La splendida maturità di Morton Subotnick

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Events

Grazie agli sforzi di Alessandro Albertini e  Barezzi Festival (ma anche all’amico Giovanni Amighetti che ci ha segnalato l’evento), è stato possibile concretizzare un grande concerto di musica elettronica che ha visto Morton Subotnick al sintetizzatore e Lillevan alla computer grafica rivisitare quel grande classico che risponde al nome di Silver Apples of the Moon. Il tutto, nell’inaspettata e suggestiva cornice dell’Auditorium Paganini di Parma (inevitabilmente firmato da Renzo Piano e, altrettanto inevitabilmente, architettonicamente suggestivo).

Di Enrico Cosimi

concert 1

Abbiamo già avuto modo di illustrare l’importanza di Subotnick per la Musica Elettronica e, all’interno della sua produzione, l’importanza di Silver Apples come esempio di composizione densa e dinamicamente compiuta. Nel corso dell’altrettanto densa giornata, abbiamo avuto il privilegio di porre qualche domanda al maestro che ha pazientemente condiviso con noi interessanti spunti di riflessione.

L’intervista, che potete seguire  nel video qui sotto, è partita con una domanda maliziosa, sulla differenza tra le macchine di Buchla e quelle degli altri produttori analogici del periodo. Poi, si è passati a ragionare della nuova musica elettronica, della difficoltà di comporre e realizzare Silver Apples (trenta mesi di lavoro quotidiano…), per arrivare a parlare della patch particolare, sperimentata da Subotnick per affrontare l’esperienza live.

Schermata 10-2456568 alle 11.33.58

 

Lo strumento

Morton Subotnick ha prodotto Silver Apples con il Buchla System 100, macchina modulare dotata di interessanti soluzioni costruttive, ma di sicuro superata da più recenti realizzazioni dello stesso Buchla. Per questo motivo, e non solo, l’attuale strumento portato sul palco è il ben più potente, performante e programmabile Buchla System 200e, in una configurazione particolare – per certi versi simile allo Skylark, per altri, customizzata in base alle proprie esigenze.

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Fila superiore, da sinistra verso destra

  • Model 281e Quad Function Generator (quattro inviluppi AD/AR con capacità di loop)
  • Model 292e Quad Dynamics Manager (quattro LowPass Gate)
  • Model 256e Control Voltage Processor (quattro trattamenti non lineari programmabili)
  • Model 223e Tactile Input Port (uscita per i controlli elaborati dalla superficie 222e)
  • Model 251e Quad Sequential Control Voltage Source (quattro sequenze da 50 eventi ciascuna)

 

Fila inferiore, da sinistra verso destra

  • Model 266e Source Of Uncertainty (sorgente di valori casuali)
  • Model 261e Complex Waveform Generator (oscillatore “doppio”)
  • Model 261e Complex Waveform Generator (oscillatore “doppio”)
  • Model 210e Control and Signal Router (matrice audio/CV programmabile)
  • Model 206e Mixer/Preset Manager (mixer audio 6 in/2 out e gestore dei preset)

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In aggiunta, Subotnick ha spremuto tutto lo spremibile dalla possibilità di controllo MIDI, attraverso tre nanoKontrol, un Launchpad, un nanoKeys e la superficie tattile Buchla.

Ma, la cosa più interessante – presentata nell’intervista e di prossima pubblicazione in un volume che Subotnick sta curando – è la patch con cui i segnali dei quattro “mezzi” oscillatori entrano in Ableton Live, sono processati attraverso trattamento plug-in ritmico e timbrico per poi tornare dentro al sint modulare. Il tutto, godendo della comodità digitale e mantenendo l’accessibilità analogica.

 

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Durante tutto il concerto, Subotnick lavorerà sui controller, lasciando indisturbato il pannello comandi del Buchla e, saltuariamente, innescando con un microfono l’armonizzazione pitch shifter di Ableton. Come è facile valutare dall’immagine qui sopra, le superfici eseguibili non mancano…

 

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Il soundcheck

Audio in quadrifonia, livello non esagerato – come si compete ad un ascolto concentrato, ma non finalizzato alla polverizzazione delle casse toraciche – bilanciamento timbrico che riesce a domare la riverberazione ambientale, di sicuro non proprio contenuta.

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L’impatto è sicuro.

 

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Il concerto

Si parte alle 21.30, l’affluenza non è soverchiante, ma il pubblico è sorprendentemente eterogeneo (qualcuno direbbe: dai 7 ai 70 anni…); si abbassano le luci e parte il flusso ininterrotto di musica e immagini.

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Le dinamiche sono notevoli: dal pianissimo quasi forestale, all’impatto full LoPass Gate tirato per le orecchie.

concert 2

Lillevan crea dense tessiture video e l’interplay tra i due compositori (di questo si tratta, a tutti gli effetti) è tangibile: in assenza di collegamenti control tra i due MacBook, si crea audio e video senza rete di sicurezza…

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A fine serata, dopo tre bis, c’è tempo per una battuta: “la prima volta che ho suonato in Italia, a Roma nel 1965, mi hanno tirato i pomodori: questa sera, è andata molto meglio”.

 

In chiusura, ancora una volta, i doverosi ringraziamenti a Alessandro Albertini, Giovanni Amighetti e – ovviamente – Morton Subotnick e Lillevan.

 

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Comments (15)

  • Jacopo Mordenti

    |

    A costo di dire una banalità, è affascinante la semplicità di Subotnick quando associa “nuovi strumenti” a “nuova musica” (che non a caso si affretta a distinguere da “nuova vecchia musica”). Splendida intervista, grazie!

