Klaus Schulze Shadowlands

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Events

Come ha sagacemente fatto notare più di un recensore, questo potrebbe essere il centoduesimo album prodotto da Klaus Schulze nella sua pluridecennale carriera. L’alfiere del suono tedesco, l’uomo che ha ammassato montagne di elettronica sui palchi di mezzo mondo, affascinando gli ascoltatori con ore di ipnotiche sequenze, torna nel 2013 alla ribalta dopo la bellissima prova del precedente Kontinuum (pubblicato nel 2007).

di Enrico Cosimi

shadowlands

Shadowlands, perlomeno nella forma liquida giunta in redazione per la recensione, è un doppio album che contiene cinque lunghi brani: Shadowlights (41.12), In Between (17.07), Licht und Schatten (17.23), The Rhodes Violin (55.24), Tibetan Loop (17.50).

Chiunque conosca la poetica del musicista tedesco è sicuramente a conoscenza delle tipiche dimensioni sonore che gli sono congeniali: brani corti, proprio, non escono fuori. Schulze ha un passo lungo e installa lentamente, con progressiva crescita, la massa orchestrale che poi, altrettanto lentamente, pilota verso la fine di ciascun brano.

KS2

Le sonorità tipicamente analogiche degli album propri alla modular age – passato il primo periodo condotto a colpi di organo Teisco, chitarra elettrica, batteria e Revox A77 – hanno, nel tempo, ceduto il passo ad un suono più compatto, dove la natura digitale della generazione non è comunque riuscita a mandare in soffitta la classica struttura long sequence + rhythm delay. Da questo punto di vista, dopo le bellissime pagine del Kontinuum, l’apertura di The Rhodes Violin rimane un brano da manuale.

KS4

Occorre dire che, in talune parti, l’interazione tra il violino di Thomas Kagermann (con il suo fraseggio modale) e la struttura ritmico/armonica di Schulze non procedono prive di qualche curioso singhiozzo: del resto, è normale che in una struttura compositiva pressochè improvvisata di cinquanta e passa minuti, possano accadere dei felici errori – o, più genericamente – degli improvvisi rivolgimenti che, magari a posteriori, sarebbero stati editati in maniera diversa.

KS5

Stando all’iconografia attualmente disponibile del maestro, ormai Schulze lavora abitualmente con una DAW tradizionale, cui affianca l’ormai storicizzato muro composto da 12 Quasimidi Polymorph (ciascuno in grado di realizzare quattro parti timbriche con altrettante step sequences indipendenti), più Doepfer MAQ 16/3 – con cui realizzare gli interventi di sequencing più estemporaneamente memorizzabili.

KS7

Il parco tastiere vere e proprie per le esibizioni live, fatti salvi i pivotali Minimoog Model D e EMS Synthy A, si è evoluto nel tempo, passando dalla speculare dotazione Alesis Andromeda A6 + ION all’attuale dotazione full Roland con V-Synth GT e Fantom G7 in duplice disponibilità.

KS10

L’ascolto è, come al solito, fluido, progressivo, coinvolgente. Nella sterminata discografia del musicista, le terre dell’ombra possono trovare un posto di rilievo.

L’etichetta è Synthetic Symphony.

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Comments (2)

  • Ciro Urselli

    |

    Da ascoltare con religioso rispetto …

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    • Antonio Antetomaso

      |

      Ascoltato….che dire, IMPONENTE!!

      Certo è moooolto diverso da “Cyborg” 😉

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