I motori di sintesi di KRONOS. HD-1 – Seconda parte

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Proseguiamo nella nostra cavalcata lungo i motori di sintesi implementati all’interno della potente workstation KORG KRONOS; è la volta di affrontare “il resto” della struttura di sintesi, con particolare riferimento a filtri, amplificatori, effetti e sorgenti di modulazione. Perlomeno, quelle più convenzionali, perchè  – con macchine di questa complessità – le cose non sono mai come sembrano ad un primo esame.

Di Enrico Cosimi

Ancora una volta, le immagini che corredano il testo sono estratte dalla manualistica originale e/o desunte dal free Editor che è caldamente consigliato scaricarsi e utilizzare per rendere meno oscure le procedure di programmazione. Musicista avvisato…

Filtri

Già messo a punto con il precedente OASYS, il meccanismo di filtraggio di KRONOS è molto più versatile di quanto fosse lontanamente immaginabile con i vecchi modelli delle serie T e M (che, tra l’altro, non erano neppure risonanti…).

Ogni oscillatore può sfruttare uno o due moduli di filtraggio (ciascuno in grado di lavorare con selettività 12 dB/Oct) utilizzabili in modalità singola, in collegamento seriale, parallelo o sommati insieme per produrre un più efficiente filtro 24 dB/Oct.

Attenzione! Anche se il lavoro di programmazione cresce sensibilmente, due filtri per oscillatore significa, in configurazione Double, poter contare su quattro picchi risonanti indipendenti… un meccanismo molto potente per tirare fuori suoni particolari e diversi dal solito.

Come può lavorare ciascuna cella di filtraggio? E’ presto detto: low, band, high, notch; le configurazioni passa banda/respingi banda sono selettive a 6 dB/Oct, le altre due lavorano ovviamente a 12 dB/Oct. Per evitare che il filtro distorca – se lo si vuole evitare… – è possibile intervenire sul parametro di Input Trim; gusto e convenienza saranno le vostre guide. I filtri sono auto oscillanti, con Resonance liberamente regolabile; allo stesso modo, si può dosare l’envelope amount sulla frequenza di taglio e sulla Resonance. Anche il volume d’uscita è dosabile a discrezione; se vi serve la massima cattiveria in programmazione, non è il caso di essere tirchi con i livelli.

Come si può modulare la frequenza di taglio? Sicuramente, con il keyboard tracking, che può essere configurato attorno a due break point posizionabili lungo la tastiera e definendo curve, intensità e pendenze alle due estremità della traiettoria.

Inviluppi

Ma, come è facile immaginare, c’è un Envelope Generator dedicato.

L’inviluppo riprende la struttura tempi/livelli precedentemente incontrata in rapporto al Pitch Envelope, ma questa volta il Sustain Level può essere posizionato su qualsiasi valore richiesto.

La traiettoria è presto detta: si parte dallo Start Level e, a velocità definita con Attack Time, si raggiunge Attack Level; da qui, si prosegue verso il Break Point Level a velocità definita con Decay Time. Dal Break Point Level, ci si muove a Slope Time verso il Sustain Level che – come tutti i Sustain che si rispettino – è dimensionato solo dalla transizione di Gate Off. Terminata la persistenza di Gate, dal Sustain Level si raggiunge (quale che esso sia) il Release Level, procedendo a velocità stabilita con il Release Tme.

E, a questo punto, si è pronti per la nota successiva. Anche in questo caso, tempi e livelli sono modulabili a discrezione del musicista.

 

Amplificatore e Driver

Ogni oscillatore ha il proprio amplificatore indipendente e, in ingresso all’amplificatore, il proprio trattamento non lineare (Driver) con cui distorcere il segnale a seconda dei propri gusti; il percorso completamente separato permette di dosare il volume dei due eventuali componenti posti in Double Mode e, attraverso il Drive (che è destinazione di modulazione), subordinare gli interventi sul contenuto armonico a precisi comportamenti di modulazione. L’uscita del segnale può essere disposta in un punto preciso dell’arco stereofonico. Il livello del segnale è modulabile con il keyboard tracking (è presente lo stesso meccanismo di rampe e break point implementato nel filtro, anche se – in questo caso – l’intensità del trattamento è bloccata sulla massima escursione).

L’inviluppo – inevitabilmente unipolare – è identico a quello incontrato nella sezione di filtraggio. Da non sottovalutare, in uscita all’amplificatore, l’ulteriore intervento timbrico ottenibile attraverso la sezione d’equalizzatore, composta da bassi e acuti shelving, con mid peaking.

LFO

Ogni oscillatore (cioè, in senso più ampio, ogni componente instanziato nella struttura del Program), ha il proprio LFO indipendente che produce segnali di modulazione ad andamento ciclico applicabili a qualsiasi destinazione disponibile. Ai due LFO “di oscillatore”, cioè di tono – per usare un termine caro a diversi produttori nipponici – deve poi essere aggiunto il Common LFO che è concepito per fornire modulazioni aggiuntive, con minor possibilità di sincronizzazione/risincronizzazione dal parte del musicista; ulteriori particolari in seguito.

Punto di forza del LFO è la disponibilità full digital di una gran quantità di forme d’onda: sine, triangle, saw, square, guitar, exponential triangle, exponential saw down/saw up, step triangle a 4 e 6 gradini, step saw a 4 e 6 gradini, sei tipi di versi di andamento random differenziato per densità e comportamento smooth/stepped.

Specie se utilizzate ai danni di intonazione, frequenza di taglio e ampiezza, le forme d’onda prodotte dal LFO possono assumere una precisa valenza ritmico/timbrica; da questo punto di vista, le versioni stepped permettono di alternare andamento binario/quaternario (4 step) e ternario (6 step) che, alla luce delle possibilità di sincronizzazione, meritano più di un approfondimento.

