Una chiacchierata con Marco Messina dei 99 Posse – Seconda parte

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear, Recording

Continuamo la nostra chiacchierata con Marco Messina. E’ il momento di parlare dei suoi progetti artistici.

Di Attilio De Simone

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Ho preso parte al progetto “Teen Cities”, progetto portato avanti dal Goethe Institut, che ha creato dei gemellaggi tra 5 città europee e 5 città africane, facendo collaborare alcuni musicisti selezionati dalle città gemellate. Per la città di Napoli, siamo stati selezionati io e Lucio Aquilina e siamo andati a collaborare con artisti angolani a Luanda per sviluppare un progetto musicale. Da questo progetto è nato un disco (“Teen Cities”) che è stato presentato a Berlino.

L’esperienza per me è stata bellissima da una parte, ma tristissima al tempo stesso perché ci si rende conto che un progetto simile in Italia non sarebbe assolutamente pensabile. L’Istituto italiano di Cultura (cioè l’equivalente del Goethe Institut tedesco) non svilupperebbe mai un progetto di questo tipo, un progetto del genere non sarebbe nemmeno ipotizzabile in Italia. In Italia si dà colpa all’esterno quando sono le storture interne a determinare i problemi.

Personalmente, mi piace lavorare con le immagini. In Italia, avrei un curriculum abbastanza interessante per poter suscitare l’interesse di registi e case di produzione cinematografica. Invece, in Italia non riesco a far passare quasi nessun brano. Negli Stati Uniti, invece, dove il mio curriculum ha un valore molto minore, lavoro molto con un’agenzia che fa Music Placement.

In Italia di solito si affida la colonna sonora di un film o di una serie televisiva ad un solo musicista, che spesso non è in grado di coprire tutte le atmosfere di un’intera colonna sonora. Negli Stati Uniti, i registi si rivolgono ai Music Advisor, i quali prendono visione delle scene dei film e propongono ai registi una serie di brani che hanno l’atmosfera adatta per le scene visionate. Ogni brano della propria libreria è catalogato con una serie di tag (per es. genere, cantato, strumentale e durata) che rendono molto facile la ricerca e quindi si riesce rapidamente a trovare il brano musicale ideale per una determinata scena. E’ impensabile che un singolo musicista possa coprire la colonna sonora di una serie televisiva che può raggiungere 50, 100, 200, 300 o 400 puntate, perché ciò va a discapito della serie stessa. Di solito, negli Stati Uniti, ma anche in altre nazioni europee come la Germania, le case di produzione commissionano ad un musicista le sigle iniziali e finali, mentre la gestione della colonna sonora viene appaltata ai Music Advisor. Se un mio brano corrisponde alle esigenze delle immagini, vengo contattato, mi chiedono se il brano è ancora libero, mi inviano il contratto da firmare e utilizzano il brano dopo aver fatto il bonifico.

E’ paradossale che io in Italia non riesco a piazzare alcun brano mentre negli Stati Uniti, dove il mio curriculum non vale molto, miei brani sono presenti in serie come CSI, L World, Dark Blue, Walking Dead.

In Italia invece funziona tutto col clientelismo e questo non fa bene al lavoro, perché non si premia il merito, ciò va a discapito della competitività della nazione. In Italia, senza certe amicizie, non si riesce ad emergere. Conosco tanti ottimi musicisti in Italia, che se vivessero in altre nazioni farebbero il loro mestiere di musicisti, mentre in Italia prima o poi finiscono col fare altri lavori.

In passato ho fatto un disco di musica elettronica con i Retina.it, fatto come negli anni ‘70, frutto di sessioni di registrazioni live in studio. Mandavamo un pattern di 8 o 16 battute, ognuno di noi svolgeva un compito a rotazione: uno stava al mixer regolando i volumi, mutando o smutando le tracce, un altro stava alle mandate e agli effetti e un altro lavorava ai knob dei synth e dei campionatori. Il giorno successivo, riascoltavamo il tutto e prendevamo le cose più interessanti del lavoro, il risultato portava a conseguenze imprevedibili (tipo un charleston che entrava al momento sbagliato) ma i risultati musicali sono stati notevoli. Spesso abbiamo deciso di mantenere alcuni errori a vantaggio della visione musicale d’insieme. Attualmente sto portando avanti un progetto con gli Elem in cui stiamo replicando lo stesso approccio. Questo sistema è molto più istintivo, la musica è suonata davvero e si raggiungono risultati più velocemente.

