Darklight IIx – il Fairlight CMI di UVI – prima parte

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Chi segue i miei articoli da un po’ su Audio Central Magazine avrà notato una mia certa “simpatia” (azzardando un eufemismo) per il campionatore Fairlight CMI ideato e realizzato da Peter Vogel e Kim Riye nel 1979 e diventato ben presto una delle icone della musica anni ‘80.

Di Antonio Antetomaso

COPERTINA

Lo stato dell’arte odierno in merito alle emulazioni software di strumenti elettronici vintage, ha consentito l’uscita sul mercato di diverse emulazioni davvero ben riuscite di questo meraviglioso strumento, per lo più consistenti in librerie di campionamenti. Fa eccezione un’app per iPad concepita dalla stessa Peter Vogel Instruments Inc., la CMI app, in versione gratuita e pro.

A parte questa emulazione che fa della fedeltà estrema alla “real thing” la sua missione, tra le librerie di campionamenti dedicati a questa macchina ne spiccano senz’altro due degne di nota: la Bitley Fairlight ReFill per Reason, della quale abbiamo parlato in questo articolo e l’oggetto di questo nuovo appuntamento, a chiusura del discorso. Signore e signori ecco a voi il Darklight IIx.

FIGURA1

Di questo giocattolo discuteremo senza indugio alla “mia” maniera, ovverosia mediante

  1. Un viaggetto nei meandri delle sue prerogative
  2. Qualche assaggio delle sue capacità timbriche
  3. Opinioni ultra-soggettive in merito.

Iniziamo con il dire che la libreria di campioni è stata realizzata da UVI Sound Source ed è fruibile mediante il software UVI Workstation, un campionatore virtuale liberamente scaricabile che, tra le altre cose, viene offerto con una libreria di timbri demo che non è assolutamente niente male.

Trovate i dettagli qui.

FIGURA2 

A corredo del software, dicevamo, la UVI fornisce a pagamento delle librerie di espansione, ciascuna delle quali è dedicata ad un tema o ad uno strumento particolare. C’è di tutto ragazzi, dall’emulazione di strumenti acustici a quella di macchine analogiche, a quella di macchine digitali (come quella in oggetto)…c’è veramente l’imbarazzo della scelta. La qualità è alta, ma come ogni cosa di elevata qualità, il costo non è proprio contenuto senza contare che c’è poi il discorso da fare in merito alla protezione iLok. 

Sissignore, avete capito bene, le librerie sono tutte protette dal software iLok License Manager. C’è da dire però che chi non avesse intenzione di comprare il dongle può tranquillamente ricorrere ad una comoda attivazione online, per la quale però è sempre mandatoria l’installazione del software di protezione di cui sopra.

Smarcate le notizie meno simpatiche, veniamo nuovamente al protagonista del nostro appuntamento: i campionamenti forniti all’interno della libreria sono dedicati alle timbriche tipiche della tradizione Fairlight e vengono resi fruibili mediante una interfaccia grafica programmata mediante scripting (tipo come si fa con Kontakt) del tutto in linea con quanto veniva presentato al programmatore/musicista sul monitor a fosfori verdi dello strumento originale e pronto per essere manipolato mediante penna ottica (un miracolo per quell’epoca in cui i personal computer iniziavano ad affacciarsi sul mercato).

Non è tutto: i campioni (ovviamente già belli che spalmati in lungo e in largo sulla tastiera virtuale della workstation, una volta caricati) vengono corredati con i potenti mezzi di elaborazione offerti gratuitamente dal software, vale a dire un nutrito set di effetti, la possibilità di creare split e layer, la possibilità di creare e gestire proprie patches e via discorrendo (vi rimando al manuale per i dettagli).

Entrando maggiormente nel dettaglio, acquistato il pacchetto (al prezzo non trascurabile di 177 euro e spicci, più tasse), si riceve un link per il download e, una licenza virtuale da scaricare sul proprio PC o sul proprio dongle prima di avviare la libreria. Nel caso in cui non si disponga della chiavetta di protezione hardware si hanno a disposizione tre attivazioni concorrenti.

La libreria pesa circa due giga e mezzo (com’è lecito aspettarsi trattandosi di campioni), neanche tantissimo considerato che si ha a che fare con più di 250 timbriche ispirate (e sottolineo tali) al mondo Fairlight. Aspetta un attimo….che vuol dire ispirate? Sono le stesse si o no? Ma si che sono le stesse ragazzi, come potrebbe non essere così? Le uniche cose che cambiano sono i nomi per ovvii motivi di copyright e il numero di timbri che non coincide esattamente con quello previsto da TUTTO l’arsenale Fairlight (che constava di circa 560 suoni di fabbrica nel modello CMI IIx).

Per installarla, basta copiarla in una posizione comoda del nostro filesystem (anche su un disco esterno se volete) e far puntare il software UVI workstation a tale posizione, per vedersi comparire nella finestra di browsing di quest’ultimo l’icona del prodotto, pronto per essere caricato.

FIGURA3 

Il sistema operativo del Fairlight CMI offriva all’utente un’interfaccia grafica organizzata in pagine, ciascuna delle quali consentiva di espletare una categoria particolare di funzioni. Nel dettaglio, ecco come si presentava l’interfaccia, subito dopo il boot del sistema operativo (una versione custom del MS-DOS di Motorola, denominata QDOS).

