Creiamo un brano chill-out con Logic: prima parte

Written by Antonio Antetomaso on . Posted in Tutorial

“Musica introspettiva e dal beat lento, rigorosamente realizzata con sonorità elettroniche, una sorta di new age che oggi si sposa bene anche con altri suoni come la Lounge o l’Ethno age ”. (Wikipedia)

“Chill-out music (sometimes also chillout, chill out, or simply chill) is an umbrella term for several styles of electronic music characterized by their mellow style and mid-tempo beats — “chill” being derived from a slang injunction to “relax.” (En_Wikipedia)

di Antonio Antetomaso

FIGURA1

Spero vorrete perdonare questa apertura poliglotta, ma mi sono sembrati due concetti molto interessanti con cui sintetizzare le caratteristiche salienti di questo genere musicale che “tanto mi aggrada” e che vede giorno dopo giorno aumentare sempre più il numero di “seguaci”.

Personalmente trovo utile caratterizzare ulteriormente la musica chillout mediante le seguenti parole chiave:

  1. Relax
  2. Elettronica
  3. Pattern
  4. Jazz

La prima parola fa riferimento allo scopo che ha questa musica, che è quello di costituire un sottofondo rilassante e piacevole, non di certo quello di stupire con virtuosismi acrobatici o di catturare l’attenzione. La seconda parola fa riferimento ad un’altra prerogativa secondo me importante ma non essenziale: l’utilizzo di suoni elettronici. Ciascun brano chillout adotta una buona parte di strumenti e suoni elettronici, spesso per la sezione ritmica o per i tappeti. Ciò non toglie che si potrebbe fare un brano chillout totalmente unplugged, ripeto, quella di prima non è una regola ferrea….lo scopo è sempre il RELAX!

Perchè quasi sempre suoni elettronici? Il motivo è, a mio avviso, da ricercarsi nella struttura di un brano chillout che, quasi sempre (anche qui l’eccezione conferma la regola) è costituita da pattern che evolvono nel tempo arricchendosi un po’ alla volta fino a costituire appunto il tanto agognato sottofondo musicale. Se a questo aggiungiamo la fortissima capacità offerta dalle timbriche sintetiche di creare qualsivoglia atmosfera (a patto di saperle programmare naturalmente), viene da sé il motivo di questa scelta.

Passiamo all’ultima parola: Jazz. Con tutte le cautele nell’utilizzo di questo termine all’interno di questo genere musicale, spesso brani chillout fanno uso di armonie che prendono spunto dal panorama Jazzistico come pure di frasi musicali (spesso utilizzate per creare incisi) che hanno molto in comune con l’improvvisazione. Ripeto, cautela, perchè un brano chillout presenta quasi sempre una struttura moooolto più semplice di un brano Jazz, sia nell’armonia (pochi accordi) che nei fraseggi (incisi o frasi brevi, spesso ripetute in più punti)

Dopo questa piccola panoramica introduttiva, abbiamo quanto ci occorre per “buttare giù qualcosa” e, come ambiente di programmazione/sequencing adotteremo il nostro fido Logic.

FIGURA2

Prima di partire mi preme sottolineare lo scopo di questo articolo: quanto descritto non vuole assumere il carattere di sermone pronunciato dal sottoscritto dall’alto di un altare, ne costituire un prontuario che dica:“ queste so o le regole da applicare per fare musica chillout”. Lo scopo è quello di raccontarvi cosa il sottoscritto ha capito della musica chillout (avendone ascoltata un bel po’) e come il sottoscritto è solito approcciare un brano di questo genere, sia dal punto di vista della struttura che dal punto di vista dei suoni utilizzati che, infine, dal punto di vista della programmazione in una DAW (es. Logic).

Insomma, mi piacerebbe se questo articolo fosse inteso come un momento di confronto con i lettori: alla fine, sentitevi pure liberi di “tirarmi i pomodori” se riterrete che lo meriti,  ma se vorrete riportare la vostra esperienza e i vostri “tips’n tricks”, di certo ve ne sarò enormemente grato.

