Make Noise Phonogene: come ti ribalto l’audio…

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear

Che il panorama Euro Rack sia ormai diventato l’ambiente d’incubazione per le più interessanti tendenze elettroniche è un dato di fatto; che poi le tendenze in questione peschino spesso all’interno del trascorso storico, è altrettanto confermabile per chiunque abbia un minimo di conoscenza relativa alla storia della musica elettronica. Rimane il fatto che, mai come oggi, con un investimento non impossibile, ci si può costruire un personal studio di sperimentazione elettronica analogica ottenendo risultati e comportamenti che anticamente sembravano esclusivo retaggio di pochi fortunati mortali. Make Noise è tra i più attivi protagonisti di questo panorama e, in particolare, il suo Phonogene sembra fatto apposta per solleticare le peggiori pulsioni uditive degli sperimentatori. Per questo motivo, anche se il modulo è ormai storicizzato, non abbiamo saputo resistere all’occasione di poterlo mettere alla prova.

di Enrico Cosimi

Il Phonogene by Make Noise è un modulo Euro Rack che contiene al suo interno un registratore digitale attrezzato per le sovrapposizioni audio in sound on sound e per garantire l’intervento tanto autonomo, quanto sotto controllo esterno, sui parametri più significativi della riproduzione audio. Il tutto, con la consueta – delirante, ma ispirativa – grafica della ditta.

Cosa era il Phonogene?

Negli Anni 50 dello scorso secolo, quando la musica elettronica era ancora giovane, si era in pieno periodo della Tape Music, cioè dell’impiego incondizionato del nastro magnetico come medium su cui/in cui registrare, editare, immagazzinare e riprodurre le composizioni audio. Con buona pace della scuola di Colonia, presso le strutture della radio di stato francese, agiva Pierre Schaeffer, in origine tecnico del suono, poi incaricato di costituire un vero e proprio archivio sonoro finalizzato alla drammaturgia radiotrasmessa, infine dotato di carta bianca per le proprie sperimentazioni timbrico sonore. Buona parte della vita professionale, e creativa, di Schaeffer furono devolute all’identificazione e alla teorizzazione della Musica Concreta, cioè di un mondo di comporre utilizzanto segnali esistenti in natura, o prodotti dall’uomo attraverso i mezzi più disparati, che potevano essere estratti dal contesto originale per poi rivelare affascinanti peculiarità espressive. Senza annegare nella teoria – in rete, esistono centinaia di pagine dedicate agli argomenti Musique Concrete e ascolto acusmatico, basterà far notare come Schaeffer (e, prima ancora, Walter Ruttmann) sia stato il padre di un certo modo d’utilizzo degli odierni campionatori: macchine con cui catturare qualsiasi segnale, suonandolo cromaticamente o editandolo in maniera tale da estrarne caratteristiche d’impiego fascinosamente musicale/antimusicale.

Per ottenere tutto ciò, in origine Schaeffer poteva basarsi solo sulle lacche discografiche (e sulla possibilità di realizzare dischi a solco chiuso, cioè in grado di ripetere all’infinito il segnale audio in essi contenuti) e sulla presenza di diversi apparati di registrazione magnetica; proprio grazie alla collaborazione (non priva di conflitti) tra Schaeffer, Jacques Poullin e Pierre Henry, si devono diverse interessanti soluzioni hardware con cui controllare il suono. Tra queste, brillava il Phonogene originale che, (diremmo oggi) nel corso di tre revisioni funzionali, permetteva di alterare in maniera significativa la durata e/o l’intonazione di un qualsiasi segnale audio precedentemente registrato su nastro magnetico.

Il primo Phonogene (il fonogeno della traduzione italiana Einaudi dello storico testo Musica Ex Machina di Fred K. Prieberg) utilizzava un’ottava di tastiera cromatica per mettere in funzione diversi capstan di diametro diverso; l’anello di nastro magnetico (precedentemente realizzato dopo aver registrato il segnale da processare) era così fatto variare nella sua velocità di playback realizzando delle vere e proprie trasposizioni in tempo reale. Ovviamente, con il variare della velocità di scorrimento si variava anche l’intonazione percepita della registrazione.

In una fase successiva, il meccanismo venne modificato per permettere variazioni continue di velocità, ottenute non più attraverso la tastiera cromatica, ma con un regolatore continuo che permetteva aggiustamenti più graduali. Il circuito in questione era applicato ad un normale registratore magnetico e quindi permettava l’intervento su registrazioni di qualsiasi durata, non più vincolate al previo montaggio in loop chiuso. Il musicista non proprio di primo pelo, riconoscerà in questo apparecchio l’antenato del varispeed di analogica memoria.

