Il grande gioco di fine Estate – Sveliamo i primi otto strumenti…

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear

L’idea era apparentemente innocua: registrare un fraseggio qualsiasi con sedici sintetizzatori diversi, realizzare altrettanti file wav indipendenti, privi di indentificativo, e vedere se – elenco dei sintetizzatori alla mano – fosse così difficile risalire, facendo i giusti accoppiamenti, agli strumenti utllizzati caso per caso. La delusione era dietro l’angolo.

Di Enrico Cosimi

00 - Apertura

Prima di svelare gli altarini, iniziamo subito dalle conclusioni:

  • una prova del genere è difficilissima, perché se chi programma la timbrica non utilizza qualche caratteristica peculiare dello strumento (tetracordi nel MonoPoly KORG, per dire), alla fine, tutte queste macchine hanno un 80 o 90% di comportamento sonoro tranquillamente sovrapponibile. E’ chiaro, ci sono le eccezioni eclatanti, ma nella sintesi sottrattiva, molto spesso gli attori in gioco sono sempre quelli.
  • sedici contendenti sono tanti da valutare: nell’evoluzione della Musica Elettronica, ogni volta che si è ricorsi ai blind test per valutare un’apparecchio, si è capito come già una comparazione A/B sia sufficiente a mandare in crisi anche gli ascoltatori più esperti. Niente paura se il panico sale.
  • il sottoscritto, che ha fisicamente realizzato i file, riesce solo parzialmente a riconoscere all’ascolto – dopo una nottata di sonno – gli strumenti utilizzati; fatte salve alcune caratteristiche facilmente riconoscibili (più facilmente riconoscibili in quanto diretto esecutore), la difficoltà c’è tutta.

E le conclusioni? Eccole…

Mentre un flauto è facilmente distinguibile da un timpano, un sintetizzatore è un sintetizzatore è un sintetizzatore: specialmente nell’epoca del Web 2.0, ci hanno convinto che tutto sia a portata di dialogo, che tutto sia confutabile o smontabile in tante sotto problematiche. In realtà, ciò che è complicato continua ad essere complicato, quello che non è facilmente verificabile continua a richiedere esperienza, curiosità, accesso alle fonti primarie, tempo e dedizione. Per tutti, senza eccezioni, purtroppo.

Torniamo ai sintetizzatori: si sono create delle macro aree di luogo comune nelle quali prosperano facili equazioni (Minimoog rombante, MS-20 acido, SH-aggressivo, eccetera) che, molto spesso, nascono come estrema semplificazione della semplificazione della semplificazione e che – strada facendo – si ingrossano fino a raggiungere inscalfibilità totemica. Hai voglia, poi, a convincere qualcuno che anche il venerando Model D, se programmato in un certo modo, può suonare fino e asfittico (o, semplicemente, può suonare male…).

Nello specifico, i sedici esempi sono stati programmati senza alcuna volontà di travisare la naturale predisposizione timbrica delle singole apparecchiature; una volta chiarito ciò, si elimina buona parte dei trabocchetti che abitualmente costellano questo tipo di prove di ascolto. Sul piatto, non rimane che la verifica sorgente per sorgente.

E’ chiaro che, specie per il musicista con un minimo di esperienza, ascoltare due oscillatori in battimento permette di escludere con un solo colpo tutte le macchine che hanno un solo oscillatore. Ma, a parte questo tipo di constatazione, la prova era difficile perché è difficile riconoscere diversi apparecchi che lavorano con la stessa tecnica di sintesi.

 

I risultati

Eccoci al dunque; se volete, potete aprire in un altro pannello/finestra del vostro browser l’articolo della scorsa settimana, tenendo a portata di orecchio la tracklist caricata in SoundCloud.

 

01 - KORG Z1

Traccia 01

Un suono saw wave, filtrato passa basso, senza eccessive modulazioni e senza troppi fronzoli. La relativa staticità – riscontrabile con chiarezza nell’ultima nota tenuta – permette di escludere in un sol colpo tutte le macchine con due oscillatori, con ensemble, con chorus o con altri artifici tipo PWM atti ad animare il segnale.