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    • Enrico Cosimi

      |

      ogni volta che si entra in contatto con questi grandi personaggi, si prova come un senso di vertigine nei confronti di quanto è stato fatto, c’è da fare e si potrà fare per la mooosica elettronica… :-)

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  • Ciro Urselli

    |

    Ottimo, interessante intervista. Domanda: si prevede l’ uscita di un CD/DVD del concerto ?

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  • Enrico Cosimi

    |

    ah, saperlo…
    in perfetta posizione centrale rispetto al palco, c’era una digital camera professionale montata su cavalletto; probabilmente, l’organizzazione avrà provveduto a documentare l’evento :-)

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  • Attilio De Simone

    |

    Subotnick è uno dei pochi musicisti di quell’epoca che è riuscito a non “rinchiudersi nel museo di sè stesso” offrendo musica che non fosse vecchia già prima che venisse ascoltata per la prima volta. Di esempi negativi in tal senso ce ne sono tantissimi….
    Sperimentare cercando nuove strade, conservando del passato solo l’esperienza accumulata. Sembra facile, ma in realtà, vuoi per motivi commerciali, vuoi per mancanza di ispirazione, vuoi per pigrizia, è la cosa più difficile oggigiorno, soprattutto perchè il mondo musicale (visto anche dal punto di vista meramente lavorativo) non è più stimolante.

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  • Giovanni

    |

    CiAO Enrico c’ero anche io e devo dire che hai fatto un notevole articolo grande…infatti mi chiedevo come avesse gestito la quadrifonia …lo fa con la patch che gestisce gli oscillatori?dentro Ableton?max?
    grazie Enrico!

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    • Enrico Cosimi

      |

      da quello che mi ha voluto dire (calcola che la patch precisa sarà pubblicata nel suo prossimo ebook…), ha usato i due complex waveform generator come quattro sorgenti, li ha patchati dentro a Ableton per processarli con i plug in del programma e poi è rientrato dentro il Buchla per il resto dei trattamenti analogici

      non ha fatto traiettorie vettoriali di spazializzazione, i suoni erano agganciati alle quattro uscite, ma non li spostava con il joystick…

      Reply

  • Guido Ponzini

    |

    Gentile Enrico Cosimi,
    mi congratulo per l’articolo e per l’intervista. Ero presente e ho saputo solo dopo la fine del concerto della Sua partecipazione all’evento da Giovanni. Mi è dispiaciuto non poterLa conoscere, dato che ho letteralmente divorato il suo Manuale di Musica Elettronica che ho acquistato durante un pre-concerto a Perugia, nella Feltrinelli locale. Un testo incredibile per la trattazione tematica e la completezza, la cui competenza emerge anche dall’interessantissima intervista qui pubblicata. Complimenti ancora!
    RingraziandoLa, spero ci sia occasione di conoscerla e complimentarmi di persona.

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    • Enrico Cosimi

      |

      speriamo di incontrarci!!!
      grazie per l’apprezzamento :-)

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      • Eriberto

        |

        Ciao Enrico,
        ero il tuo vicino della fila davanti davanti al concerto e quoto tutto quanto detto dal Sig. Guido Ponzini, anche io ho il tuo libro e sono iscritto al tuo canale Youtube, ma almeno ho avuto la fortuna di poterti salutare al concerto, sei un grande.

        Solo una domanda ma davvero non utilizzava qualche loop in Live? A volte il numero delle voci che roteavano mi sembrava davvero superiore a quattro e molto eterogeneo…per sole 4 voci.

        Comunque un grande, ero titubante ad esserci pensando fosse un po’ troppo sperimentale per le mie orecchie, ma sono restato estasiato. Dal vivo è tutta un altra cosa.

        Speriamo di rivederci e scambiare qualche chiacchiera in più, è stato un piacere, ciao Eriberto

        Reply

        • Enrico Cosimi

          |

          Caro Eriberto,
          Subotnick diceva che il segnale delle quattro parti entrava dentro Ableton e poi, a seconda delle necessità, lo triplicava o quadruplicava per processarlo in diversi plug-in del programm… in questo modo, da quattro sorgenti può essere arrivato tranquillamente ad avere anche sedici timbriche diverse a disposizione 😉

          a presto!
          enr

          Reply

          • Eriberto

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            Fubbo lui!!!
            😉

            Grazie, alla prossima, ciao, Eriberto

            Reply

  • frabb

    |

    purtroppo non ho avuto il piacere di assistere a questo concerto; amo la musica di Subotnick e ritengo che sia ancor oggi ascoltabile e comprensibile – e pertanto godibile – molto più di tanta odierna elettronica ambientale e derivati vari. Il modo che ha Subotnick di approcciarsi alla musica può essere definito “strutturale”: esprime figure e strutture classiche e ben salde nell’immaginario musicale (ritmiche, preludi, temi, armonie, frasi, dialoghi, fughe, fantasie, bordoni etc…) tramite timbriche atonali e aliene, sostituendo il concetto di baricentro tonale con quello di baricentro timbrico, e giocando di rimandi tra quello che conosciamo (i tamburi ossessivi, i pad modoaurali) e quello che non abbiamo mai sentito prima (il suono elettrico del buchla). Il risultato è – lasciatemelo dire – per UNA VOLTA qualcosa che non è un minestrone di roba lasciato sul fuoco per 12 ore e rimestato ogni tanto (tanta, troppa drone ambientale odierna finto-fighetto-intellettuale), ma qualcosa che ha una sua coesione formale completa, che ha un suo senso musicale e che si regge sulle sue gambe (per quanto storte e strane) facendo in modo che l’attenzione non sia mai ingannata, che l’ascoltatore possa sempre sentirsi trattato ONESTAMENTE. E scusate se è poco!

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    • frabb

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      volevo dire “monoaurali”, i pad intendevo, quelli monotimbrici….

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