Infine, nel 1963, vene messo a punto un sistema elettromeccaniche che permetteva di leggere la registrazione magnetica variando la durata e/o l’intonazione in maniera indipendente l’uno dall’altra; utilizzando un sistema di testine montate in un tamburo rotante – in maniera assai simile a quanto avveniva nei vecchi videoregistratori VHS – era così possibile prolungare artificialmente la durata di contatto tra testine e nastro magnetico, svincolandosi dalla durata della registrazione originale e alternando separatamente – se necessario – durata e intonazione. Il meccanismo, successivamente perfezionato e commercializzato sotto il marchio Springer apriva analogicamente la strada alle future operazioni di time stretch e pitch change proprie della più recente tecnologia digitale applicata all’audio.

Ma il Phonogene di Schaeffer non è l’unico antenato storico del modulo Make Noise… A voler spremere fino in fondo le pieghe del tempo, si potrebbe recuperare anche tutto il blocco dei primi esperimenti compiuti da Dennis Gabor in forma analogica e, successivamente, dai quattro pionieri Xenakis, De Poli, Roads e Truax nei confronti della granulazione del segnale audio; cioè nella possibilità (ottenuta attraverso la divisione in microparticelle di cortissima durata) di alterare creativamente l’intonazione percepita o la durata complessiva di un segnale audio fino a renderlo irriconoscibile.

 

Tutto questo, in un modo o nell’altro, confluisce oggi nel Make Noise Phonogene che, senza essere uno strumento di laboratorio – per carità! – è comunque un apparecchio molto potente con cui stravolgere, rovesciare e rendere irriconoscibile un segnale audio fornendo molti ganci per il compositore elettronico in vena di sperimentazione. Non ultimo, il Phonogene Make Noise è anche divertente da utilizzare, e la cosa non guasta proprio…

Il modulo

Caratterizzato dalla consueta, delirante, grafica Make Noise, Phonogene occupa 20 HP Euro Rack e assorbe 70 mA di corrente;  prevede un ingresso audio regolabile in volume, e, con un ulteriore collegamento SOS (sound on sound) garantisce la possibilità di sovrapporre infiniti layer audio sulla prima registrazione – che, ovviamente, definisce la lunghezza massima del tratto registrato.

L’impostazione è apparente caotica, ma governata da una logica stringente: tutti i parametri significativi sono identiticati da knobs blu, tutte le modulazioni o gli amount sulle medesime utilizzano knob bianchi.

Il musicista definisce una playback speed di massima a cui dovrà essere realizzata la registrazione; il controllo di speed è bidirezionale, quindi – partendo da una stop position corrispondente ad ore 12 – si può accelerare o decelerare il playback forward, oppure si può andare all’indietro, con velocità variabile, per cercare messaggi satanici eventualmente sfuggiti all’attenzione.

La prima registrazione deve avvenire al dritto, ma dal primo overdub in poi (è possibile dosare il bilanciamento audio Line/Loop), si può far acquisire il segnale a velocità e direzione diverse, per creare ibridi playback assolutamente inquietanti.

Una volta registrato il file audio, e sovrapposte le tracce desiderate (la registrazione dalla seconda pista in poi non può essere più lunga del file originale, ma può essere parziale, portata avanti con una serie di punch in/out), si passa alla definizione degli Splice, cioè dei segnalibri che si vuole installare nella registrazione per marcare le diverse porzioni ritenute interessanti. Gli Splice sono posizionabili a mano, o possono essere ricavati da un treno d’impulsi esterno ad andamento costante o variato, a discrezione; in tutti i casi, una volta messi i marcatori, il musicista può spostarsi da uno Splice all’altro, ascoltando la registrazione non necessariamente dall’inizio; lo spostamento tra i diversi marcatori avviene grazie al controllo Organize o tramite una tensione di controllo inviata al medesimo.

All’interno del singolo Splice, cioè dello spezzone audio delimitato da due Splice consecutivi, ci si può spostare mediante Slide, ovvero si può impartire un offset per effettuare il playback esattamente allineato sullo Splice o ritardato/anticipato a discrezione del musicista; la tecnologia è la stessa disponibile in macchine a granulazione che, grazie all’offset, permettono di rendere meno allineato il percorso d’emissione dei singoli grani. A margine, segnaliamo la paternità del modulo Make Noise, concepito e elaborato da Flemming Christensen di Gotharman, nome noto ai lettori di ACM…

Ma nessuno obbliga il musicista a sorbirsi tutto il segmento musicale delimitato con lo Splice: attraverso il controllo di Gene-Size, si definisce quanto ampio debba essere il segmento audio ripetuto in playback; il range operativo varia dall’intero Splice al singolo sample, con tutte le possibilità intermedie. Se si lavora con un file audio a vocazione ritmica – precedentemente isolato (per dire) ai quarti – si potrà selezionare un playback per crome, per sedicesimi, per trentaduesimi, per singoli grani o per singoli sample… ovviamente, l’andamento originale del segnale sarù convertito in un nuovo sapore espressivo del tutto diverso dal timbro di partenza: a seconda dei casi, si potrà avere un risultato grottesco o irresistibilmente affascinante. La sperimentazione è, come al solito, la chiave di tutto il sistema.

