ME & MY MODULAR 02 – Preliminari alla configurazione

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear, Tutorial

Le chiacchiere sono a zero: una volta deciso per il modulare non rimane che ordinare i moduli necessari. E, a questo punto, iniziano i problemi. La configurazione di un sistema modulare è un’operazione raffinata, densa di pericoli, non immediata, ma – per un certo tipo di utenza – altamente gratificante. Tutto sta nell’intensità della proiezione del desiderio, cioè nell’elaborare a priori le strategie che si intenderanno mettere in pratica quando il sistema sarà finalmente disponibile.

Di Enrico Cosimi

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Peggio ancora, parallelamente alle fasi di configurazione, occorre prendere un’altra enorme decisione: la scelta del formato hardware che si intende adottare per la propria struttura. Dal momento che, per ovvi motivi tipografici, non è possibile sviluppare i due argomenti simultaneamente, forzeremo il percorso logico affrontando prima le argomentazioni generiche per la configurazione (avremo modo più avanti di scendere nel dettaglio) e dopo i meccanismi che possono guidare la scelta verso Euro Rack piuttosto che Frac Rack, o far optare per il più impegnativo 5U piuttosto che per i formati proprietari Modcan, Serge e Buchla. Ogni caso, arbitrariamente, a suo tempo. Per ora, occupiamoci di come affrontare l’argomento configurazione. O, quanto meno, di come approcciare l’argomento…

Come accennavamo la volta scorsa, un modulare può essere tutto e il contrario di tutto, ma – di fondo – deve poter aderire funzionamente ad uno di n modelli operativi applicabili per generare segnale, processare audio esterno, realizzare incastri ritmici, costruire sequenze, eccetera. Ovviamente, per funzionare, deve rispettare una serie di teorie ormai ben cristallizate. Allacciamoci le cinture di sicurezza, che procederemo a velocità sostenuta.

 

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Sintetizzatore (modulare e non): i criteri di base

Un sintetizzatore è uno strumento musicale. Per questo motivo, deve fornire risultati dinamici, controllabili, espressivi, meglio se ripetibili o gestibili con relativa comodità da parte del musicista. Come tutti gli strumenti musicali di questo pianeta, anche lo strumento sintetizzatore soggiace ad una categorizzazione di funzionamento che ne semplifica – al volo – l’identificazione delle operazioni di generazione, modifica, trattamento e controllo del suono.

 

Uno strumento musicale acustico

In uno strumento musicale non elettronico, esiste un componente che produce fisicamente il segnale audio (le corde nel pianoforte, la membrana nella grancassa, la colonna d’aria nel trombone); il segnale prodotto dalla sorgente sonora (questo il termine generico con cui ci si riferisce a codesta categoria di oggetti) è successivamente processato, modificato, alterato, migliorato o personalizzato in base ad una serie più o meno estesa di trattamenti ad opera dei modificatori di segnale (il coperchio e la tavola armonica nel pianoforte, la cassa e la tavola armonica della chitarra classica, il canneggio metallico della tromba, la caldaia del timpano, eccetera). Se la sorgente sonora genera il suono, il modificatore di segnale lo altera nei suoi parametri più significativi (frequenza, fase, ampiezza, contenuto armonico), ma tutto questo è niente senza la possibilità di controllare cosa succede strada facendo. Ecco perché esiste una fenomenale categoria di sorgenti di controllo (la tastiera del pianoforte e della chitarra classica, i mazzuoli del timpanista…) che vive solo per convertire il desiderio del musicista in una realtà timbrica ben precisa, regolarizzabile e ripetibile. Come per le sorgenti sonore, anche le sorgenti di controllo possono essere sottoposte a meccanismi che ne modificano anche solo in parte il funzionamento; nei modificatori di controllo, è facile inglobare anche i tre pedali (una corda, tonale, alza smorzi) del pianoforte a coda: la loro azione altera il funzionamento della meccanica.

 

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Uno strumento musicale elettronico

Mutatis mutandis, troviamo le stesse cose, solo nascoste sotto nomenclature a volte bizzarre.

Un sintetizzatore produce il suono attraverso una serie di sorgenti sonore che possono comprendere oscillatori, generatori di rumore, ingressi per segnali audio esterni. Il segnale nudo e crudo della sorgente sonora (o delle sorgenti sommate in un mixer) è processato attraverso diversi possibili modificatori di segnale (possono essere filtri ed equalizzatori che intervengono sul contenuto armonico, mixer e amplificatori che agiscono sul livello, armonizzatori e pitch shifter che cambiano la frequenza, linee di ritardo che alterano la fase, eccetera).

Il tutto è tenuto ben saldo attraverso l’intervento di controllo delle diverse sorgenti (generatori d’inviluppo, oscillatori a bassa frequenza, tastiere musicali, bottoni, potenziometri, cursori, joystick, sequencer, eccetera); per finire, anche il comportamento delle sorgenti di controllo può essere modificato più o meno in profondità dai modificatori di controllo; a questa categoria, è facile ascrivere gli slew limiter/portamento, i meccanismi di quantizzazione/integrazione, i Sample & Hold/Track & Hold e altre interessanti coserelle.

schema 3

Ovviamente, non tutto è indispensabile, non tutto può essere tralasciato: a seconda del compito che prevediamo per il nostro sintetizzatore modulare – a differenza di quanto accade con un sistema integrato – è possibile privilegiare determinati aspetti dell’offerta di moduli trascurandone altri. È tutto qui…

 

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Ma quali possono essere questi comportamenti?