La traccia è stata realizzata con un KORG Z1; il suono è uno dei factory preset, suggestivamente nominato “TB-303”; prima di registrare, è stato disabilitato il digital delay che fa parte del corredo di effetti presenti nello Z1. Non male per una tastiera physical modeling del 1997.

 

02 - Moog Minimoog Voyager

Traccia 02

Qui, c’è più di un oscillatore: il suono “gira” e, nota per nota, è agevole avvertire variazioni, cancellazioni, rinforzi che tradiscono – se non la natura analogica, evitiamo di fare gli sboroni…– la presenza simultanea di più sorgenti sonore. La velocità degli inviluppi, la snappyness della loro chiusura vira a favore di realizzazioni di un certo peso, ma la programmazione non sbilancia verso comportamenti tipicizzati…

Per questo motivo, è poco agevole riconoscere il Moog Voyager Select utilizzato per la sua realizzazione. Chiaramente, se gli inviluppi fossero stati più rilassati, se le note avessero permesso di ascoltare l’interazione tra i tre carnosi oscillatori, o magari tra i due filtri risonanti, sarebbe stato più facile. O no?

 

03 - Roland SH09

Traccia 03

E qui, le cose iniziano a farsi complicate… Perché, la teoria del nobile professor Barbapizza dice che il filtro realizzato tramite OTA ha un comportamento differente nelle condizioni di instabilità con alta percentuale di Resonance. Detto in maniera meno barbapizzesca, il classico filtro Roland del tempo andato dovrebbe essere privo dell’attenuazione in ingresso quando si aumenta la Resonance…

Ma, nell’esempio qui riportato (a proposito, la traccia è realizzata con un Roland SH-09), il fraseggio ripetitivo è eseguito aprendo progressivamente la Resonance – e il livello del segnale in input, altrettanto progressivamente, si abbassa) – e chiudendo bruscamente la Resonance, con conseguente brusco ristabilirsi del volume originale.

Probabilmente, la maniera più diplomatica per fare riferimento alla teoria è: il filtro OTA, come quello dell’antica macchina Roland SH-09, è meno sensibile del Transistor Ladder alle attenuazioni/cancellazioni di segnale conseguenti all’incremento di Resonance.

In ogni modo, l’onda quadra utilizzata, il pizzico di sub oscillatore e l’altro pizzico di Portamento possono (o non possono) far pensare ad un comportamento nipponico. O no?

 

04 - Buchla Music Easel

Traccia 04

Particolarmente deleterio alla comprensione totale di uno strumento è l’appoggio incondizionato ad un pregiudizio. Da questo punto di vista, un classico per tutte le stagioni è il sintetizzatore Buchla: considerato, per pigrizia, come in grado di fare solo blip e blop, vuoi perché non ha il filtro (testuale), vuoi perché il suono dei vactrol (testuale) è caratteristico, vuoi perché nessuno – dopo essersi svenato – ci perde più tempo di quanto ne servirebbe per espugnare la scomoda interfaccia utente, il Buchla Music Easel può dare adito a piacevoli sorprese.

Di sicuro, manca la resonance sul comportamento Lopass Gate (a prescindere dal fatto che un comportamento recursivo con inversione di polarità non si rifiuta a nessuno…), ma – a parte questo – dalla sua struttura dual osc/dual filter è possibile estrarre timbriche che non siano le solite sbarattolate sequenze di cling clang e blip blop.

Che poi la macchina non sia concepita per impieghi tradizionalmente melodici, è un altro paio di maniche…

 

05 - Moog Minimoog Model D

Traccia 05

Sua Santità Moog Minimoog Model D è caratterizzato dalla notevole forza dei suoi tre oscillatori, che molto spesso vanno in deriva di frequenza tra loro (quindi, battono e animano il suono), dalla saturazione in ingresso al filtro (con conseguente strappo) sul segnale audio, dalla velocità degli inviluppi e dalla tenuta cutoff/resonance con il già nominato comportamento di attenuazione alle alte regolazioni di feedback.

Attenzione! Stiamo parlando di caratteristiche, ma non di caratteristiche esclusive. Come dire che quelli sono gli ingredienti del suono Minimoog Model D, ma – avendo a disposizione una struttura sufficientemente flessibile – si può realizzare lo stesso tipo di comportamento anche su piattaforme analogiche (e non solo…) diverse.

