La preparazione per un Noise Event – cronache di un caos annunciato

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Anche se, dall’esterno, può non sembrare, non è che la Capitale brilli per eccessiva densità di eventi elettronici; per questo motivo, quando un amico – nonchè compagno di precedenti avventure elettroniche – si appresta a festeggiare il compleanno aprendo il palco (e, auspicabilmente ma responsabilmente, anche il bar…) alle sessioni di noise elettronico, l’occasione da ghiotta diventa pressochè irresistibile.
Il problema, come al solito, consiste nel conciliare una minima struttura performativa con i rigorosi limiti di trasporto imposti dal mezzo a due ruote…

Di Enrico Cosimi

L’unica alternativa percorribile è affidarsi a uno strumento che – di base – preveda l’interazione con il control panel e garantisca la possibilità di costruire simultaneamente diversi percorsi timbriche da utilizzare in momenti separati della “performance”… ehr, d’accordo: in momenti separati del noise più o meno organizzato che sarà propinato agli (sfortunati) avventori.

Da questo punto di vista, un sintetizzatore come il venerando EMS Synthy AKS può tranquillamente risultare comodo.

Perchè l’AKS è così vantaggioso? Perchè la sua struttura di collegamento a matrice permette la generazione parallela di percorsi indipendenti, che possono fare capo alle due uscite audio disponibili; in questo modo, si possono costruire:

  • un primo percorso composto da tre oscillatori saw wave, in lento battimento tra loro, che confluiscono nel lowpass filter 18 dB e, da questo, raggiungono prima l’amplificatore e poi l’uscita Channel 1 dello strumento. Non c’è modulazione di tipo transiente, perchè la sotto struttura è concepita per fornire un drone iniziale, da arricchire progressivamente con i battimenti tra le tre sorgenti audio; la peculiarità dell’AKS di lavorare per successivi stadi di amplificazione/livello rende pressochè inevitabile finire nella distorsione severa;   non è il caso di sottovalutare le possibilità timbriche offerte da distorsione rinforzo/cancellazione timbrico frutto dei battimenti;
  • un secondo percorso, composto dal segnale dei due oscillatori 1 e 2, inviati agli ingressi X e Y del Ring Modulator e, da questo, processati nello Spring Reverb interno, nel VCA articolato con Trapezoid Envelope Generator e, finalmente, collegato all’uscita Channel 2 dello strumento. L’intonazione del secondo oscillatore è controllata dall’asse orizzontale X del Joystick di pannello; in questo modo, si può variare drasticamente il comportamento clangoroso realizzato nel Ring Modulator. Il generatore Trapezoid è sottoposto a ricircolo automatico, possibilmente con una densità ritmica allineabile a quella di altri “congegni diabolici” previsti per l’esecuzione; l’interazione tra meccanismo di retrigger e tempi di Attack/On/Decay è fondamentale per la riuscita dell’operazione.

Ma c’è solo il Synthy AKS? Non proprio: per vivacizzare la struttura (del resto, il festeggiamento avviene in un club votato a attività performative più rhythm oriented… sarebbe troppo crudele sottoporre i presenti a un blocco di drone inscalfibile e micro modulato), si prevede la presenza di una “robustamente analogica” drum machine Acidlab.de MIAMI – un efficace clone/TR-808 di cui ci siamo occupati tempo addietro): dopo aver programmato due pattern alternativi (uno particolarmente denso e l’altro molto più statico), provvederemo a collegare i tre segnali (CH 1, CH2 dal Synthy e MIAMI Out) ad altrettanti canali del mixer.

 

Gli effetti

Occorre differenziare in qualche modo la struttura di base; per questo motivo, può essere divertente processare il “canale filter out/Ch1” del Synthy con un viscerale flanger prodotto dal pedale EHX (mono in/stereo out, o mono in/mono out, a seconda del tempo a disposizione per il cambio palco e… dalla quantità di cervogia assimilata nelle precedenti fasi di socializzazione).

Il flanger  può essere “accordato” sulla tonalità di base del drone prodotto dai tre oscillatori avendo cura di regolare il delay time del circuito; fintanto che la modulazione a bassa frequenza non interviene, sarà così possibile rinforzare le armoniche multiple del delay time; appena si mente in funzione la (lenta) rotazione, ci sarà il rassicurante swoosh che tanti lutti addusse agli Achei…

E la drum machine MIAMI? Le nostre zie inorridirebbero, ma siamo ormai convinti che una dose pressochè indecente di distorsione sia alla base di un sano incastro ritmico/organico con la programmazione precedentemente realizzata nel pattern da 16/16: provare per credere, quando la distorsione è tanta (molto più di quello che si può pensare nella peggiore delle ipotesi), l’insieme di cassa, rullante, charly, tom, eccetera finisce di funzionare come multi entità ritmica, per divenire una specie di mostro – un sintetizzatore in nuce – che produce notevoli masse armoniche con qualche picco ritmico. Se siete musicisti equilibrati, getterete via tutto inorriditi. Se siete persone poco raccomandabili, correrete ad accendere il vostro portable recorder…

Come distorcere? Beh, come distorcerebbe un chitarrista metallaro con tutte le borchie al posto giusto? Noi abbiamo optato per un EHX Metal Muff, che già dall’aspetto non lascia presagire nulla di buono…

L’unico problema, con il Metal Muff, è che non c’è un controllo Wet/Dry, percui – se il mixer lo permette – diventa necessario lavorare con i send sul canale della batteria (sempre che possano essere switchati in pre fader…) o con un direct out da inviare (in maniera indipendente dal channel level) all’ingresso dell’effetto a pedale. Caso per caso, hardware per hardware, si può cercare di raggiungere una situazione che sia controllabile, solida e a prova di panico da performance.

A questo punto, la “struttura performativa” può basarsi sopra:

  • i due percorsi di sintesi indipendenti – ma afferenti agli stessi oscillatori – del Synthy;
  • il pattern programmato nella batteria elettronica;

da questa condizione di base, si può lavorare con la distorsione ed i livelli dei singoli pezzi nella batteria e con il flanger/filter matrix collegato sopra uno dei due canali di sintesi.

Ovviamente, fintanto che la durata del set è quantificata in una manciata di minuti, qualche decina al massimo, è facile muoversi leggeri e senza troppe montagne di elettronica: se i tempi di performance si allargano, diventa necessario prevedere un voicing – un’orchestrazione elettronica – più ampia, in grado di garantire maggiore e prolungata libertà di manovra. A quel punto, le strade sono due: o si porta più materiale (analogico, virtuale o digitale), o si prende in esame la micro programmazione performativa sui pannelli comandi. 

Ma, come è facile immaginare, tutto dipende dal contesto in cui ci si deve esibire… :-)

 

Tags: ,

Trackback from your site.

Comments (2)

  • Saverio Paiella

    |

    ma attualmente esistono in commercio cloni (hardware) del Synthy AKS ?

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      cloni veri e propri, no.
      c’è un musicista che si è costruito – per uso personale – un clone assai fedele all’originale, ma non è in commercio.

      dal unto di vista della filosofia di base, il Vostok è un sintetizzatore che ha le connessioni a matrice (ma anche a minijack), ma il suo suono si basa su un filtro “tipo MS-20 Korg” e, quindi, il risultato finale è MOLTO diverso dal Synthy AKS… non rimane che il mercato second hand, con prezzi da brivido

      Reply

Leave a comment

Inserisci il numero mancante: *

ga('send', 'pageview');