La flash memory interna al modulo è mantenuta anche a macchina spenta – e questo garantisce una buona autonomia per l’attività dal vivo, nel caso non ci fosse tempo per un soundcheck creativo; in tutti i casi, a fine Splice/segmento audio, Phonogene emette un codice logico utile per innescare altri trattamenti o comportamenti timbrici alternativi su macchine esterne; nel corso delle prove, abbiamo modulato la velocità di playback con una forma d’onda sub audio il cui ciclo era forzato in restart proprio dal codice EOS – end of splice/segment, inviluppando in maniera controllabile e ripetibile l’intero andamento esecutivo del modulo.

Non ve lo regalano, ma se tirate nella direzione di un certo sperimentalismo al confine con la musica concreta, se soggiacete al fascino della timbrica granulata, se volete immergervi fino ai gomiti nelle caratteristiche del vostro audio digitalizzato, questo è il modulo che fa per voi. Sognando ad occhi aperti, immaginate cosa può essere possibile con quattro Phonogene messi sotto il controllo di altrettanti Pressure Points. Se solo non ci fosse l’IMU in rotta di collisione…

 

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Comments (18)

  • Luca Frigo

    |

    <3 <3 …. é già amore…metto nella lista della spesa 😀

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  • Federico

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    Sarebbe insressante sentirlo con una sorgente piun interssane, tipo una voce o uno strumento ad arco…..

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    • Enrico Cosimi

      |

      ho scelto una sorgente “ritmica” per rendere più chiaro il ridimensionamento dei grani; se usi una sorgente “continua”, certe modifiche vanno perse e emergono solo il pitch change o i valori estremi di contrazione…

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  • federico

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    Dai Enrico fammi contento posta un’esempio con Sequenza III per soprano di Berio. Please..!

    Reply

  • Federico

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    ma tu che sistema hai ?

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    • Enrico Cosimi

      |

      ho avuto, fino allo scorso anno, un GROSSO sistema doepfer euro rack alloggiato in 5 cabinet, poi l’ho venduto e mi sembra che ora sia in giacenza presso scolopendra…

      ora, lavoro con il sistema dotcom 110 e per le cose più spinte uso reaktor e nord modular g2

      ma, se dovessi tornare sul versante hardware non 5U, prenderei senza esitazione serge o un misto euro rack cwejman, make noise, doepfer, harvestman, sicuramente NON il marchio di cui parlavamo in separata sede 😉

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  • Enrico Cosimi

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    ma vedo che da scolopendra non c’è più… evidentemente, sono riusciti (ri)venderlo

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  • Lettore pigro

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    Una curiosità Enrico, parrlavi di Serge. Come vedi l’integrazione di un modulo serge in un sistema euro ben assortito? Sai mi affascina molto però nonostante non sia un primo pelo ammetto di non capirci una mazza. Ho seguito per un pò di tempo su Muffs la sezione buchla and co. tanto che stavo per fare un salto nel buio..Però nonostante l’infatuazione per B. nei video della sezione il suono serge mi sembrava molto più articolato ed interessante anche per le patch con envelope spinti alla buchla. Volendo iniziare con un modulo versatile cosa consiglieresti?
    Creature? direttamente Animal?

    Poi però a quanto so lo rpduce solo il solito signore che risponde solo al telefono. Questa cosa non la trovi preoccupante, se poi c’è un problema sono dolori.

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    • Enrico Cosimi

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      il problema è che il signore in questione (quello con il cappello pieno di spille…), oltre a non rispondere al telefono, manda in giro anche assegni scoperti. e questo non è bello.

      tornando al dunque; il passaggio tra serge e euro rack è fattibile, a patto di prendere qualche precauzione, cioè di utilizzare dei moduli d’interfaccia “meccanica” che convertano il cavo banana in cavo 1/8″ minijack ts;

      al volo, mi viene in mente il converter banana prodotto da roger arrick per synthesizers.com; è per la conversione tra banana e 1/4″, ma penso che con un minimo di richiesta, si possa ottenere direttamente la versione per 1/8″…

      invece, per iniziare con Serge, l’integrato Animal è perfetto!!! più avanti, potrai espanderlo con i vari soup o creature o red o blue 😉

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      • Riccardo

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        Non c’è anche il Make Noise Format Jumbler per convertire banana e 1/8?

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  • Riccardo

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    Fantastici i tuoi articoli, Enrico!!! Ho visto sul sito di make noise che hanno presentato 3 nuovi moduli al NAMM… Sbavo….

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    • Enrico Cosimi

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      Beh, il merito è dell’argomento! :-)
      Si si, ho visto la presentazione dei nuovi moduli e sembrano veramente interessanti… Speriamo che arrivino preso “a tiro”!

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  • Riccardo

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    Fatico a immaginarmi un Vco Make Noise

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  • Riccardo

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    Stanotte non ci dormo!!!

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