Alla fine del giretto, un piccolo regalino per coloro che mi avranno sopportato imperterriti nella lettura…

Fronzoli chiusi, partiamo!!

Primo suggerimento che mi sento di darvi: less is more . Non stiamo componendo la nona sinfonia di Beethoven nè dobbiamo andare a suonare ad Umbria Jazz assieme a Chick Corea (volesse il Cielo), per cui la cosa migliore da fare è buttare giù un’ideuzza semplice che costituirà il pattern cardine del nostro brano.  Pattern cardine perchè il trucco è di partire da esso e di arricchirlo, complicarlo, stravolgerlo a nostro piacimento per dare forma alla nostra composizione.

Io, che sono un inguaribile sentimentalone e, sostanzialmente, di formazione classica, amo molto creare una fusione tra strumenti acustici/elettromeccanici e suoni elettronici. Credetemi l’uno è la morte dell’altro. Un esempio? Piano o Fender Rhodes + pads, loops sintetici + strumenti ad arco (es. violoncello), piano + sequenze elettroniche e così via discorrendo.

Nel caso in oggetto, il nostro pattern cardine è costituito da una frase di pianoforte acustico di lunghezza breve e dall’armonia complicata quanto basta per uscire dal livello della “banalità” (o almeno spero). Possedendo una Nord Electro 3, il timbro di piano acustico selezionato è tratto dall’arsenale offerto da questa macchina e, precisamente, l’ottimo “Bright Grand”. Le soluzioni alternative ovviamente non mancano..

FIGURA3

Ancora, per creare un’atmosfera calda e avvolgente meglio arricchire il nostro timbro di piano con un bell’effetto di delay e condire il tutto con il sapiente equalizer di Logic.

Bando alle ciance, click sull’icona di Logic, creiamo il nostro bravo progettino, impostiamo una traccia External Midi sul canale 1 (quello della NE3) e una traccia audio per la ripresa del segnale di uscita dalla tastiera. In effetti basterebbe solo la traccia audio, ma l’ausilio di una traccia MIDI ci consente di intervenire in modo capillare sulle note suonate (quantizzazione, dinamica, accenti e così via). Piccola parentesi: io sono dell’opinone che un’eccessivo uso di questi strumenti porta ad una perdita di naturalezza dell’esecuzione e ad un suo appiattimento, ragion per cui evito di quantizzare i soli e, i generale, le frasi riprodotte da strumenti acustici. Nel caso in oggetto però, trattandosi di un pattern, meglio non rinunciare alla precisione, specie se poi dovremo metterlo in loop.

FIGURA4

Registriamo la nostra parte, quantizziamola, mandiamola in esecuzione e registriamo la traccia audio. Equalizzazione, un pizzico di delay et voilà!! Questo è quello che viene fuori.

Come direbbe Celentano…il meno è fatto! Andiamo avanti a passo spedito, abbiamo il nostro pattern, iniziamo a creargli la struttura attorno per poi complicarla. Con questo tipo di musica, in genere sono solito seguire il seguente approccio (anche se mi lascio guidare molto dalle sensazioni del momento e dal mio gusto, stiamo facendo musica santo cielo, non stiamo programmando un algoritmo in Visual Basic):

  1. Costruisco una struttura di base costituita da una sezione ritmica e un tappeto;
  2. Costruisco un percorso che arriva alla struttura di base, costituito da una serie di ripetizioni dell’armonia e/o del tema principale, ciascuna ripetizione contenente una novità in più, fino ad arrivare alla struttura completa.

Una volta che il pezzo è bello che decollato, in genere sono solito scegliere tra:

  1. Arricchire ulteriormente la struttura (magari con delle sequenze, degli effetti speciali, dei suoni aggiuntivi o dei remix…);
  2. Inserire una frase di assolo sulla struttura armonica principale (a richiamare quasi un’improvvisazione), magari con una timbrica diversa;
  3. Inserire un inciso, costituito da una variazione armonica/ritmica della sezione principale e da una variazione del tema principale.

