodotti NI non posso che rallegrarmi per quest’ altro prodotto interessante !

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  • Enrico Cosimi

    |

    come al solito, c’è analogico economico e schifosetto e analogico di gran classe… dipende dalla qualità prevista dal costruttore; lo stesso discorso si può fare per il digitale. :-)

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  • semiramide

    |

    secondo me in questo momento un buon mix analogico/virtuale va più che bene. Con il computer si fanno suondscapes, tappeti ricchissimi, multilayers, ecc. poi con qualche analogico si aggiunge un pò di calore e spessore che manca. Io ho un setup collaudato con un vaio e il pacchetto komplete della Native Instruments più un moog slim phatty e un polifonico dsi tetra. Dal vivo piloto gli strumenti con Brainspawn Forte ed ho un’affidabilità enorme. Con meno di 3.000 € ho un arsenale sonoro completo. Senza contare che ormai determinati suono sono meglio digitali che su tastiere o su workstation.
    Le emulazioni dei pianoforti (sia acustici che elettrici), degli organi per esempio sono inarrivabili dalle tastiere hardware. Lounge Lizard, le librerie di piano del Kontakt oppure l’ottimo 4front truepianos (il pianoteq non mi piace, ho provato la demo del 4 ed ha sempre un suono troppo aspro per i miei gusti) sono chilometri avanti.rispetto agli.hardware. Basta trovare il giusto mix e si riesce a far convivere i due mondi perfettamente. Digitale per la stabilità dei suoni e un paio di analogici (con una catena di effetti electro harmonix, ottimi pedali a ottimo prezzo, non come gli effetti moog, che rendono i synth dei veri e propri modulari, si.chiude il cerchio). Un’ultima cosa: Reaktor ha reso determinate.tecnologie, come la sintesi granulare, effettivamente fruibili dai musicisti.

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    • gigios

      |

      “Le emulazioni dei pianoforti (sia acustici che elettrici), degli organi per esempio sono inarrivabili dalle tastiere hardware. Lounge Lizard, le librerie di piano”

      Questo l’ho creduto anch’io fino a qualche tempo fa, ma non è così
      il fatto che gli “hardware digitali” abbiano delle rom striminzite, non
      significa che debbano suonare peggio, anzi in questi ultimi due anni
      sarei ritornato a riconsiderarli, accorgendomi del fatto che per quanto
      riguarda la dinamica sonora, questi cosi ne hanno ancora di cose da
      dire.

      Reply

  • cactusound

    |

    Per l’emulazione realistica del piano mi sono accorto, con l’esperienza, che tanto la fa anche e soprattutto la meccanica della tastiera. Sembra banale a dirsi, ma provando la demo di PianoteQ, che pure io considero meno interessante degli ibridi (che elenco in ordine mio personale di preferenze: Toontrack, XLN Audio, 4front), ho scoperto che offre un’ottimo e fondamentale tutorial per calibrare la propria tastiera midi per una dinamica ottimale… ecco, come dire, dal giorno alla notte! Anche con una fatar da 2 lire.

    Per quanto riguarda l’emulazione dell’ “innominato”, non ho sentito che poche demo del Monarch delle quali mi fido sempre poco essendo spesso post-prodotte allo scopo di farti fare “ooh”, ma se per farlo suonare bene ci vogliono 96khz… così sono capaci tutti: l’oversampling esagerato farebbe suonare convincente anche l’one ping only.
    La furbizia sta, per il produttore di turno, di saper osare di “consumare” quelle risorse di CPU che anche pochi mesi fa non si sarebbe mai pensato di proporre di utilizzare… e il gioco ricomincia, tra poco tempo un i7 ultimo grido diventerà da CPU “piùbelladelmondo” a CPU “chenonbastapiùchemidevocomprareunapiùpotente”.

    Per quanto mi riguarda io uso un’ottima emulazione, ancora a mio avviso insuperata, dal lontanto 2003: il Minimax della Creamware-Sonic|Core. Che suona eccellente a 44.100 ma inarrivabile a 96khz, fino a 16 voci o quante istanze il DSP ti permette. Anche se sono consapevole che le schede DSP non stanno simpatiche a tutti.

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  • semiramide

    |

    Che per avere una buona emulazione di piano ci voglia anche una buona master keyboard è normale. Il feeling dell’esecuzione pianistica è dato dal tocco e dalla risposta del martelletto. Gli hardware sono anche cresciuti (stimolati dall’avvento della tecnologia virtuale, ma permettetemi di dire che i software hanno già sopravanzato gli hardware. I software ad emulazione pianistica più avanzati (non considero i campionamenti sul kontakt perchè per il live non sono adatti, ma considero Pianoteq, Truepianos, EZkeys e Toonetrack) consentono degli interventi sul suono pianistico che gli hardware non permettono. Gli hardware hanno la comodità di avere ottimi suoni all’interno di una tastiera con un apparato macchina stabile e quindi più adatto per il live. Ma un computer ottimizzato, abbinato ad una buona scheda audio e ad una master key ad 88 tasti di qualità e ad un software tra quelli citati (ognuno ha i suoi gusti) è molto avanti rispetto al miglior piano digitale. Questa è la mia opinione.

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  • Enrico Cosimi

    |

    A suo tempo, facemmo una prova di tipo blind test tra akustik piano, la vecchia A90 roland con scheda ve-rd1 e pianoteq – in ambiente acusticamente controllato (una bella regia, con un bell’impianto di riferimento) e, a pelle, il migliore era risultato pianoteq, specie nella risposta della tessitura media. Poi, come al solito, le valutazioni su suoni così complessi sono sempre “personali”… 😉

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    |

    Comunque sto Monark ha un suono potentissimo. Denso, ricco, bassi pieni come solo sugli analogici ho sentito. Forse Native Instruments si sta riappropriando dello spazio che gli aveva sottratto Arturia?
    Se continuassero su questa strada dei cloni via Reaktor ci si divertirebbe non poco……..

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    • Enrico Cosimi

      |

      la strada sembrerebbe quella… è da qualche anno che vendono ensemble per reaktor e – apparentemente – tralasciano ‘sto benedetto reaktor 6 che tanti aspettano :-)

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