Velleità di truffare l’ascoltatore a parte, nella traccia 05 è possibile ascoltare un timbro classico con tre saw wave, messe a palla nel Mixer, filtrate al limite della presenza di Resonance, con inviluppi percussivi quanto basta.

 

06 - Moog Little Phatty Stage Edition II

Traccia 06

Particolarmente sottovalutata, specie nei musicisti di una certa età, è la possibile interazione ottenibile tra sintetizzatori e distorsori: non solo in ingresso al filtro, o in ingresso all’amplificatore, ma anche direttamente in uscita all’intero strumento, il distorsore può rivelarsi un’arma micidiale con la quale arricchire il contenuto armonico da filtrare o rendere molto complesso il comportamento timbrico in uscita al filtro stesso.

Se poi il filtro è carico di resonance, gli oscillatori sono in regime di hard sync e gli inviluppi sono sufficientemente veloci, ecco che un ben noto Moog Little Phatty Stage II Edition può trasformarsi in un oggetto timbrico dai contorni interessanti e meno noti. Considerando che, complice la recente dismissione dal catalogo, un Little Phatty si prende per poche centinaia di euro, l’apparecchio è assolutamente da riscoprire…

 

07 - Doepfer Dark Energy Mk I

Traccia 07

Un sintetizzatore mono oscillatore può fornire suoni complessi e armonicamente intricati se la sua struttura permette, almeno, di ascoltare due o più forme d’onda simultaneamente. E’ il caso del Doepfer Dark Energy Mk I (che, da un certo punto di vista, è lo strumento “rivelazione-testosterone” di questo giochino…).

Nella patch utilizzata, oltre alla dente di sega, c’è anche l’onda impulsiva modulata PWM nella sua simmetria; la cancellazione e il rinforzo armonico che prendono atto nota per nota nella timbrica danno al suono un’ampiezza e un impatto espressivo che è facile considerare scontato con un sint a due o a tre oscillatori, ma che risulta piacevolmente interessante in una macchinetta economica e compatta come questa.

Se, a tutto ciò, si aggiunge la velocità dell’inviluppo e la predisposizione per il triplice controllo USB, MIDI e CV/Gate, si capisce quanto sia grave non poter reperire più l’integrato CEM che realizza oscillatore, filtro e amplificatore all’interno dell’apparecchio. Una vera tragedia.

 

08 - Grp A4

Traccia 08

Prendiamo tre oscillatori belli carnosi (analogici DOC), poi mettiamoli al massimo del livello in uscita, fregandocene delle saturazioni e degli strappi, e buttiamoli all’interno di una coppia di filtri lowpass in parallelo (uno Transistor Ladder, l’altro Multimode in perfetto stile Obie…): il risultato può essere enorme come ci si aspetterebbe da una blasonata macchina dello scorso secolo.

…o come è possibile ottenere dal “nostro” Grp A4 Analog Synthesizer. La creatura di Paolo Groppioni, l’ultimo grande progetto analogico italiano, non cessa di stupire per la solida potenza che offre al musicista.

In questo caso, una volta regolati gli oscillatori sul giusto valore di battimento (si avverte bene nella nota finale), non rimane che triggerare le note desiderate; la mancanza di resonance (anzi, di doppia resonance) rende difficoltoso riconoscere il doppio filtro simultaneamente attivo.

 

Domani, l’identificazione degli altri otto strumenti misteriosi…

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Comments (23)

  • Ciro Urselli

    |

    Per ora ho beccato solo la traccia 07, il Dark Energy!

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  • Giovanni

    |

    La cosa sicuramente più interessante del gioco è la possibilità che offre di rendersi conto di quanto le macchine abbiano “80 o 90% di comportamento sonoro tranquillamente sovrapponibile”…!
    😀

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      • Giovanni

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        A questo punto si può concludere che possedendo, come il sottoscritto (!), un paio di buoni digitali più un paio di buoni analogici diversi, alla fine si riesce a coprire quasi totalmente (anche se non perfettamente) il repertorio timbrico possibile. Poi, naturalmente, se si cerca esattamente un suono caratteristico di un Minimoog D o di uno Yamaha DX7, non ci si può esimere dall’utilizzare loro e solo loro.
        Ma non mi sembrerebbe neanche troppo saggio cercare solo di emulare suoni già extranoti senza cercane, magari con la combinazione di strumenti diversi e soprattutto di marche diverse, di nuovi.

