Polifonia sul sint modulare: ha senso?

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Molto spesso, nella comunità dei synth addicted (e, all’interno di questa, nel condominio dei modularisti a tutti i costi…), si discuto sulla congruità o meno di realizzare polifonia con una struttura modulare. L’argomento è complesso e richiede, come al solito, un minimo di organizzazione per evitare errori, spese tragiche e costose delusioni.

Di Enrico Cosimi

Per prima cosa, è necessario mettersi d’accordo sul senso che diamo al concetto di polifonia: stiamo parlando della capacità di generare simultaneamente eventi tra loro indipendenti? E ancora, gli eventi simultanei devono essere tra loro omogenei timbricamente e funzionalemnte, o possono essere eterogenei e accomunati solo dalla simultaneità?

Come dire: è polifonico solo un accordo di Do-Mi-Sol-Do ottenuto con quattro voci, ciascuna composta da due oscillatori, un filtro, un amplificatore e due inviluppi – tutti regolati per suonare più o meno uguali tra loro – o è polifonico l’insieme esecutivo di un noise burst, una veloce sequenza che pilota due oscillatori in FM lineare, un basso con tre oscillatori lievemente scordati e un filter sweept mandato in modulazione audio? In base alla risposta, in base alle considerazioni filosofiche che ogni musicista realizza nei confronti del proprio operato, si profileranno diverse soluzioni operative.

Se quello che interessa è la polifonia timbricamente omogenea – o, quantomento, strutturalmente omogenea, anche con possibili variazioni sul tema timbrico – la cosa più saggia da fare è ricorrere a uno strumento integrato, o quantomeno predisposto per lavorare in quella direzione; da questo punto di vista, la cosa migliore è mettere le mani su un vecchio Oberheim Four Voice o su una struttura ad esso corrispondente; l’integrazione elettronica e l’ottimizzazione di pannello permette di mantenere entro limiti accettabili gli ingombri e (cosa ancora più importante) la complessità operativa. Ovvio che, in un sistema come il quattro voci Oberheim, l’impostazione del singolo canale di voce sarà volutamente semplificata e ottimizzata, proprio in visione del compito che dovrà svolgere.

Se invece quello che interessa è la molteplicità simultanea di comportamenti timbrici e musicali non omogenei tra loro, un grosso sistema modulare potrebbe andare bene, a patto di avere sufficiente pazienza e organizzazione mentale per gestire simultaneamente tutti i compiti richiesti.  L’immagine qui sopra riproduce il grosso sistema Polyfusion usato da Steve Porcaro per le sue “avventure modulari” con i Toto: ricordate l’assolo di Roxanna?

Ma, anche nel caso di un sistema poiifonico di dimensioni generose, prima di lanciarsi in programmazioni sconsiderate, è necessario fare qualche considerazione di tipo generale – onde evitare successive delusioni. All’interno di una struttura di sintesi, il parametro che definisce la capacità simultanea di generare eventi articolabili, controllabili e ripetibili è il numero di VCA complessivamente presenti nella struttura.

Prendiamo in esame il simpatico Moog Modular System 55 riprodotto nell’immagine qui sopra: a fronte di un ingombro assai significativo, il punto da prendere in esame è la presenza di “soli” cinque VCA che vincolano il musicista alla produzione di altrettanti eventi audio tra loro indipendenti e articolabili separatamente. Dove sono i VCA in questione? Semplice, isolate visivamente il cabinet superiore e, da sinistra, divertitevi a contare le singole unità d’ingombro (il primo modulo è largo 2 unità, il secondo 4…):  i VCA occupano rispettivamente le posizioni 11, 13, 15, 16, 17.

Lo stesso tipo di considerazione può essere fatta nei confronti dell’ARP 2600, un’altra storica macchina che – a ben guardare – è molto meno potente (per simultaneità degli eventi proponibili) di quanto si possa pensare a prima vista.

Nel 2600, c’è un solo Voltage Controlled Amplifier (è la seconda sezione verticale vista da destra sul pannello), che offre collegamenti normalizzati dal filtro e dal modulatore ad anello. Ovvio che, vista la natura semimodulare del 2600, si potrà aggirare la limitazione utilizzando – ad esempio – il Ring Mod come secondo amplificatore. O magari, si può articolare “a mano” un ulteriore evento aprendone e chiudendone il volume all’interno dell’audio mixer.

Da non sottovalutare, infine, sempre a proposito del 2600 il vincolo tra ADSR e AR che possono essere triggerati solo ed esclusivamente attraverso lo stesso impulso, rendendo quindi impossibile il loro utilizzo separato.

La prossima volta, affronteremo l’approccio quantitativo, cercando cioè di capire quale sia la dotazione minima di moduli per articolare una singola voce e come questo abbia delle drammatiche ricadute sulla ricerca della polifonia modulare. Ma prima, lasciamoci con una domanda che – apparentemente banale – racchiude tutta la questione: di quanti (e quali) moduli ho bisogno per configurare una voce synth che sia autosufficiente?

Stay well.

 

 

 

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Comments (9)

  • Lucio

    |

    Articolo interessantissimo!
    molto utile soprattutto per chi (come me) si avvicina timidamente ai modulari e passa le notti in bianco per cercare di capire certi meccanismi.
    Sarebbe fantastica anche una panoramica parallela applicata ai sequencer.

    Lucio.

    Reply

  • Lucio

    |

    Si, esatto!
    Vorrei prendere uno z8000 tiptop ma ho ancora le idee molto confuse sulla gestione multitmbrica/polifonica di più VCO e di quali e quanti moduli aggiuntivi occorranno per completare il sistema (clock divider, trigger sequencer. ecc)

    Grazie ancora.

    Lucio.

    Reply

  • Enrico Cosimi

    |

    beh, non ti sei scelto un sequencer facile… :-)

    è un argomento che sicuramente sarà approfondito; next week c’è la seconda puntata, che parla ancora di configurazione “basic”, poi vedo di scendere nel dettaglio con il tip top…

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  • Kindon

    |

    Mi accodo anch’io alla discussione e rimango sintonizzato.
    Complimenti per il sito, davvero un’ottima risorsa.

    K

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    • Enrico Cosimi

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      bene!!!
      la prossima volta, parliamo di come moltiplicare la voce “tipica” di sint nella struttura polifonica… un incubo!!!! :-)

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  • Tommaso

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    Ok…forse un po’ fuori tema ma visto che abbiamo tirato in ballo il tiptop Z8000 mi piacerebbe vedere il Maestro Cosimi alle prese con un duello tra il sequencer sopracitato ed un altro simpatico mostro che risponde al nome Renè e cognome Makenoise :-)
    Che ne dici Maestro?

    Sempre grazie per i tuoi articoli.

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  • Enrico Cosimi

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    ti ringrazio per il “Maestro” :-)
    la cosa si potrebbe fare (ho un amico che possiede tutti e due i moduli…); così al volo, posso segnalare che Renè è molto più complesso – e sleale – con tutti i menu e sottomenu di funzionamento, mentre il TipTop è più immediato.

    in tutti e due i casi, devi dimenticarti le prestazioni da “step sequencer normale”: del resto, se sei interessato a quei moduli è perchè il classico comportamento 16×1 o 8×2 ti va stretto 😉

    vedo se riesco a organizzare una prova comparata – ci vorrà del tempo……

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    • Tommaso

      |

      Grazie grazie. Non vedo l’ ora!!

      Reply

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