Nel 2007 ho fatto la prima colonna sonora: “Il passaggio delle linea”, un film ambientato sui treni che portano gli emigranti dal sud al nord. Il film di per sé era già saturo di suoni, perché la presa diretta era ricca di rumori del treno. Pensai di dover sfruttare questi rumori di fondo, campionando la presa diretta per poi farla passare dal banco filtrandola, dopo averla deassegnata dal mixer, con il Mutator e il Sony V77. Lavorando sempre alla stessa colonna sonora, mentre lavoravo col Nord Lead, mi è partito un suono random con il synth in tilt ma invece di resettare il synth, ho mandato il suono sul mix e ho iniziato a trattarlo con riverberi, delay ed effetti di modulazione.

Il risultato è stato ottimo, e quel suono è diventato parte della colonna sonora. Mi piace molto lavorare con questi effetti.

 

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Strumentazione

Sono quello che si direbbe un “gear junkie”. Sono un vero e proprio “tossicodipendente” da strumenti. Amo gli strumenti, amo studiare le macchine, suonarle. Inoltre da quando lavoro coi modulari non mi rendo conto del trascorrere del tempo.

Posseggo molti strumenti vintage come l’Oberheim Matrix 6, il Roland Juno 106, il Korg MS10, l’Oscar, lo Jupiter 8, il Roland SH101 e strumenti più recenti come il Clavia Nord Lead, il Nord Modular, il Waldorf Microwave, il Bass Station Novation.

Grazie al gruppo di musica elettronica Retina, sono entrato nel mondo dei modulari e l’idea di lavorare senza computer ha iniziato a liberarmi dagli schemi classici in cui si ricade quando si lavora col computer in punta di mouse (per es. dopo 4 battute entra la cassa, dopo 4 il charleston, dopo altre 4 il rullante, ecc.). Senza computer sono più libero. Quando importo su computer il lavoro mi rendo conto di fare cose che con il computer non farei, per esempio un charleston che entra “storto” ma che crea al brano una dinamica differente.

Come modulare, ho un Doepfer su cui ho installato vari moduli anche di produttori terzi e per me è una tragedia dato che si compra un pezzo alla volta, ogni singolo modulo non costa molto, ma così uno compra un paio di moduli alla volta e non ci si rende conto di quello che si spende. Compro molti moduli dell’italiana Sound Machine, mi piace supportare i ragazzi che lavorano ai modulari. Si tratta di persone che amano lavorare ai modulari, mi confronto con loro, dò suggerimenti. Mi piace spendere soldi per questi prodotti. Da poco sto lavorando con la drum machine Aira TR8, lo strumento mi piace, ha un buon suono. Nel mio studio non mancano mai i filtri, ho un Mutator e uno Sherman. Inoltre uso molto i pedali per creare stereofonia dai suoni mono. Amo i multieffetti (per fare dub o per le ritmiche, soprattutto sui charleston lavorando col delay e i suoi parametri).

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Il sound del 99 posse è pieno di suoni Clavia, Korg MS10, Waldorf Microwave, Jupiter 8. Qualche volta SH09 e SH101. Di solito i bassi, se non suonati dal bassista, sono fatti dal Microwave.

Oggi usiamo qualche virtual instruments, ma non sui bassi perché il suono si slabbra, non riesco mai ad ottenere il suono che ho in mente. Tra i plugin uso qualche filtro, ma i compressori non mi piacciono. Sono abituato al suono analogico, il compressore per me deve essere analogico. Con Stefano Facchielli degli Almamegretta (detto D. RaD scomparso nel 2004 a seguito di un incidente stradale) facevamo a gara ad ascoltare i dischi e a capire se la cassa veniva fuori da un Akai 3002 o da Emulator, perché il 3002 sulle casse tira fuori un’armonica inconfondibile facile da identificare per un orecchio allenato al suono analogico.

Ho amici che hanno una ricca strumentazione hardware ma poi importano tutto su computer, per me è un errore. Se io lavoro in tempo reale su un banco mixer analogico, significa che io ho in tempo reale tanti suoni differenti di tante macchine differenti. Se trasferisco tutto su PC e poi mixo, non ho più il suono dei singoli strumenti, ma ho il suono degli strumenti convertiti dalla scheda audio in entrata e poi riconvertite. Sfido chiunque a dire che il suono eseguito in tempo reale e il suono registrato su un pc siano identici.

Uso pedali per chitarra, tipo un EHX Envelope follower vintage, un distorsore Rat, un Phase MXR 90, un Boss Pitch Schifter Delay, un EHX Muff Pi (Russian), un EHX Memory Man, un Lexicon PCM 80 (per me insostituibile) e un Roland DEP 5.

