KORG ARP ODYSSEY. Le differenze tra vecchio e nuovo

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear

Dopo aver visto come funziona un Odyssey “vero”, cerchiamo di approfondire i comportamenti che rendono unico il nuovo KORG ARP Odyssey e vediamo di stringere ancora più serratamente tutti i bulloni.

Di Enrico Cosimi

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Interazione Transpose/Portamento

Ad un certo punto, tra le diverse generazioni tecnologiche dell’Odyssey, è stato cambiato il percorso di controllo CV che dalla tastiera raggiunge gli oscillatori; le due possibilità prevedevano: a) tastiera – portamento – octave switch – oscillatori; b) tastiera – octave switch – portamento – oscillatori. Nel secondo caso, a nota premuta, agendo sul traspositore di ottava, si sente chiaramente l’intervento del Portamento che integra il salto. Non è questa la sede per definire quale dei due modi operativi sia migliore o preferibile. E’ importante notare che, nel nuovo KORG ARP Odyssey, tutti e due i comportamenti sono selezionabili dall’utente agendo sul mini switch posizionato tra Portamento slider e Transpose switch. Per cambiarlo, occorre agire con la punta di una penna biro o con un piccolo cacciavite, nulla di più.

Ripetiamo, la differenza tra i due comportmenti è percepibile solo quando si verificano le seguenti condizioni: una nota premuta sulla tastiera (con sufficiente sustain level), un Portamento time sufficientemente lento, l’azione ripetuta di Transpose da una posizione all’altra.

 

Dimensione della tastiera

Più genericamente, si potrebbe parlare di dimensione globale del KORG ARP Odyssey… ma archivieremo subito questo sotto argomento evidenziando che, in fondo, i nuovi cursori hanno la corsa più corta di appena tre millimetri rispetto a quelli vecchi. Per di più, funzionano che è una meraviglia non solo perchè sono nuovi, ma anche per una ineccepibile qualità meccanica che li rende fluidi e affidabili anche negli spostamenti minimi. Torniamo alla tasteira, il nuovo keybed non è il tasto mini già adottato nella versione MINI MS-20, non è il tasto di passo standard della classica synth action (a questo proposito, segnaliamo come – comunque – la synth action non abbia misure universalmente accettate… provate a misurare due ottave di Alesis Ion contro due ottave di Moog Sub 37, o contro due ottave di Access Virus e ve ne renderete conto da soli), ma una nuova tastiera “intermedia”, sviluppata per risultare “RyanAir friendly” e comunque suonabile.

Attenzione! Le tre ottave KORG ARP slim sono lunghe 44.4 centimetri, due ottave sono 30, 3 centimetri, un’ottava è 16,2 centimetri. Dimensione e spaziatura dei tasti, specie quelli neri, permettono una buona agibilità (non eccelsa, questo è ovvio): si può fraseggiare con la dovuta scioltezza, anche se occorre (ri)calibrare mentalmente gli intervalli, altrimenti invece di prendere un’ottava si rischia di atterrare sopra una nona. Lo stesso problema c’è – per dire – quando si passa dal pianoforte al clavicembalo.

Che decisione prendere? Se ve ne fregate dell’anzianità di servizio, se fraseggiate come George Duke e Herbie Hancock, se odiate il MIDI e le lusinghe del mondo moderno… allora, vi conviene cercare un esemplare vintage full scale. Altrimenti, potrete tranquillamente convivere con il passo slim della tastiera ARP by KORG. 

 

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LFO

Finora non documentato nelle review pubblicate su carta o in rete, è l’interessante – e utilissimo – LED rosso che, da sotto al pannello comandi, blinka a tempo con la LFO Frequency. Da sopra, non si vede, nelle foto assiali è difficile farlo comparire: per osservarlo, dovete essere seduti davanti allo strumento, ma la sua lucina intermittente vi guiderà con facilità nella programmazione del vibrato giusto o della corretta densità di eventi S&H con la quale rendere tossica la vostra esecuzione elettronica. Niente affatto male.

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Filtri

E’ risaputo. Il nuovo KORG ARP Odyssey ha tutti e tre i filtri delle tre edizioni storiche, bianca, nera e oro, nera e arancione. Archiviati velocemente i dati tecnici, potete recuperarli nella puntata precedente, rimangono le due domande: come suonano ‘sti filtri? E, sono veramente diversi tra loro? Andiamo per ordine.