E per terminare? Beh, è comune trovare in questo tipo di brani, il percorso al contrario: prendo la struttura “a pieno carico” e inizio a “togliere roba” fino ad arrivare ad una, massimo due tracce che posso comodamente far terminare senza troppi fronzoli con uno stacco semplice. In alternativa, se non voglio scomodarmi troppo e l’atmosfera creata lo consente, posso ricorrere ad una comoda dissolvenza in uscita. Nel caso in oggetto si è optato per la prima soluzione.

Torniamo a noi, dobbiamo creare la struttura di base ed in particolare la sezione ritmica: dato il pattern ascoltato nella clip precedente che ne dite di un loop alla “Enigma”, a velocità media e creato utilizzando una batteria elettronica programmata mediante step sequencer? Anche qui, la soluzione mediante step sequencer si presta bene al genere che normalmente non ammette timbriche di batteria molto pronunciate e con assoli mirabolanti. E chi meglio di Spark di Arturia?

FIGURA5

Naturalmente le soluzioni sono molteplici, come ad es.

  1. Native instruments Battery
  2. Spectrasonics Stylus RMX
  3. Loops di Logic (ce ne sono di validissimi)

come pure, se avete un iPad, c’è l’ottimo DM1, con il quale godere appieno della comodità di uno schermo touch e liberare, tra l’altro,  il nostro processore dall’elaborazione di un altro strumento virtuale caricato dentro Logic.

FIGURA6

A piacer vostro, nel caso in oggetto si è scelto Spark VDM, anche per la comodità di programmare il loop comodamente sullo step sequencer del prodotto e, letteralmente, trascinarlo fuori in una nuova traccia della nostra DAW. La possibilità di trascinare è offerta da quasi tutti i prodotti di virtual drum di mercato.

FIGURA7

Andiamo al basso….beh, in questo caso synth chiama synth. Che c’è di meglio di un bel synth bass percussivo, magari programmato a nostro piacimento su uno degli infinito ad n sintetizzatori virtual analog di mercato? Anche perchè, così facendo,  potremmo sfruttare filtri e risonanza come elementi di variazione del nostro brano, se non avessimo niente di meglio da utilizzare e le cartucce da sparare si fossero esaurite. Al caso nostro fa l’ottimo Moog Modular V di Arturia (possedendo l’Analog Laboratory di Arturia, lo sfrutto a dovere) ma, anche qui, di soluzioni ce ne sono a iosa.

Anche nel reparto synth bass, il nostro Logic con la sua libreria di suoni si comporta alla grande…a buon intenditor…

Creiamo un’altra traccia di tipo virtual instrument e carichiamo il nostro synth virtuale. Una girata alle manopoline, una regolata di filtri ed inviluppi ed ecco il nostro synth bass bello e pronto. Metronomo, sezione in loop su Logic, tasto REC….et voilà, ecco pronto il nostro pattern di synth bass da copiare, incollare, mettere in loop ecc.

FIGURA8

Abbiamo quasi completato la struttura di base, cosa manca? Ma sicuro…un bel PAD morbido e avvolgente con cui condire il tutto. Qui più che mai vale la regola LESS IS MORE a mio avviso: un pad è tanto più efficace quanto meno riesco a muovere gli accordi nel rispetto dell’armonia del brano. In pratica si tratta di strutturare gli accordi in modo tale che l’armonia sia rispettata con il minimo numero di cambi di nota possibile. Altro buon accorgimento è quello di evitare block chord troppo fitti: meglio aprire gli accordi usando poche voci distribuite adeguatamente tra la mano sinistra e la mano destra e strutturate sfruttando le tensioni degli accordi dell’armonia principale, a creare voicings comunemente utilizzati in ambito jazzistico (e come ci suonano bene!!!).

Ancora, per i pad conviene mantenersi sui registri medio alti della tastiera, dal momento che il synth bass copre tutte le note basse degli altri strumenti e quindi è inutile sprecarle.

