Il mixer analogico – prima parte

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Analizziamo la struttura di un mixer analogico di media complessita, identificandone le diverse sezioni e verificando le funzioni precedentemente esplorate.

Di Enrico Cosimi

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Un mixer è, per sua natura, una struttura modulare, ovvero composta dalla ripetizione ordinata di sezioni più piccole che, affiancate una all’altra, compongono l’insieme operativo desiderato; nel caso dei canali di ingresso, il numero dei medesimi specificherà la quantità simultanea di segnali gestibili.

Le sezioni operative di un mixer analogico comprendono:

  • channel input & output: le connessioni di ingresso microfonico e linea per i singoli canali, con in più i collegamenti di uscite dirette, insert eccetera implementate su ogni modulo di ingresso; l’illustrazione sottostante riporta il blocco delle uscite presenti su un mixer Montarbo per applicazioni PA.

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  • channel strip: il canale di ingresso vero e proprio, contenente tutti i comandi necessari alla sua gestione, organizzati secondo una rigorosa sequenza dall’alto verso il basso che viene riportata nell’illustrazione seguente (il mixer in questione è un classico Mackie 8-Buss Recording)

mackie

  • master input & output: i collegamenti di uscite ed ingresso della sezione generale del mixer; da qui sono disponibili i bus di recording, i bus ausiliari con le mandate effetti, le uscite principali;
  • master section; i comandi che permettono di governare i livelli globali dei diversi bus recording –se disponibili- dei bus stereo, eccetera.

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A questi, vanno poi aggiunti gli equipaggiamenti ancillari, cioè gli accessori che possono facilitare determinate procedure tipiche del mondo della registrazione analogica: correlatori di fase, oscillatore per generare frequenze di taratura, microfoni e sistemi di collegamento interfonico, selezione per l’ascolto di diverse sorgenti già mixate (Tape 1, Tape 2, Tape 3…), selezione per l’ascolto su diversi monitor (Main Big Monitor, Near Field Monitor…).

 

Equalizzazione

Equalizzare un segnale significa alterarne, in maniera più o meno significativa, il contenuto armonico agendo con una serie di filtri appositamente progettata. Anche se il funzionamento dei filtri sarà oggetto di una specifica trattazione nella sezione dedicata alla Sintesi, è il caso di anticipare qualche concetto facilmente applicabile alle strutture esistenti in un mixer standard.

Il comportamento di un filtro è individuabile specificando tre parametri, tre quantità elettriche, definite ampiezza, frequenza centrale e larghezza d’intervento (o qualità).

La frequenza centrale si esprime in Hertz ed è la frequenza su cui il filtro agirà nominalmente: un circuito di controllo per i bassi, avrà la sua possibile frequenza centrale attorno agli 80 Hz, un controllo per le medie frequenze lavorerà attorno ai 1000 Hz ed uno per gli acuti potrebbe intervenire a 8000 Hz.

L’ampiezza di un intervento definisce il tipo di comportamento del filtro, ovvero l’incremento del segnale o la sua attenuazione; nel primo caso, il filtro applicherà un boost di segnale espresso in dB, che enfatizzerà la banda di frequenze trattata; nel caso di un’attenuazione, il filtro ridurrà l’ampiezza del segnale passante. Il guadagno boost/cut, tradizionalmente riportato con valori generici come +10/-10, è più propriamente specificato in dB: un controllo di tono presente sull’impianto Hi-Fi standard agisce offrendo un boost/cut pari a +/- 6 dB nella fascia di frequenze (basse, medie o acute) previste dal progettista.

La larghezza dell’intervento (la qualità del filtro, a volte indicata con la lettera Q) permette di specificare la larghezza di banda, cioè la selettività più o meno esasperata dello stadio di filtraggio. Un filtro particolarmente selettivo può essere utile per correggere problemi specifici nel segnale (ad esempio il ronzio di un cavo mal schermato), ma può dimostrarsi inefficace per definire un più generale addolcimento della timbrica nella sua interezza.

La larghezza di banda è espressa in ottave o in frazioni di ottava (ogni ottava identifica un intervallo in cui la frequenza raddoppia)

 

Configurazioni tipiche di equalizzatori autonomi

La struttura di equalizzazione più banale è sicuramente rappresentata dai controli di tono presenti su un qualsiasi impianto Hi-Fi casalingo: in questo caso, le regolazioni identificate come regolazioni di Bassi, Medi ed Acuti non fanno altro che agire su precisi punti dello spettro sonoro –definiti in sede di progettazione dell’impianto- e non modificabili a posteriori; l’utente può solamente decidere quanto incremento dare (boost) o che attenuazione imporre (cut) a quella determinata banda di frequenze corrispondente alla regione operativa specificata per il filtro.

Ad un livello di complessità immediatamente superiore, troviamo gli equalizzatori grafici e parametrici.

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Equalizzatore grafico

Un equalizzatore grafico è composto da diverse sezioni di filtraggio (minimo sei, massimo trentuno) le cui frequenze di taglio fc e le ampiezze di intervento Q non sono modificabili dall’utente: i controlli di pannello danno accesso solo alle regolazioni individuali di cut/boost, cioè di attenuazione o enfatizzazione per le singole bande. Dal momento che questi controlli sono realizzati con slider verticali, la posizione dei singoli controlli riproduce con relativa fedeltà l’andamento grafico della risposta in frequenza applicata al segnale; ecco il motivo dell’appellativo grafico dato a questo tipo di equalizzatore.

In un mixer tradizionale, è facile trovarsi a lavorare con un equalizzatore grafico fornito di tre, massimo quattro controlli di tono definiti Bassi, Medio bassi, Medio acuti ed Acuti; strumenti del genere permettono interventi di carattere più generale che selettivo, ma garantiscono una facilità di utilizzo decisamente significativa.

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Equalizzatore parametrico

Di solito, un equalizzatore parametrico contiene un numero di tagli di intervento minore di quelli riscontrabili in un circuito grafico (al massimo cinque sezioni parametriche contro le 31 disponibili in un grafico full function), ma ciascuna sezione di intervento offre tutti i parametri di intervento utili: guadagno (cioè cut/boost per gestire bidirezionalmente l’ampiezza dell’intervento), frequenza e qualità (cioè larghezza di banda selettivamente variabile) liberamente specificabili dall’utente. Altra caratteristica significativa della struttura di equalizzazione parametrica è la possibilità di far interagire il funzionamento delle diverse bande sfruttando la sovrapposizione prevista per le medesime. Una struttura di equalizzazione parametrica tradizionale può delimitare le cinque bande di intervento nel modo seguente: 10-215 Hz, 35-720 Hz, 330-7500 Hz, 670-16000 Hz, 1200-20000 Hz. Appaiono evidenti le ampie sovrapposizioni rese disponibili.

In un mixer tradizionale, di taglio medio alto, l’eventuale equalizzazione parametrica è resa disponibile offrendo tre, al massimo quattro, bande di intervento; strutture del genere forniscono maggior selettività operativa all’utente, ma richiedono una consapevolezza superiore per impostare correttamente i parametri di intervento.

 

Equalizzazioni ibride

Da non sottovalutare, per quanto meno diffuse, le strutture di intervento definite semiparametriche (con regolazione limitata, per le poche bande di intervento, a due soli parametri di frequency e cut/boost) e paragrafiche, in cui ciascuna banda di intervento (offerte in quantità numericamente consistente, simile a quella del normale equalizzatore grafico) offre la possibilità di regolare ampiezza cut/boost e centratura della frequenza.

 

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