Una premessa: il miglior modo per valutare il comportamento di un filtro è sempre quello… portarlo sotto controllo di un inviluppo mediamente percussivo e concentrarsi sulla chiusura. Poi, verificare le diverse condizioni ottenibili aumentando con progressione la Resonance. Poi, ancora, provare il controllo con un LFO triangolare o sinusoide a velocità intermedia. Infine, sentire “sotto le dita” come si comportano le timbriche mentre si agisce su Cutoff e Resonance. Non ci vuole molto, solo concentrazione e buona volontà. 

Il suono del “filtro bianco”

Mena come un fabbro, non chiude ovattato come i 24 dB/Oct – ci mancherebbe… – e ha tantissima grinta. Sotto controllo d’inviluppo percussivo, lascia parecchio spazio alle medie acute (complice lo slope a 2 poli) e permette una notevole proiezione nel mixaggio. La Resonance emerge in auto oscillazione negli ultimi quattro-cinque millimetri di corsa del controllo; fino a quel punto, il suono acquista progressivamente una componente acida che non distoglie l’attenzione dalle fondamentali. Anche quando si porta la Resonance all’auto oscillazione, non ci sono sbavature o cadute di presenza sulle componenti basse del suono. Un timbro grosso senza Resonance rimane grosso anche con la Resonance a manetta. Alternativo, e imperdibile, agli “altri” classici suoni analogici che compongono il bouquet storico della sintesi: Moog, Buchla, Roland, Oberheim, KORG, (da qualche anno,  anche) Arturia e finalmente ARP. Non si scappa.

Il suono del “filtro nero e oro”

Chiude di più, è più rotondo e compatto; quando si incrementa la Resonance, inizia a fischiare da più in  basso nella corsa del controllo. Anche se – testi storici e schemi elettrici alla mano – è pesantemente ispirato alla struttura Transistor Ladder, timbricamente parlando, un ARP rimane un ARP e un Moog rimane un Moog. Di sicuro, sono sparite le super acute del filtro bianco e il comportamento è più convenzionale. La Resonance è potente, le basse dopo un poco se ne vanno quando la si porta in auto oscillazione.

Il suono del “filtro nero e arancione”

Più nasale del precedente, molto progressivo nell’incremento della Resonance, che diventa evidente – nel territorio di mezzo tra acidità e auto oscillazione – già da mezza corsa del comando, ha un suono ancora diverso dal precedente. Basse frequenze rotonde, chiusura ferma e bilanciata, meno grassezza e meno cattiveria del precedente. Tom Coster parlava, se la memoria non inganna, di “timbro femminile” a proposito degli Odyssey terza serie. E’ un’interpretazione interessante. Sia come sia, il terzo filtro fischia, risuona, mangia le basse come ci si aspetta, ma lo fa in modo diverso dal filtro nero e oro. La storica mancanza della terza serie non è così catastrofica come ci si aspetterebbe. Da questo punto di vista, occorrerebbe discutere sulla capacità individuale (compresa quella dell’autore di questo testo) di reagire alla banda di frequenza compresa tra 12 e 16 kHz. In soldoni, un filtro low pass risonante, quello della terza serie, con una personalità ancora differente e una risposta Cutoff/Resonance piacevolmente particolare.

Servono tutti e tre.

 

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Circuito di Drive

Tra filtri e amplificatore, giace inosservato un interruttore DRIVE che pompa il segnale in maniera significativa. Da prove strumentali, l’incremento di livello è pari a 2.25 il valore di partenza. All’ascolto – non ce la siamo sentita di smontare lo strumento per verificare a colpi di sonda… – il trattamento non usa una particolare funzione di trasferimento, ma basa tutta la sua efficacia sul solo aumento di volume. Come è noto, quando aumenta l’ampiezza di un segnale, si può superare la headroom concessa al circuito, squadrando l’audio e generando nuove armoniche. All’oscilloscopio, la squadratura del KORG ARP non è severa e “chitarristica”: l’impatto timbrico è dato più dalla botta dell’incremento di volume che dalla variazione sonora vera e propria. Consideratelo un efficace booster con cui potenziare il timbro durante un assolto e/o conquistare il mixer durante le procedure di programmazione/esecuzione. Per le timbriche percussive, specie con i filtri I e II, è praticamente un must.

 

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Proportional Pitch Controller

Nel passaggio tra Bend Pot delle prime versioni al PPC concepito da David Friend, si è sicuramente persa una velocità d’inflessione che è negata ai tre tastoni bianchi pressure sensitive. Chi scrive ha combattuto in diversi periodi della sua carriera con due esemplari nero/arancione dotati di PPC e un esemplare nero/oro dotato di Bend Pot. Sulla carta, il PPC è più potente, perchè permette di differenziare il comportamento di modulazione sinusoide a LFO rate dai comportamenti di bend positivo e bend negativo, ma occorre tenere presente che – oltre alle notevole pressione che occorre esercitare sui tastoni (all’epoca, si scherzava parlando di “gomitate” da dare sui PPC) – durante il pitch bend manca un riscontro fisico diretto e, non potendo regolare da pannello la massima escursione di default (a meno di non intervenire sulla circuitazione dell’apparecchio), dosare un bend di un semitono o di un tono diventa operazione abbastanza impegnativa, che richiede pratica e costanza.

