Pianoteq: non c’è 3 senza 4!

Written by Antonio Antetomaso on . Posted in Software

Ormai affermatosi già da tempo sul mercato come il signore dei virtual instruments dedicati all’ emulazione del piano acustico, Pianoteq arriva alla versione 4 con una carrellata di novità, tra la forte attesa dei suoi fans più accaniti, lo scetticismo ostinato dei puristi e la curiosità di tutti quelli che, pur avendolo provato,  ancora continuano a preferire i risultati ottenibili in un mix utilizzando un plugin basato sull’uso dei campioni.  Dov’è la verità? E’ riuscita la Modartt a scalfire anche l’ultimo dei dubbi con questa nuova versione? Scopriamolo insieme.

di Antonio Antetomaso

Iniziamo, per coloro che si sono sintonizzati adesso sul canale “Pianoteq”, con un piccolo ripasso. Pianoteq è un software che si prefigge il compito di emulare il suono di un pianoforte senza utilizzare campioni, ma calcolando tutto in tempo reale durante l’esecuzione mediante algoritmi di modellazione del suono.

Tali algoritmi, che hanno le loro radici nelle leggi dell’acustica, vengono poi tradotti in un bel po’ di righe di codice e dati in pasto ad una DAW sufficientemente potente. Tutto ciò è offerto sotto forma  di un’applicazione eseguibile sia su piattaforma Windows che Mac OSX che Linux, sia in modalità standalone  sia facendo uso di un software di hosting che parla i protocolli VST (Steinberg), AU (Apple) e RTAS (Digidesign).

E come controllo tutto questo ben di Dio? Semplice, via MIDI, mediante una tastiera dotata auspicabilmente di tasti pesati per ottenere il massimo risultato e il massimo feeling. Rendiamoci conto, senza entrare troppo nel dettaglio che, emulare al cento per cento il timbro di un  piano e, peggio ancora, renderlo credibile alle orecchie di un ascoltatore comporta emulare tutta una serie  di cose al contorno, come ad esempio:

  1. Risonanza simpatetica (la libera vibrazione delle corde limitrofe ad una corda percossa da un martelletto)
  2. Pedale (sustain, mezzo pedale, sordina)
  3. Riverberazione ambientale
  4. Tecniche di ripresa microfonica

il tutto al fine di dare, ovviamente, l’illusione di suonare “senza intoppi” e con (quasi)  qualunque tastiera sul mercato, come se si fosse seduti davvero davanti ad un piano acustico. Dopo le prime due, la versione 3.x di Pianoteq aveva rappresentato una importante pietra miliare nella storia di questo prodotto, conferendo ad esso un livello di realismo assolutamente senza precedenti nel campo dei modelli fisici e una suonabilità senza eguali, se rapportata ad un qualunque altro prodotto della medesima categoria basato, invece, su GB e GB di campioni. Ah, dimenticavo, il tutto in 25 MB!!!

Cosa non aveva convinto del prodotto (almeno me, ma ho trovato riscontro anche in altri utenti, girovagando in rete)? Beh, dopo averlo provato a casa ed in live, personalmente non mi aveva convinto molto la resa dal vivo e la presenza in un mix finale (suono ovattato, poca dinamicità, bassi ed alti non convincenti), nonché un certo sapore sintetico che il prodotto proprio non riusciva a scrollarsi di dosso, benché alla versione 3. Andiamo a vedere allora se con la versione 4 le cose sono migliorate o, meglio ancora, come e quanto sono migliorate.

Cominciamo dal motore di sintesi, forse la novità più grande. Tralasciando i pacchetti di estensione, nella versione 3.x avevamo 3 modelli di pianoforti emulati: Grand K1, Grand C3, Grand M3 (il mio preferito) rispettivamente più o meno morbido, più o meno dinamico, più o meno percussivo. Ancora, i preset di ogni piano, intesi come settaggi del plugin naturalmente, erano organizzati in base al tipo di microfonatura adottata, cosa, questa, meno comoda se si doveva optare velocemente per un timbro più o meno adatto ad un determinato genere musicale e si aveva “necessità di un consiglio” (es. quale scelgo in ambito jazzistico?)

