Giovanotti, andiamoci piano… Monofonia vs. polifonia

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear, Tutorial

Molto spesso, nella normale pratica della musica elettronica e della produzione, si tende a dare per scontata una serie di competenze – o conoscenze – che invece meriterebbero un approfondimento più dettagliato. E’, tra i tanti, il caso delle differenze riscontrabili tra il comportamento monofonico e il comportamento polifonico.

Di Enrico Cosimi

 

01 apertura rs09

Detto in due parole, una macchina monofonica è in grado di suonare una sola voce per volta, mentre una macchina polifonica permette la costruzione di intervalli (bicordi, tricordi, eccetera) in base alla quantità di voci simultaneamente generate e controllabili. Sembra facile, lo è in ampia parte, ma occorre spendere qualche minuto di tempo per chiarire alcune cose.

A voler vedere meglio le cose, il comportamento monofonico è caratterizzato dalla possibilità, per la struttura di sintesi, di articolare e controllare una singola voce composta da generazione sonora con specifica della frequenza desiderata, trattamento timbrico, articolazione di volume e andamento. Detto in maniera meno clinica: la voce deve essere composta almeno da un oscillatore amplificato e inviluppato che sia controllabile in intonazione attraverso tastiera o altro meccanismo di gestione interno o esterno alla struttura.

In questo modo, il “mini sintetizzatore” permette di scegliere che nota suonare (pitch), come farla suonare (amplitude) e in che modo farla suonare (volume envelope); se il il sintetizzatore non è proprio ai minimi termini, ci sarà anche un filtro controllato dallo stesso inviluppo dell’amplificatore (n stile KORG MS-10) o controllato da un inviluppo dedicato (meglio ancora).

 

02 korg ms10

A questo punto, si potrebbe dire: ma se la struttura mono oscillatore del KORG MS-10 è monofonica, la struttura a doppio oscillatore del KORG MS-20 è bifonica? E la struttura a nove oscillatori del Moog 3C è polifonica a nove note? 

 

03 moog 3c

Qui casca l’asino: occorre fare attenzione alle capacità di articolazione e controllo.

 

 

04 discantus

 

Monofonia come unicità di articolazione melodica

Nella notte dei tempi, grosso modo attorno al Secolo XI, presso la Basilica di Notre Dame, si andavano sperimentando i primi timidi tentativi di abbandonare la monodia per ascoltare simultaneamente gli organa a due e più voci. Le possibilità offerte dalla contrapposizione di canto fermo e discanto sembravano, ai nostri antenati, assolutamente entusiasmanti; quella che inebriava era la libertà di articolare nel tempo e nell’intonazione le due o più voci in completa indipendenza.

Allo stesso modo, nell’infanzia degli strumenti musicali elettronici, il grosso problema era quello del controllo, cioè del meccanismo con il quale gestire l’intonazione della struttura di generazione timbrica. Anche se la sequenza temporale delle macchine pionieristiche nel XX Secolo non procedere per evoluzione costante, quanto – piuttosto – per strappi e ripensamenti, la tastiera monofonica era il vincolo che limitava la produzione di intonazione (negli oscillatori) e articolazione (negli inviluppi) per il neonato sintetizzatore analogico.

Da questo punto di vista, quindi il Moog 3c, che abbiamo visto raffigurato poco sopra, in tutta la sua gloria, pur avendo nove oscillatori 901B capaci di intonare altrettante frequenze in maniera completamente indipendente (per non parlare del grosso 901 Full Range Oscillator, in decima posizione…), cozzava tragicamente contro l’impossibilità della tastiera musicale a cinque ottave di articolare più di una singola voce CV/Switch Trigger: il sistema di partizione resistiva adottato per leggere la nota suonata e convertirla in tensione con cui controllare gli oscillatori poteva interpretare solo la nota più bassa tra tutte quelle eventualmente e simultaneamente premute dal musicista.

Un problema di controllo.

 

05 minimoog

La cosa, su scala più ridotta, è riscontrabile nel venerando Minimoog Model D: in questo caso, ci sono tre oscillatori, più un noise, più un eventuale segnale esterno, che confluiscono nel filtro low pass e, da questo, nell’amplificatore.

Purtroppo, la tastiera non è trifonica e non permette il controllo simultaneo e indipendente per le intonazioni dei tre oscillatori; premendo una nota, o premendone tre, gli oscillatori tracceranno sempre l’intonazione più bassa tra quelle eventualmente in accordo e – compatibilmente con le regolazioni nominali di pannello – produrranno la stessa intonazione.

Attenzione! L’indipendenza circuitale dei tre oscillatori permette di lavorare su tre forme d’onda indipendenti, su tre ottave e su tre (con qualche limitazione) semitoni diversi, ma il controllo – da tastiera o attraverso porta CV – sarà sempre uno per tutti e tre gli oscillatori.