Si potrebbe obiettare che anche il vecchio pomello del pitch bend era necessario fare i conti con l’enorme escursione +/- 1 ottava e con la mancanza di un ritorno a molla, ma in quel caso (a prescindere dalla dead zone centrale particolarmente estesa), la sensazione tattile di stringere il potenziometro tra pollice, indice e medio della mano sinistra facilitava – entro determinati limiti – l’esecuzione fluida del bend. Di sicuro, con il vecchio sistema meccanico precedente al PPC, fare il vibrato era più scomodo.

Non ci sarebbe dispiaciuto, perlomeno a livello di letteratura tecnica, la possibilità di limitare bend up e bend down del rinato PPC a valori arbitrari ma rassicuranti (un semitono, un tono, una quarta, una quinta, un’ottava).

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Le connessioni

C’è un corredo di collegamenti che fanno parte della versione matura e stabilizzata dell’ARP Odyssey:

  • CV Input e Output
  • Gate Input e Output
  • Trig Input e Output
  • Audio Out Low Level su jack TS
  • Audio Out High Level su connettore XLR
  • External Audio Input, su jack TS
  • Portamento Footswitch
  • Pedal Controller

A questi, nella versione targata KORG, si aggiungono interessanti collegamenti:

  • Phones Output, dotato di controllo di volume indipendente; connettore stereo TRS
  • USB Type B connector
  • MIDI Input, su connettore DIN standard

Da ultimo, la presa con aggancio ferma cavi per l’alimentatore esterno.

 

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Qualche trucchetto con le connessioni

Complice uno dei due cavetti forniti in dotazione, si può collegare l’uscita Phones Out all’ingresso External Audio; grazie alla regolazione di livello in uscita alla presa cuffia, e agendo con cautela per non demolire le casse, è possibile emulare con buona approssimazione il comportamento di brutalizzazione ottenibile sui sintetizzatori Arturia o, volendo andare più lontano, il vecchio trucchetto Model D con il collegamento diretto low out – ext in.

Non è tutto: usando l’altro cavetto in dotazione, si può collegare il Gate Out al Trig In e convertire il funzionamento di tastiera dal Multiple Trigger di default al Single Trigger più adatto a vecchie tecniche analogiche di legato. Non male.

 

MIDI e USB

E’ ridotto al minimo, come nel KORG MS-20Kit: solo Nota On e Off comprese tra Do 48 e Do 84, niente Bend, niente Modulation (per questi, dovrete rivolgervi a una sana interfaccia MIDI to CV esterna e mandare da fuori il tutto).

La prossima volta (o “le prossime” volte?), verificheremo le impressioni d’uso e ci lanceremo in una pedissequa rimodellazione con qualche astruso linguaggio di programmazione object oriented. 

Ci vuole pazienza…

Comments (7)

  • willy

    |

    Scusate, da thomann ci sono due modelli in “listino” (nessuno disponibile) Arp Odissey e Arp Odissey Rev2 … why???

    Reply

    • Enrico Cosimi

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      cambia solo il colore: rev 1 (bianca), 2 (nera e oro), 3 (nera e arancio) sono lo stesso strumento ARP by KORG colorato in maniera diversa…

      Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      si riferiscono al look dello strumento
      rev 1 bianco
      rev 2 nero scritte oro
      rev 3 nero scritte arancio

      Reply

  • Luigi R.

    |

    Ma esiste sempre la possibilità di collegarci un sequencer hardware esterno? via midi o cv gate, dato che anche il nuovo Odyssey ne è privo… ovviamente.

    Reply

    • Enrico Cosimi

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      certo che si può!!!
      basta usare le prese CV/Gate presenti sul retro
      (ovviamente, per non parlare di MIDI e USB)

      Reply

  • Mycol

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    Ciao Enr. Stò acquistando un Arp Odissey Targato Korg in Versione Rack. Ma sono incerto sul colore Panna o Nero. Mi confermi inoltre che tutte e tre le versioni sono inserite nell’ultimo prodotto da Korg? Poi che mi dici della versione con tastiera ridotta?

    Grazie Bye Mik

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      vai tranquillo: tutte le versioni (bianca, nera, arancione; a tastiera o desktop) hanno i tre filtri selezionabili :-)

      Reply

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