Postille critiche per una Storia della Tecnologia Musicale – 02

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Il secondo, grande, appuntamento con i ragionamenti attorno alla Tecnologia in Musica è, inevitabilmente, quello con il Telharmonium di Taddheus Cahill. Come accennato la volta scorsa, queste righe non vogliono – e non possono – essere un manuale storico: casomai, si presuppone da parte del lettore una conoscenza seppur superficiale del fatto storico, in modo da partire con esso e arrivare a “spremere” spunti di riflessione in qualche maniera trasversali alla tecnologia stessa e al suo impiego nell’evoluzione del linguaggio musicale elettronico.

Di Enrico Cosimi

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La considerazione più banale, quando si parla di Telharmonium, è relativa alla portatilità dello strumento musicale elettronico, ovvero alle risorse di portatilità offerte dalla tecnologia disponibile contestualmente all’introduzione del nuovo mezzo espressivo. Come è facile concludere, per chiunque abbia una seppur minima conoscenza delle vicissitudini passate da Cahill con il suo strumento, è chiaro che undici vagoni ferroviari non sono sinonimo di facilità nello spostamento.

Più seriamente, l’esperienza del Telharmonium ci permette di ragionare in termini pratici – e meno pratici – su fenomeni che poi scopriremo ricorrenti nell’evoluzione della Musica Elettronica:

  1. La comparsa, nella società umana, di un nuovo mezzo tecnologico (la trasmissione musicale lungo linee telefoniche, la separazione apparente tra ascolto e produzione, l’assenza visiva dei performer) è sempre accoppiata ad una fase iniziale di conquista della fiducia. Ovvero…
  2. Ogni volta che emerge un nuovo mezzo espressivo, una nuova tecnologia, un nuovo strumento musicale elettronico (o un nuovo laptop, un nuovo campionatore, un nuovo smartphone…), l’industria – in grande – o il progettista – in piccolo – deve preoccuparsi prima di catturare la fiducia dei potenziali clienti piegando il nuovo mezzo a compiti convenzionali. Nel caso del Telharmonium, la “straordinaria ricchezza timbrica” e le “sorprendenti capacità musicali” (si potrebbero ri-leggere cinicamente le affermazioni entusiastiche di Ferruccio Busoni, a tal riguardo…) vennero usate principalmente, se non unicamente, per riprodurre brani del repertorio classico facilmente veicolabili per/con il gusto della ricca committenza dell’epoca. Nulla di sperimentale, nulla di aperto a nuovi orizzonti compositivi.
  3. E’ solo in un momento successivo, quando le condizioni contingenti, la fortuna commerciale e la tenuta dell’interesse nei confronti della next big thing lo permettono, che è concesso abbandonare il repertorio performativo tradizionale per dimostrare nuove aperture compositive, performative, stilistiche, operative. Lo vedremo meglio con l’Eterofono di Theremin.
  4. La possibilità di stipulare un abbonamento per l’ascolto in differita – attraverso linee telefoniche (con tutti i problemi elettromeccanici ad esse collegabili) – apre, dal primo decennio dello scorso secolo, un panorama commerciale per l’uso della musica in diffusione. E’ facile agganciare all’abbonamento per il Telharmonium altri fenomeni che, passando forzatamente per la musica di arredamento di Satie, fino alle musica per ascensori e poi alla musica per aeroporti di Eno, definiscono la vocazione di facilitazione commerciale della futura muzak che accompagna nella scelta sempre meno consapevole, lo scorrere in rassegna scaffali dopo scaffali di merce all’interno dei primi supermercati.
  5. L’ascolto spassionato che possiamo fare oggi del suono generato con il Telharmonium (qui, è possibile recuperare qualche esempio audio) rende impietosa la valutazione a posteriori di tanti commenti entusiastici dell’epoca. E’ doveroso segnalare più di una perplessità espressa, tra gli altri, da Ferde Grofé nei confronti dell’asprezza timbrica, dello schiacciamento dinamico e – principalmente – dei brutti transienti in apertura e chiusura di nota che caratterizzavano la fonica dello strumento.
  6. Dal punto di vista più squisitamente tecnico, proprio quei brutti transienti al nota on e al nota off del Telhamonium diventeranno l’indesiderato marchio di fabbrica di una ben più fortunata riedizione della sua originale tecnologia di generazione timbrica: stiamo facendo riferimento alla conversione, miniaturizzazione e riutilizzazione del grande generatore a dinamo nel più compatto generatore elettrofonicdi Laurens Hammond. Il “key click” segnerà una stagione importante nel suono del futuro organo.

Ma questo è un altro discorso.

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