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Quando si lavora a colonne sonore, molti musicisti usano i preset di Omnisphere e ci fanno un bordone di molti minuti. A me non sembra di guadagnarmi i soldi onestamente in questo modo e preferisco utilizzare le strumentazioni reali. Spesso prendo dei frammenti di musica classica in cui è presente un’orchestra intera. Setto il decay del riverbero del DEP 5 al massimo, metto il frammento di musica classica trattato dal DEP 5 e lo campiono. Poi taglio l’attacco del suono reale dell’orchestra e mi tengo tutta la lunghissima coda del suono che mi fornisce degli spunti molto interessanti, i bordoni sono molto più vitali e il suono è unico. Sempre con questo metodo utilizzo il delay del DEP 5 su un charleston, apro il feedback del delay e poi modifico il tempo, campiono il tutto e faccio interventi interessantissimi pieni di glitch sui charleston.

Anche facendo musica elettronica, se realizzo un beat con la mia Roland Aira, devo sempre lavorare con il comando di shuffle altrimenti perdo il groove umano. Conosco molto bene gli hardware e li uso al meglio, mi piacerebbe imparare ad usare il Reaktor.

Da quando sono passato ai modulari, mi sono approcciato in modo diverso agli altri synth analogici che posseggo. Cerco di coinvolgere Caparezza nel mondo dei modulari. Mi piace coinvolgere amici e colleghi nelle cose che mi appassionano. Mi piace supportare i produttori di moduli rack, mi piace suggerire l’acquisto di hardware analogico.

 

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Le origini e i 99 Posse

A 15 anni mi piaceva la musica, volevo fare il musicista. Andavo al Liceo in via San Sebastiano (nota strada di Napoli, un tempo meta di tutti i musicisti del centro sud, visto che si trovavano e ancor oggi si trovano circa una dozzina di negozi di strumenti musicali). Pensavo a quale strumento comprare. Ma mi resi conto che c’era qualcosa che non andava. Uno strumento presuppone studio e dedizione, chi desidera comprare una chitarra, un basso, una tastiera o una batteria lo fa perché assiste ad un concerto e vuole avere quell’oggetto tra le mani. Se avessi segui questa strada, sarei diventato un musicista mediocre, per non desideravo davvero nessuno di questi strumenti, perché io la passione ce l’avevo per i dischi. Ad un certo punto pensai che sarei diventato giornalista musicale, contemporaneamente cominciai a fare qualche lavoro come dj per arrotondare la paghetta che mi davano i miei genitori, che non mi bastava mai per comprare tutti i dischi che avrei voluto prendere (attualmente ho una collezione di circa 6.000 vinili). Mi piacque molto fare il dj e cominciai a collaborare con i 99 Posse facendo il dj, cioè mettendo i 12 pollici con le basi strumentali di altri gruppi su cui si poteva rappare. La prima volta che andammo in studio di registrazione per me fu uno shock, venni così affascinato da quel mondo di potenziometri e lucette che non dormivo più la notte in attesa di ritornare in studio. Capii il meccanismo di funzionamento dei campionatori e cominciai a pensare a tutto il materiale che avrei potuto campionare dai dischi che possedevo. Comprai subito un Akai S950, che costava all’epoca 3 milioni (pagato con 30 cambiali da 100.000 lire), e passai 6 mesi chiuso in casa a campionarmi tutto il materiale dai miei vinili. Comprai circa 500 dischetti floppy, e imparai tutte le funzioni del campionatore, possedendole completamente. Tutti i files campionati fanno ancora parte della mia libreria. Con le evoluzioni dei campionatori, sono passato ai modelli successivi, passando via via i campioni dai floppy alle memorie flash, poi agli hard disk interni fino agli hard disk portatili. Successivamente ho preso una Roland Juno per creare dei suoni di synth e per pilotare il campionatore, bloccavo una nota con un dischetto e ascoltavo come funzionavano i loop che creavo.Attualmente uso ancora un Akai S3200 perché ha un suono con una sua personalità ben definita. Col tempo ho acquistato un computer e ho installato Cubase, poi un mixer.

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Acquistando col tempo, poco alla volta, si impara a conoscere tutte le apparecchiature fino in fondo. Adesso invece, si acquista un computer, si installano decine di plugin e si lavora coi preset. Ci sono musicisti, anche noti, che si creano i channel strip con i preset. Ma in questo modo si va fuori strada, sia perché di perde il bello della musica, perché è piacevole ottenere un risultato che è frutto di un percorso di studio e poi perché usando i preset si lavora con sonorità standardizzate mentre per chi fa musica elettronica, il suono deve essere tutto. Se si rinuncia a sviluppare un suono proprio, non si è identificabili come musicisti. Lavorare con i preset significa non fare musica elettronica. Il consiglio è di non aver paura dei soldi, anche perché i prezzi degli hardware ormai diventano sempre più contenuti.