Monofonia o, nel caso più articolato, tricordo eseguito per modo parallelo sulla singola linea melodica.

 

06 sem two voice

Da monofonia a bifonia

Le cose diventano più interessanti, nel vecchio mondo analogico, quando alcuni costruttori (basterebbe citare Al Pearlman e Tom Oberheim, ma bisognerebbe anche ricordare la tastiera bifonica Moog…), iniziano ad utilizzare simultaneamente due partitori resistivi sotto alle proprie tastiere.

In questo modo, mentre il musicista preme due note sulla tastiera, un circuito rileva la nota più bassa e l’altro rileva quella più alta; rimane aperta la questione relativa a “dove mandare a finire questi segnali di controllo”. La cosa è abbastanza semplice: se ci sono soldi, del musicista, si può usare una coppia di sintetizzatori completamente indipendenti, pilotandone uno con la nota più bassa e usando l’altro per eseguire la nota più alta. E’ la strada scelta da Tom Oberheim nel suo Two Voice Synthesizer che, per la cronaca, è un sintetizzatore analogico, bifonico, bitimbrico.

Ma se i soldi non sono molti, se si vuole rimanere all’interno di una certa fascia di mercato, la soluzione più pratica diventa quella adottata da Al Pearlman con il sintetizzatore ARP Odyssey.

 

07 arp odyssey

In questo caso, il doppio circuito usa la lettura della nota più bassa per controllare l’oscillatore numero 1 e la nota più alta per controllare l’oscillatore numero 2 dello strumento. Ma, attenzione, tutti e due gli oscillatori confluiscono nella stessa sezione di filtraggio e amplificazione.

Dal punto di vista tecnico, l’ARP Odyssey è un sintetizzatore analogico, bifonico, monotimbrico… ma qualcuno potrebbe definirlo, con maggior dettaglio, un sint parafonico.

Ci stiamo per infilare in un mare di guai.

 

La parafonia e la polifonia

Cosa è la parafonia? E’ una tecnica per ottenere risultati a polifonia variabile da una struttura che si vuole mantenere entro un determinato limite di spesa. Come avremo modo di verificare in un prossimo appuntamento, la polifonia costa… per poter vendere uno strumento, permettendo al musicista di premere 4, 5, 6, 8 o 10 note simultaneamente, occorre fare dei veri salti mortali a livello di programmazione.

Niente di meglio, nel secolo scorso, che concepire un meccanismo economico di generazione polifonica, risparmiando a valle sul suo trattamento di filtraggio e articolazione; come dire: ti vendo un accordo da otto voci, ma lo passi dentro un solo filtro, con un solo amplificatore e un solo inviluppo. Il risultato? Tornate ad ascoltare l’intro di The Model dei Kraftwerk, e tutto si chiarirà all’istante (facendo attenzione agli obbligati di synth).

Uno strumento parafonico permette, oggettivamente, di prendere accordi (è il caso delle vecchie macchine Roland, ma anche della controversa KORG PS-Series, se interpretata alla luce del General Envelope Generator), ma non permette l’articolazione indipendente nota per nota: ogni volta che il musicista riarticola un tasto, l’unico filtro e l’unico inviluppo “faranno suonare nuovamente” (cioè riarticoleranno) tutte le note simultaneamente impegnate.

Da questo punto di vista, il già citato ARP Odyssey è in grado di generare e controllare due intonazioni simultanee (quindi, capacità bifonica), ma a differenza del SEM Two Voice Oberheim, non permette di avere articolazioni (e timbriche indipendenti), quindi volendo spaccare il capello in quattro, si può parlare di parafonia.

 

09 moog sub 37

La stessa considerazione (numero delle intonazioni vs. numero delle timbriche articolate e inviluppate) può essere fatta nei confronti del venturo Moog Sub 37.

 

E la polifonia? Ne parleremo la prossima volta. Nel frattempo…

Giovanotti, andiamoci piano!

 

 

 

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Comments (6)

  • synthy

    |

    qui si vede, anzi si legge e capisce, che professore o maestro lo si è NON per blasonati titoli accademici ma per la grande capacità di saper spiegare le cose complicate con parole semplici.
    Chapeu Enrico

    Reply

  • mirko

    |

    Come faremmo senza di Lei Maestro?
    Grazie per queste perle.

    Reply

  • clod

    |

    Complimenti
    articolo interessantissimo!

    Reply

  • Marco melui

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    Articolo meraviglioso…. Grazie

    Reply

  • Enrico Cosimi

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    non sceglierei una macchina parafonica per fare i pad…
    meglio indirizzarsi verso un polifonico, anche di fascia bassa tipo minilogue korg, per poter lavorare in completa indipendenza di articolazione tra le voci

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