Ipotizziamo qualcosa:

  • Un sistema dedicato alla produzione timbrica generica; una sorta di voce monofonica più completa del classico Minimoog, più versatile dell’altrettanto classico ARP Odyssey ed in grado di coprire tutte le sonorità classicamente Prog-Rock (sempre, con rispetto parlando).
  • Un sistema sempre tradizionale nella sua impostazione, ma maggiormente sbilanciato verso l’automazione esecutiva a colpi di step sequencer. Un modulare adatto alla produzione e alla performance nel perfetto stile cosmico tedesco. Lo strumento adatto al quarto membro dei Tangerine Dream, per capirci.
  • Un sistema dedicato alla produzione di timbriche analogicamente percussive (o, se preferite, percussivamente analogiche). Non sembri una differenziazione peregrina: per fare una cassa o un rullante credibili in stile TR-808, occorrono due se non tre percorsi di generazione timbrica indipendente per articolazione e filtraggio. Insomma, è necessario ragionare su una configurazione particolare. A maggior ragione quando, nella fase successiva alla generazione timbrica, diventa importante organizzare la programmazione dei suoni sotto forma di Pattern ritmici.
  • Un sistema dedicato al trattamento dei segnali esterni: il modulare può essere usato come processore per generatori esterni, o come “plug-in hardware” da collegare sulla aux del mixer per filtrare, modificare, stravolgere il senso timbrico di un suono altrimenti fin troppo banale. Come è facile immaginare, una configurazione del genere avrà pochi oscillatori e tanti modificatori.
  • Un sistema dedicato alla generazione analogica di Vocoder: anche se l’eccellente vocoder analogico a 15 bande di Doepfer è storia antica non più in produzione, con l’Euro Rack si possono/potevano costituire eleganti sistemi di analisi e sintesi finalizzati al trattamento timbrico creativo. Non c’è solo il formato Euro Rack, per fortuna…
  • Un sistema auto generativo ad andamento orizzontale e/o verticale: gli anglofoni usano il termine noodles (spaghetti…) per indicare una struttura – modulare o meno – in grado di “suonare da sola” con o senza sollecitazioni da parte del musicista. Si può decidere se concentrare la potenza di sintesi modulare sul comportamento auto evolvente tipico delle drone più rarefatta, o spostare il comportamento autonomo sulla generazione ad incastro ritmico, espresso nelle diverse coniugazioni comprese tra andamento randomico e controllato.
  • Un sistema ottimizzato per la performance live: anche se, come diceva Emerson, “vedere un musicista alle prese con un modulare non è uno spettacolo particolarmente emozionante”, emozioni a parte, si può facilitare il comportamento dal vivo dello strumento prendendo opportune decisioni. Dalla posizione dei moduli, alle normalizzazioni interne (se disponibili), all’adozione di connessioni particolari e/o moduli ad alta densità funzionale, si può tentare di andare dal vivo con maggior confidenza e minor senso di catastrofe incombente…
  • Un sistema “no limits” per la gestione in studio: siete diventati più ricchi di Deadmaus, il mondo è la vostra ostrica, il cielo è l’unico limite e potete ammassare praterie di pannelli modulari zeppi di moduli e connessioni. Cosa scegliere? Come dare sfogo alle più dettagliate velleità di potenza operativa? La lettura attenta delle prestazioni offerte da ciascun modulo può aprire inaspettati panorami di funzionamento timbrico. Perché non collegare in hard sync sette oscillatori indipendenti e creare la propria forma d’onda personalizzata?
  • Un sistema ad alta densità operativa. Il mondo è diventato più piccolo e non è più così epocale trovarsi a prendere treno o aereo per fare una serata a centinaia, se non migliaia, di chilometri da casa. Il problema è che, con il mondo, sono diventate più piccole anche le misure del bagaglio a mano concesso dalle ineffabili compagnie aree low cost. Per questo motivo, può essere saggio ragionare sulla compressione massima applicabile ai circuiti di funzionamento modulare, spingendo su strutture multi funzione che, in poche HP di spazio, garantiscano la sufficiente versatilità necessaria ad un live set completo. È chiaro che, in questo discorso, sono inevitabilmente tenuti fuori i formati più impegnativi (5U, in primis…), mentre rimangono aperte ampie possibilità per Euro Rack e similari.

 

Insomma, c’è da ragionare parecchio e – un argomento alla volta – cercheremo di non perdere la bussola. Prossimamente, dovremo fare i conti con un’altra infornata di considerazioni “quasi-preliminari” relative alla scelta del formato hardware, alle caratteristiche peculiari di ciascuno di essi, al modo con cui ogni formato risolve la connettività inter circuitale, alle conseguenze meccaniche, alle filosofie operative.

Un sacco di cose.

 

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Comments (6)

  • mirko

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    Maestro ma perché non pensare a un libro dedicato, proprio come ha fatto per il Manuale della musica elettronica?

    Grazie

    Reply

    • Marco

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      Sottoscrivo in pieno! Il modulare è una soluzione che convince sempre più utenti e non solo musicisti. Chi meglio di Lei potrebbe dipanare questa matassa?

      Grazie e buon lavoro!

      Reply

      • Attilio De Simone

        |

        Io credo che gli argomenti affrontati in un ipotetico manuale dei synth modulari sarebbero gli stessi di quelli già presenti sul manuale della musica elettronica.

        Reply

    • Enrico Cosimi

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      Santità!
      L’idea della manualistica dedicata mi era passata per la mente, e non è detto che, alla fine di tutte le puntate, non esca fuori la maniera per riunire il tutto in una veste editoriale “autonoma”.

      Di fondo, occorrerebbe dividere la parte di sintesi del suono – che è ovviamente comune alle altre strutture commerciali – da quelle che sono le caratteristiche proprie, esclusive, del mondo modulare…

      speriamo bene…
      :-)

      Reply

  • doktor tox

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    prof. un manuale su onde eurorack è indispensabile … ma solo se è scritto e autografato da lei 😀

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