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          • Attilio De Simone

            |

            Mi inserisco in questa discussione perchè ne volevo già discutere. La domanda è quindi la seguente: ma allora basta avere una buona macchina analogica per poter ottenere più o meno tutte le sonorità possibili? E tutto il resto è puro marketing? Ragionando non scientificamente (non sono ingegnere del suono), ma solo sulla base della mia esprienza mi sono creato un parco di sint analogici per coprire un pò tutte le mie esigenze sonore, basandomi prevalentemente sulla diversità del filtro. Quindi filtro Moog (un Phatty), filtro Prophet (un DSi), filtro Steiner (Minibrute) e filtro multimodo molto di casa Waldorf (il nuovo Pulse). In questo modo ho una varietà timbrica notevole e più o meno riesco ad ottenere tutte le sonorità che ho in mente. È chiaro poi che alcuni strumenti hanno delle caratteristiche uniche, soprattutto sulle catene di modulazioni, ma la sintesi sottrattiva quella è, si toglie qualcosa alle forme d’onda originarie.

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          • Enrico Cosimi

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            il marketing è importante, come in ogni attività umana – dalle tecniche di accensione con due scaglie di selce, fino alla scelta dello smartphone più adatto…

            ma, a prescindere dal marketing, esiste un livello COMUNE a tutte le macchine che condividono la stessa tecnologia pur nelle diverse piattaforme (sintesi sottrattiva implementata con componenti analogiche, piuttosto che emulata in virtual analog, per dire…) che rende facile ottenere un 80% di tutte le timbriche/comportamenti prevedibili nella normale pratica d’impiego musicale

            però, il rimanente 20% è direttamente collegato alla presenza o meno di determinati circuiti, che il progettista può inserire o trascurare all’interno del proprio strumento per scelte economiche (pensa alla mancanza di un high pass nel minimoog model D) o convenienze storiche (mettere una sezione effetti nei vecchi monofonici Anni 70 avrebbe comportato costi enormi) o culturali (prima che la granulazione ed i glitches arrivassero alle grandi masse di utenza, hanno avuto interi decenni di sola circolazione negli ambiente accademici)

            quindi, se hai la fortuna di configurarti un enorme modulare con TUTTO QUELLO CHE E’ STATO INVENTATO per produrre musica, probabilmente, avrai bisogno solo di quello strumento; altrimenti, devi assemblare una tavolozza timbrica (un’orchestrazione elettronica, diceva Tom Coster) fatta con sintetizzatori di marche e progetti e produttori diversi, ciascuno con il proprio “timbro preferenziale”, fino a raggiungere/coprire tutte le tue esigenze

            :-)

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          • Attilio De Simone

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            La questione sul marketing era una battuta che nascondeva un fondo di verità (ci lavoro con il marketing…….). Alla fine uno si sceglie il parco macchine funzionale alle proprie esigenze cerdando (almeno io) di non inseguire il collezionismo. Oppure mi consigli di mettere in piedi un sistema tipo il “Tonto” di Malcolm Cecil? :)
            La questione è anche un’altra. Di “inaudito” (nel senso di sonorità inascoltata o inarrivabile) non c’è più nulla. Ormai tutto è raggiungibile. Basta un mix di software e sintetizzatori hardware, bastano un paio di analogici scelti bene e un ipad con un centinaio di € di applicazioni e qualsiasi suono è a portata di mano.

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          • Enrico Cosimi

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            mah… con il software, è tutto più facile ed economico; la “sindrome TONTO” può essere giustificata solo a fronte di una professione che permetta l’ammortamento degli investimenti in 6 mesi 😉

            Reply

          • Attilio De Simome

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            E allora….campa cavallo….
            6 mesi sono troppi, io mi aspettavo un ammortamento in 3 mesi, con tutti i soldi che girano…..