Coi 99 Posse a marzo è uscito “Curre curre guagliò 2.0” con tanti ospiti di qualità. Abbiamo abbinato nomi di artisti famosi ad artisti bravi ma meno conosciuti. Stiamo lavorando ad un nuovo album che dovrebbe uscire nel 2015.

Col tempo, la metodologia di lavoro è cambiata man mano che cambiava la formazione. Ovviamente esistono dei meccanismi automatici visto che ci conosciamo da anni, ma cerchiamo sempre di trovare il modo per evitare la routine e sfuggire al clichè produttivo. Rispetto al passato, in cui coinvolgevamo altri artisti a supportare le nostre idee, adesso cerchiamo di farci stimolare da altri artisti, per esempio invitando beatmaker a inviarci le proprie sequenze.

Coi 99 Posse le cose attualmente vanno benissimo, e abbiamo trovato il modo di lasciare ad ognuno lo spazio per seguire le proprie attività. In passato, i 99 Posse sono stati onnivori, assorbivano completamente le nostre vite, abbiamo passato 12 anni praticamente vivendo giorno e notte assieme per 365 giorni l’anno. Ora il bello è che ognuno di noi può fare esperienze diverse che poi vanno a confluire nel progetto comune apportando benefici al lavoro complessivo. Un gruppo è come una storia d’amore e dopo 12 anni di vita intensa assieme, ero convinto che non avremmo più ripreso l’esperienza del gruppo, poi dopo sette anni di assenza è sbocciato di nuovo l’amore e la voglia di riprendere a lavorare assieme.

Il problema della crisi era dovuto al fatto che dopo aver vissuto in determinati contesti, siamo diventati mainstream facendo passaggi su MTV e su Mediaset, dove cercammo di conservare la nostra indipendenza, che poi ci è costata l’esilio da determinati programmi televisivi.

Anche la Rai ci propose dei passaggi televisivi dietro l’obbligo contrattuale di limitare la nostra presenza alla sola esecuzione dei brani senza alcun commento o intervista e col divieto di parlare di politica. Ovviamente abbiamo rifiutato e da allora non siamo più comparsi in Rai, solo Radio Rai ha continuato ad invitarci. Ovviamente per noi è importante discutere dei problemi di attualità. Tramite la nostra pagina Facebook, facciamo il possibile per sensibilizzare l’opinione pubblica ai temi di attualità come il razzismo crescente in Italia e il problema della striscia di Gaza.

 

 

 

 

 

 

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Comments (16)

  • Fabio

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    Bella testimonianza professionale, ma la musica e le prediche politiche dei 99posse non si possono proprio sentire.

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    • Luke

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      sei un grande!!! quoto ogni singola parola.
      profonda stima!

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  • fabrizio

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    Bellissima Intervista! Finalmente un musicista nostrano che dispensa consigli senza avere la manina tirata! Purtroppo i mediocri sperano di diventare grandi tenendo tutto per loro!
    Vorrei un consiglio per la scelta di un mixer (budget 1000 / 1500euro), tra quelli in commercio nuovi o usati, per iniziare a lavorare in homestudio nel modo in cui dice Messina cioè mixando dal banco e poi registrare sul sequencer del computer.
    Saluti

    Reply

    • marco messina

      |

      ciao, ottimo il mackie 8 bus consigliato da Cosimi, prova anche il Midas Venice

      Reply

      • fabrizio

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        Ciao Marco grazie per il consiglio!

        Reply

  • Rigel

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    Sarebbe molto interessante capire, visto il lavoro di compositore oltreoceano, se Marco si affidi alla SIAE o a società simili per la raccolta delle royalties, o se piuttosto non abbia preferito sistemi diversi, Creative Commons o altro; il concetto: “chiamano, chiedono, bonificano” suona piuttosto incredibile per chi è abituato a fare questo genere di lavoro in Italia, “tutelato” dalla SIAE. Se, come penso, si tratta di agenzie che trattano brani royalty-free, è ancora più incredibile, visto che la SIAE per quanto ne sappia amministra tutte le composizioni di un associato.