Le forme d’onda “guitar” riproducono il classico andamento di di bend/vibrato ottenibile sul manico della sei corde.

In aggiunta, si può decidere start phase e shape/curvatura di ciascuna forma d’onda esasperandone concavità o convessità, con le conseguenze di accelerazione/decelerazione percepita che è facile immaginare. La massima frequenza è pari a 32 Hz, troppo poco per una vera FM in banda audio (ma, per questo scopo, dentro KRONOS ci sono ben altri motori di sintesi richiamabili…).

Oltre che con la fase iniziale, il ciclo della forma d’onda può essere subordinato al Key Sync, campionato (e prolungato) in riferimento al suo valore iniziale, sottoposto a offset bipolare per traslarne la curva interamente nel dominio dei valori positivi o negativi.

L’emissione del controllo LFO è subordinata a un Delay Envelope che permette la realizzazione di progressivi Fade In iniziali con cui dosare l’ingresso (ad esempio) di un vibrato.

 

Common LFO

La differenza fondamentale tra Common LFO e LFO 1/2 è che il primo è unico per tutte le voci di polifonia generate nel modulo HD-1; questo significa che, quante che siano le note eseguite simultaneamente, un’eventuale modulazione sulla frequenza di taglio “andrà a tempo” in maniera perfetta per tutte loro; l’effetto è – per certi versi – simile all’introduzione strumentale di Won’t Get Fooled Again; provare per credere…

Inoltre, il Common LFO è privo delle regolazioni di Delay, Fade e Key Sync; insomma, è utile per compiti più globali e meno personalizzabili.

 

A questo punto, la consueta dose di suggerimenti-consigli-minacce-punti da approfondire:

  • utilizzando l’architettura Double (cioè lavorando con due percorsi di sintesi per ogni voce), provate ad accoppiare una sawtooth wave e un multisample Brass, dirigendovi alla volta del synth brass perfetto; il filtraggio potrebbe essere il low pass 24 dB/Oct “a reti unificate” o – attenzione – il comportamento serial con low pass e high pass (quest’ultimo non modulato);
  • l’impiego del doppio filtro seriale permette di simulare determinate timbriche caratteristiche al vecchio MS-20… un low pass portato “a spasso” dall’inviluppo dedicato e un high pass, con molta resonance, utilizzato come picco risonante non modulato – in pratica, una super formante con cui far “strillare” lo strumento;
  • che succede se, a fronte di un multisample tradizionale e riconoscibile – magari di matrice orchestrale – si inizia a esagerare con filtraggi modulati da LFO particolarmente “viziosi”? E se gli LFO viziosi sono sincronizzati al Clock MIDI e creano incastri ritmici “dubbeschi”? La psichedelia è a portata di mano.

 

Gestione degli effetti

KRONOS spreme fino in fondo la CPU disponibile per raggiungere, nei confronti della sezione effetti, una flessibilità ammirevole: ancora non c’è la possibilità di avere, per ciascuna parte timbrica, l’assoluta indipendenza quantitativa/qualitativa, ma ci si arriva molto vicino…

Insert Effects

Ci sono dodici effetti che possono essere inglobati nella struttura Program, allo stesso modo con cui un chitarrista può collegare dodici pedali tra il suo strumento e l’amplificatore; nell’apposita pagina di configurazione, si possono scegliere gli algoritmi desiderati, collegare in serie l’uscita di uno all’ingresso del successivo e realizzare percorsi complessi: due o più effetti possono entrare in uno degli effetti successivi; non è possibile tornare indietro, cioè nelle fasi di configurazione si “scende” dalle posizioni numeriche 1,2, eccetera, verso quelle che occupano i posti successivi nella lista. Il segnale prodotto dalla catena di effetti Insert è inviabile agli effetti MFX attraverso due Aux Send dedicate e, parallelamente, può essere collegato alle diverse uscite mono/stereo disponibili nell’hardware dello strumento.

Ciascun effetto ha, ovviamente, una pagina dedicata per la regolazione dei parametri operativi (ogni algoritmo/effetto selezionato può salvare fino a 16 configurazioni d’uso del musicista e fare riferimento a 15 configurazioni factory riscrivibili); attraverso la Dynamic Modulation – DMod, si possono modulare in tempo reale diversi parametri significativi: è un modo potente e spesso sottovalutato per ottenere timbriche particolarmente affascinanti.

Una coppia di Common FX LFO 1/2  produce le modulazioni cicliche con cui influenxare il comportamento di diversi parametri d’effetto; è possibile definire la subordinazione al MIDI Clock, la frequenza, il BPM e il Reset.

Master MFX e Total Effects

Il segnale prodotto dal canale di sintesi HD-1 e successivamente arricchito dai 12 Insert Effects, può essere ulteriormente potenziato con i due Master MFX e i due Total FX. I primi due possono lavorare in serie o in parallelo; i due effetti totali sono sempre collegati in serie. Contrariamente a quanto subito nelle precedenti implementazioni grafiche (ad esempio nel seminale Triton…), questa volta il display rende meno ostico afferrare le sottili interazioni dei percorsi d’effetto.

Consigli e suggerimenti? Con gli effetti, non c’è che una linea guida: sperimentare! Tanto l’uso canonico (equalizzazione, poi delay, poi riverbero), quanto le soluzioni apparentemente prive di senso, possono portare a risultati timbricamente interessanti, tali da meritare un Write Program convinto e soddisfatto. Da non sottovalutare, infine, le possibilità offerte dall’interazione con il MIDI Clock e con le sorgenti di modulazione AMS previste nel sistema KRONOS.


Ma, per queste, avremo un altro momento di discussione. Stay well!!

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