            Reply

  • Michele Viazzani

    |

    Bellissimo articolo, mi aspettavo solo la lista dei risultati, invece è molto bello così, con premesse e spiegazioni per ogni strumento.
    Io ho indovinato il Buchla Music Easel, per fortuna penso… :-)

    Reply

  • Riccardo Galatolo

    |

    il Minimoog lo avevo preso al volo, il Dark Energy mi ha sorpreso veramente, gli altri nemmeno per sbaglio…forse col senno di poi il Buchla era quello più individuabile.
    vabbè, tanto non si vinceva niente….
    domani gli altri responsi?
    😀

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      yes, domani mattina le altre otto soluzioni…

      hai sentito che roba il dark energy? quando tieni aperta la quadra E un’altra forma d’onda, esce fuori l’Ira di Dio

      (del resto, Dave Smith, all’epoca del P5, non era tonto: la possibilità di avere simultaneamente le forme d’onda se l’era portata appresso… 😉 )

      Reply

      • Riccardo Galatolo

        |

        vero!
        l’MKII è molto diverso…cioè:
        non a livelloo di suono che ovviamente sarà diverso per la mancanza del chip CEM, dico a livello di smanispippolizzazionamenti vari.
        (bello “smanispippolizzazionamenti ” eh?)
        😀 😀 😀

        Reply

        • Riccardo Galatolo

          |

          (era una domanda…)
          (mi sono dimenticato i punti interrogativi)
          :)

          Reply

          • Enrico Cosimi

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            tra mk 1 e mk 2 dark energy, c’è un mondo di differenza timbrica: il filtro multimodo della seconda versione è flessibile, ma è lontano anni luce – anche nel comportamento LP – dalla potenza bruta della versione mk 1… peccato non si trovi più!!!

            Reply

  • Attilio De Simone

    |

    La questione delle “macro aree di luogo comune” per le quali ad un sint si associa una peculiare caratteristica sonora, è una questione legata al marketing, per determinare bisogni indotti. Per es.: se hai il suono moog però devi avere anche un suono acido e allora devi prendere anche il Korg MS20, ecc. Sicuramente ogni sint ha delle sue caratteristiche ben precise dovute alla propria architettura sonora e alla componentistica impiegata, però se si va a fare un esperimento come questo, si comprende che le sonorità ottenibili quelle sono, al netto del maggiore o minore numero di oscillatori e di una struttura di modulazione più o meno ricca.

    Reply

  • Attilio De Simone

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    Ma è vero che chi indovina i restanti 8 sint vincerà tutti e i 16 sint citati ma con rivestimenti in oro massiccio? :)

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  • Attilio De Simone

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    Comunque riascoltando col “senno di poi” e dopo le argomentazioni di commento si può dire che i suoni Moog risultano ben identificabili (grazie al filtro ladder, inoltre la distorsione dello Slim Phatty è anch’essa ben nota e facilmente individuabile, forse il Voyager ha un timbro troppo generico per poterlo attribuire ad un suono Moog), anche il Buchla è riconoscibile dopo aver letto il ragionamento (bisogna però dire che questo tipo di suono è facilmente ottenibile con quasi tutti gli altri sint, anche se l’elemento identificativo potrebbe essere il fatto che forse dal Buchla si può tirare solo questo tipo di suono per un contesto musicale di tal guisa e quindi si poteva fare un ragionamento per esclusioni). Sugli altri strumenti: forse solo il Roland era identificabile per le caratteristiche sonore ipernote. Alla traccia con il Grp A4 avevo associato il Minimoog prima di leggere la soluzione, non conoscendo la voce dello strumento. Non mi sbagliavo circa l’impiego dei tre oscillatori e nemmeno sulla qualità degli stessi. Mi sembra di capire, guardando l’architettura modulare “statica” (nel senso che le combinazioni possibili sono obbligate via switch e non libere via patch cable) che comunque il Moog Modular sia stato usato come mondo sonoro di riferimento. E questo dovrebbe spiegare la mia svista.

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    • Enrico Cosimi

      |

      la cosa più interessante – miei 2 centesimi – dell’intera operazione è proprio il notare quanto possano cambiare le valutazioni timbriche in base al contesto più o meno “informato” e/o agganciato ad una serie di considerazioni esterne…

      insomma, non si tratta solo di premere tasti e sentire suoni :-)

      domani, il resto delle soluzioni

      Reply

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