FIGURA4 

Tra le pagine più famose sono sicuramente da considerare la pagina 2 (caricamento timbri e gestione dischi floppy), la pagina R (il sequencer), la pagina 8 (il campionatore), la pagina D (rappresentazione tridimensionale della forma d’onda caricata) e la pagina 6 (offrente la possibilità di disegnare la forma d’onda desiderata mediante penna ottica, a patto di esserne capaci s’intende).

UVI Darklight IIx si ispira a questa impostazione e, facendo leva sugli strumenti offerti da UVI Workstation propone una riedizione moderna di tre delle pagine della macchina originale e precisamente:

  1. Pagina P: sintetizzatore, una riedizione della pagina 2 della macchina originale. Caricamento timbriche, loro elaborazione ed esecuzione.
  2. Pagina B: drum machine, ispirata alla pagina R.
  3. Pagina U: multi phraser, vagamente ispirata alla pagina 9 ma del tutto nuova rispetto allo strumento originale.

Già da questa panoramica, si capisce lo spirito del prodotto che, contrariamente all’app di Peter Vogel per iPad, ha come missione quella di riproporre in chiave moderna le prerogative dell’hardware di partenza arricchendole con strumenti aggiuntivi che non erano presenti sul pezzo di hardware originale.

Chiariamo però che cosa si intende per “pagina”, nell’ambito di Darklight IIx…ovvio che non si parla di sezioni dell’interfaccia grafica di un sistema operativo dedicato, convenite? Trattasi di un’ambiente, ricavato per mezzo del linguaggio di scripting di UVI, che non è modificabile all’interno del software gratuito UVI Workstation, ma soltanto se si dispone del campionatore più completo MOTU MACHFIVE.

Per capire meglio, analizziamo le tre pagine offerte dall’espansione, iniziando dalla

 

FIGURA5

Pagina P

Nome in codice “synthesizer”. Mediante tale sezione, il musicista carica una timbrica, la elabora, la arricchisce e la suona, tutto qui.

Non possiamo non notare la grafica della libreria perfettamente in linea con quanto offerto dalla macchina originale, ovverosia una interfaccia assolutamente essenziale, con controlli stilizzati di colore verde scuro su fondo nero, il tutto racchiuso all’interno di uno schermo virtuale disegnato ad immagine e somiglianza del monitor originale. Solo questo dovrebbe attirare il musicista appassionato come il miele attira un orso.

L’interfaccia è organizzata in due sezioni verticali:

  1. Una di sinistra che, ad emulazione dello schermo, mostra il preset caricato ed offre controlli come inviluppi, filtri e sorgenti di modulazione.
  2. Una di destra che, sotto forma di pomelli di un vecchio monitor (eh eh eh), consente il controllo il dosaggio degli effetti a corredo delle timbriche fornite;

In merito alla prima, dall’alto verso il basso abbiamo:

  1. Inviluppo ADSR dedicato al controllo dell’amplificatore.
  2. Filtro multi modo (basso, banda, alto) risonante con indice di modulazione a cura di un secondo inviluppo, dosabile.
  3. Inviluppo ADSR dedicato appunto al controllo del filtro.
  4. Controllo della Modulation Wheel che dosa l’incidenza di tre LFO presenti “sotto al cofano” su pitch, frequenza di taglio del filtro e amplificatore producendo vibrato, wahwah e tremolo rispettivamente. E’ regolabile il rate dei due LFO per quanto riguarda il vibrato e il tremolo, mentre solo la quantità massima di modulazione di quello che interviene sulla frequenza di taglio del filtro.
  5. Controllo del portamento (tempo e quantità)…e qui c’è da non confondersi con quanto riportato sull’interfaccia, “Pitch env”, che sembra richiamare l’incidenza di un inviluppo sull’intonazione. Non è così.
  6. Controllo della quantità di overdrive potenzialmente introducibile.
  7. Controllo della stereofonia e della spazialità della timbrica con possibilità di arricchire quest’ultima mediante layering dei campioni e detuning dei medesimi (una tecnica abbastanza comune).

In merito agli effetti presenti sulla sezione di destra abbiamo:

  1. Phaser
  2. Delay
  3. Riverbero
  4. Bit crusher (assai convincente);

Di tutti, è regolabile l’innesco o meno e la quantità di effetto introdotta, fatta eccezione per il bit crusher che offre controlli aggiuntivi peculiari del tipo di effetto (risoluzione, overdrive, frequenza ecc.).

Due parole sull’insieme delle timbriche, osservato un po’ più da vicino. Esse, come nella macchina originale sono organizzate in categorie. Il nome però di ogni timbrica, per motivi di copyright, è diverso rispetto all’equivalente presente nel corredo del Fairlight CMI, ragion per cui i veri puristi potrebbero storcere il naso o provare difficoltà a ritrovare subito quello di cui hanno bisogno. C’è da dire però che i nomi sono davvero evocativi…un esempio, “THE fair voice”, che altro volete che sia? SARARR no?

FIGURA6 

Si ma…ma…che mi frega dei nomi, come suona? Vale la pena?

Eh eh..pazientate la seconda puntata in cui analizzeremo le altre due sezioni e trarremo le nostre conclusioni.

Stay tuned!

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