Nella versione 4, Pianoteq stravolge questi concetti eliminando i modelli C3 e M3, lasciando il K1 e affiancandolo con un piano di nuova generazione, il D4, che incarna una tecnologia tutta nuova basata su innovativi e rinnovati algoritmi di emulazione delle corde, dei martelletti, della risonanza e del pedale. Come “modello da imitare”, un meraviglioso esemplare di Steinway D da Amburgo.

In merito ai preset, il D4 viene servito in numerose configurazioni che fanno riferimento, questa volta, al contesto di utilizzo suggerito: jazz, classico, pop, rock e compagnia cantante.

Piccolo appunto: io avrei riportato la stessa configurazione di preset anche per il K1, che rimane di vecchia concezione, anche nel suono; datemi un motivo per usarlo ancora dopo aver ascoltato il D4!! Dicevano gli antichi “DE GUSTIBUS NON DISPUTANDUM EST”….mai come questa volta tale proverbio è azzeccato.

Torniamo a noi, solo il D4? No, assolutamente no, la prossima novità è nella rinnovata sezione effetti.

Con nuovi algoritmi e molti più parametri a disposizione, la sezione effetti di Pianoteq 4 è stata completamente ridisegnata, offrendo, tra le altre cose, la possibilità di gestire presets. Particolare accento sugli effetti più propriamente adatti ai piani elettrici: Amplificatore e short modulations e, sinceramente, comprendo appieno questa scelta: a parte il riverbero ed, eventualmente il compressore, che cosa vogliamo aggiungere di più al timbro di un piano acustico se lo scopo è il realismo?

E difatti, la sezione riverberi è stata potenziata al massimo, introducendo il riverbero a convoluzione (altra novità di questa nuova versione) che consente di emulare, con un grado di realismo e di credibilità assai elevato, gli scenari di riverberazione più comuni: palcoscenici, club, cattedrali, live, studi….c’è tutto.

Purtroppo manca ancora il Phaser per il Rhodes, sigh e sob… Proprio non vogliono aggiungerlo.

Altra novità riguarda l’emulazione di un nuovo fenomeno il mallet bounce, riproducibile in strumenti come il clavicembalo, lo xilofono o il vibrafono. Non riesco a spiegarvelo a parole in modo efficace, ascoltatelo qui.

Entriamo nelle novità minori, la prima delle quali riguarda l’introduzione di un wizard (percorso guidato) per la configurazione della dinamica ottimale sulla base del controller MIDI a disposizione. Non ditemi che sapete esattamente la curva di dinamica della vostra tastiera, come pure, non ditemi che sapete ricavarvi ad orecchio quella ottimale!! Finalmente ci siamo arrivati anche con questo prodotto e, per farsi perdonare il ritardo, questa nuova versione offre anche la calibratura automatica del pedale. Niente male!!

Ultima chicca, l’interfaccia ridimensionabile: era ora santi Numi!! In tutta sincerità ho sempre considerato questo un bug da correggere più che una miglioria da apportare; comunque, ora c’è ed è comoda.

Chiudiamo con le impressioni personali: beh, signori, il passo avanti c’è senz’altro, anche se il percorso può ancora continuare… Finalmente il D4 suona come deve suonare sui bassi e sugli alti e il “sapore di plastica” della versione 3 si è molto attenuato.  Diciamo che questa versione segna, come la precedente, un’altra pietra miliare nella storia di questo prodotto che farà pure aspettare, ma quando propone una nuova release con la prima cifra cambiata rilascia una vera piccola rivoluzione.

Costi e versioni? La classica versione standard a 249 euro, la PRO a 399 euro (cifra importante), la nuova versione STAGE in luogo della PLAY che sostanzialmente offre sempre e soltanto la possibilità di suonare senza modificare più di tanto: è cambiato solo il nome e anche la cifra è rimasta la stessa, 99 euro.

Unica cosa che sinceramente mi scoraggia dall’acquisto della STAGE è l’assenza della possibilità di cambiare configurazione di microfoni, cosa questa che, in un prodotto come questo, è di vitale importanza a mio avviso. Per il resto, un utilizzo medio richiede obiettivamente poco intervento sui parametri di modellazione del piano, per cui si può propendere tranquillamente per i 99 euro, se si è interessati all’acquisto.

Il tutto è disponibile qui, da cui è possibile scaricare una ben generosa DEMO di qualunque versione del prodotto.

Volete sentire qualcosa? Provate qui.

Non vi basta? Allora, qui.

A presto.

 

 

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