E come timbrica? Nel caso in oggetto ho scelto un pad cupo con un retro corale, sufficientemente morbido e pastoso da creare una atmosfera evocativa senza “peccare di invadenza”. A mio avviso tra i migliori virtual instrument in questione (se non il migliore) vi è Omnisphere. Vale tutti, ma proprio tutti tutti i soldi che costa. Ma, ancora, de gustibus non disputandum est, come pure, nulla vieta di ricorrere all’ottimo Logic, che da solo è in grado di offrire tanto anche in ambito “tappeti”.

FIGURA9

Mettiamo tutto insieme e “godiamo” del nostro loop di base….che nella prossima puntata andremo ad usare come mattoncino per costruire il nostro piccolo grattacielo secondo il percorso citato poc’anzi.

A proposito….la tonalità del brano è Dm.

Stay tuned!!

 

 

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Comments (11)

  • Jacopo Mordenti

    |

    Bell’articolo, Antonio! Attendo la seconda parte!

    Reply

    • Antonio Antetomaso

      |

      Ciao Jacopo, sono contento che l’articolo ti sia piaciuto. La seconda puntata è pronta. Le ultime rifiniture e verrà pubblicata. Un saluto.

      Reply

      • gigios

        |

        Molo interessante questo genere, (secondo me adattissimo per i lupi solitari come me) che conosco poco, e devo dire che ho apprezzato il pezzo che ho ascoltato, personalmente avrei dato più”spessore” al piano,
        i pad sono belli e morbidi al punto giusto,

        Credete sia ancora il caso continuare ad usare Logic? io credo che
        Apple abbia abbandonato questo progetto, e personalmente sto iniziando
        a guardare verso altro, magari ritorno a DP,o magari all’odiosissimo cubo.
        e ti saluto environment.:-((

        Reply

        • Antonio Antetomaso

          |

          Ciao, anzitutto grazie dei consigli e degli apprezzamenti. Io vengo da Cubase e quando sono passato alla Apple ho adottato Logic perchè in ambiente OSx il Cubo è assai deludente, sia in termini di usabilità sia in termini di resa audio. Da quando uso Logic non ho avuto bisogno di null’altro. E’ efficiente, stabile, usabile, elegante e, soprattutto, integrato alla perfezione con il sistema operativo (questo aspetto non è da poco, credimi). Inoltre interfaccia il motore audio (mediante CoreAudio anzichè ASIO) della mia scheda in modo nettamente superiore a quanto fa la Steinberg. Non ho provato il Cubase 7, appena esce una demo sarò ben lieto di spulciarmelo. L’unica DAW in grado di competere con Logic dal punto della resa audio (forse è anche superiore) è a mio avviso Ableton Live!, la quale però è concepita per un uso diverso. Pertanto, fino a che le cose restano così, non ho il minimo dubbio nel continuare ad usare questa DAW. Anche perchè….ormai alla versione 9.1.8…di stabilità offerta ce n’è tanta!!.

          Reply

  • Enrico Cosimi

    |

    se un programma funziona bene, perchè abbandonarlo?
    io continuo a fare gli schemi grafici di corredo agli articoli con AppleWorks, che avrà almeno 15 anni…

    Reply

  • gigios

    |

    La mia perplessità, era in relazione al fatto che ormai pare non si veda nulla all’orizzonte, credo sia la prima volta che accada una tale latitanza
    e ciò preoccupa.
    A me dispiace abbandonare questa DAW, essendo ormai stato pervaso
    da essa (non esageriamo) e ritornare ad incasinarmi con altre “logiche”.
    Beh! vorrà dire che con logic 9 e questo attuale mac potrò andarmene tranquillamente in pensione.:-))
    Signor Cosmi, se lei sa qualcosa sul futuro di Logic ce lo dica.:-))

    Reply

  • gigios

    |

    Pardon….volevo dire signor Cosimi, eppure detesto il calcio, mah!!

    Reply

    • gigios

      |

      Signori vi ringrazio…
      e poi nel caso voi sapeste realmente qualcosa, non lo direste certo
      a me……mi piglierei a schiaffi.:-))

      Reply

      • Antonio Antetomaso

        |

        Perchè mai non dovremmo dirtelo?

        :-)

        Reply

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