    Comunque, grande uomo, tante perle di vera saggezza :-)

    Reply

    • marco messina

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      ciao, sono iscritto alla SIAE, mi è capitato di usare creative commons.
      va detto che il concetto chiamano, chiedono, ricevono e bonificano non dipende dalla SIAE o da altre società che tutelano i diritti, ma dalla serietà di chi sta dall’ altra parte, ed in italia, tranne rare eccezioni, la serietà è merce rara
      Solitamente le società di licensing (almeno quella con la quale lavoro) fa un offerta per l’ utilizzo del brano e dopo aver ricevuto il contratto fa il bonifico

      Reply

      • Rigel

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        Mi scuso se mi sono spiegato male, chiaramente non intendevo mettere in dubbio ciò che dici.
        Credo di avere individuato la società di licensing di cui parli, ottima e con grande carattere, e anche con un curriculum di tutto rispetto!
        Io in passato ho avuto enormi difficoltà a coniugare SIAE con società più piccole che si occupano di trailer, sonorizzazioni, etc. Nella maggior parte dei casi sono stato costretto ad usare pseudonimi non voluti, proprio perché tutto sarebbe dovuto passare da un’ulteriore licenza di sincronizzazione inoltrata alla SIAE, oltre che dal mio permesso… e non c’erano quasi mai i tempi e le possibilità per farlo.
        Adesso vivo solo di Creative Commons, e mi dispiace tantissimo che, in Italia, chi è costretto a rimanere in SIAE non possa pubblicare in CC quanto vorrebbe.

        Reply

  • Rigel

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    Nella prima parte dell’intervista ha (con molta umiltà) accusato i VST di portarlo a perdere la concentrazione e l’impulso creativo proprio per l’enorme quantità di preset disponibili, e in questa seconda parte ribadisce il concetto, secondo me molto più valido dei discorsi infiniti sulle differenze in termini di suono.
    Tuttavia non amo quando i guru dell’analogico (o i guru in generale) dopo avere fatto sognare con immagini che fanno venir voglia di mollare tutto e mettersi a spippolare sui potenziometri, si lasciano prendere da generalizzazioni infelici e forse un pochino offensive, come quella sui “bordoni infiniti” di Omnisphere; i preset nascono per essere utilizzati, poi se il “mercato” non premia la creatività, non è certo colpa di Omnisphere e del suo esercito di sound designer. Non è questa la sede per elencarli, ma i preset sono dentro un’infinità di dischi storici.

    Reply

    • marco messina

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      ciao rigel, io non mi ritengo affatto un guru 😉
      sono un appassionato del suono analogico, ma non un fondamentalista dell’ analogico, uso anche plug in e virtual instruments, ma quasi sempre uso quelli che che non emulano cose che esistono nel modo dell’ hardware, ma quelli che ti permettono di fare cose che le mie macchine non mi consentono di fare, tra questi c’ è anche omnisphere
      mi dispiace di essermi spiegato male, non intendevo criticare chi usa omnisphere o i suoi preset. Anzi molti miei bordoni sono fatti con preset di omnisphere, cui però aggiungo altri suoni (talvolta microsuoni) per personalizzarli e/o adattarli al contesto in cui li uso

      Reply

      • Rigel

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        Ciao Marco e grazie della (delle) risposte. Intanto, accettalo, sei un Guru™ eccome… e da grandi poteri derivano grandi responsabilità, come disse lo zio di qualcuno.
        Posso dirti che anch’io trovo davvero inquietante il fatto che qualcuno riesca a “campare” di bordoni infiniti fatti con un preset, e capisco il tuo ragionamento e la tua (si può dire?) frustrazione.
        Penso tuttavia che si tratti innanzitutto di mancanza di onestà nei confronti di sé stessi. La musica per molti di noi è un lavoro, ma non significa che non si debba continuamente cercare motivazione e divertimento in essa, moltissimi non lo fanno, e sono felice che tu lo faccia, a prescindere dal fatto che gli utenti finali del tuo lavoro (mi riferisco alle colonne sonore) “afferrino” i tuoi segreti… questo ti permetterà di andare avanti all’infinito.
        Mio padre fa il falegname, e potrebbe barare spesso sulla qualità e sulla ricerca, ma si tratterebbe principalmente di prendere in giro sé stesso, di rischiare la perdita della un musicista di alto livello come te si senta ancora un artigiano :-)

        Reply

        • Rigel

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          è saltato un pezzo: “Si tratterebbe principalmente di prendere in giro sé stesso, di rischiare di perdere la motivazione e la voglia di migliorarsi. Sono contento che un musicista di alto livello come te si senta ancora un artigiano”

          Ciao Marco e grazie.

          Reply

  • fabrizio

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    Sicuramente il mondo dei VST plug in è in costante evoluzione e non tutti usano i soliti noti indicati nell’intervista.

    Reply

  • fabrizio

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    grazie del consiglio Enrico! gli effetti come sono dei mackie? per iniziare andrebbero bene? Magari potrei prendere un 4 bus con gli effetti.

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