ABC del Sound Design – Seconda parte

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Dunque, dicevamo…  Bisogna iniziare a programmare questi benedetti sintetizzatori per raggiungere l’oggetto sonoro che ci interessa.

Di Enrico Cosimi

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Primi passi: definizione dell’intonazione e caratterizzazione dell’articolazione

I passaggi teorici sono molto semplici e funzionano (quasi) sempre, a patto di procedere con ordine.

Per tirare fuori il nostro suono dallo strumento (avevamo detto un synth bass…), può essere utile:

  • impostare per prima cosa l’intonazione generica: stiamo inseguendo un suono di synth bass, quindi la tristissima pernacchia prodotta dal sintetizzatore in fase di Default Program non potrà/non dovrà suonare “troppo acuta”; la prima cosa da fare è regolare le ottave (se disponibili) o più genericamente la frequenza degli oscillatori fino a raggiungere la tessitura più adatta a generare il synth bass.
  • A seconda del tipo di controller disponibile (da questo punto di vista, una master keyboard a sole due ottave è la cosa più scomoda del mondo), o del modo d’inserimento dei dati MIDI, o del genere musicale, raggiungere l’intonazione desiderata potrebbe essere più o meno impegnativo.
  • Negli strumenti che prevedono l’organizzazione Ottava/Semitono/Cent (ad esempio, Ableton/AAS Analog), occorre regolare l’ottava a -1, se non a -2.
  • Negli strumenti più tradizionali, quelli che riportano i “piedaggi” di stile organistico, sarà necessario scendere a 16’ o a 32’.

Tip. Cosa occorre conoscere o approfondire sul manuale dello strumento? Le procedure di accordatura/regolazione degli oscillatori: cercate “frequency” o “pitch” o “tune” e verificate le scelte effettuate dal progettista per permettervi di regolare l’intonazione. 

  • dopo aver definito l’intonazione generale, è il momento di passare all’articolazione, cioè alla durata – alla caratterizzazione “della pronuncia” della nota: il suono di synth bass che abbiamo in mente ha un andamento percussivo? E’ corto? E’ molto corto? Ha una tenuta di suono prolungata, che ricorda i fraseggi lenti di Jaco Pastorius? Ogni risposta corrisponde ad un preciso corredo di regolazioni nell’inviluppo disponibile sull’amplificatore dello strumento che stiamo usando.

Tip. E’ necessario imparare, anche sommariamente, il funzionamento del generatore d’inviluppo, cioè del meccaniso che garantisce tutte le regolazioni di articolazione. Potrebbe essere un “normale” ADSR, come nel Moog Little Phatty, o un essenziale Decay Envelope, come nella Roland TB303, o un Attack/Decay semplificato (ma non troppo), come nel caso dei modulari Buchla

  • Per sommi capi: il controllo Attack (se disponibie), regola la velocità con il quale il suono “aumenta di volume”; un attacco immediato è tipico degli strumenti più percussivi; un attacco più progressivo, o lento, può tornare utile quando serva un fraseggio più “melodico e cantabile”.
  • Il livello di Sustain (se disponibile) regola il volume della nota mentre il tasto è premuto. Se il Sustain è minimo, la nota, anche rimanendo con il tasto abbassato, anche prolungando all’infinito la grafica dentro al piano roll, finisce e si spegne; se il Sustain è diverso da zero, ci sarà una tenuta di volume proporzionale al livello di Sustain stesso. Se, infine, il Sustain è al massimo, il Decay Time (vedi sotto) diventa inutile.
  • Il tempo di Decay definisce la percussività, la velocità con la quale la nota perde di volume; un Decay time molto corto produce un impulso corto, percussivo, talmente corto – con regolazioni estreme – da rendere difficile il riconoscimento della nota stessa (rimane un tonfo indefinito); un Decay time progressivamente più lungo produce “un bel suono” importante, ma può far accavallare le note di una programmazione stretta o, peggio ancora, le può saldare apparentemente in un unico flusso audio privo di articolazione e percussività.
  • Il temp di Release (se disponibile) regola la persistenza, l’alone sonoro che rimane dopo che il musicista ha lasciato andare la nota; nelle produzioni contemporanee, a meno di non fare Chill Out, o mid tempo, il Release – di fatto – serve a ben poco; tra l’altro, un Release troppo lungo finisce per impastare tutte le note, perdendo di percussività, dettaglio e articolazione.

Ora, abbiamo il sintetizzatore che produce un (brutto) suono sulle basse frequenze, dotato di una durata/tenuta/articolazione sufficiementente percussiva, o staccata per riprodurre il fraseggio ritmico che abbiamo in mente. Le fasi successive sono relative alla caratterizzazione timbrica vera e propria.

Ci sarà ancora da lavorare.

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Comments (4)

  • Emiliano

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    Ho appena preso un Minilogue, ti seguo passo, passo…

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  • corrado

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    Miniloguerista da poco anch’io. Le perle del gran maestro mi fanno da colonna (a volte anche vertebrale). Ma una vocina mi sta chiedendo come fare per approcciare il mondo modulare (spendendo il meno possibile).

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    • Enrico Cosimi

      |

      io andrei di virtuale, scaricando vcv rack (dalla pagina omonima) e facendo pratica con quello; per spendere soldi, c’è sempre tempo 😉

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