Giovanotti, andiamoci piano… c’è polifonia e polifonia

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Tutorial

Dopo aver scalfitto la superficie dell’argomento “monofonia”, è giunta l’ora di parlare delle diverse polifonie, ovvero delle diverse tecnologie con cui è stata resa attiva la possibilità di prendere accordi sulla tastiera dello strumento musicale elettronico.

Di Enrico Cosimi

 

Giovanotti 02 - 01 telharmonium

Agli albori dell’Era Elettronica, negli Anni 10 dello scorso secolo, il Telharmonium di Taddheus Cahill era completamente polifonico e permetteva, nelle diverse versioni a uno e due manuali, esecuzioni a due e quattro mani, a maggior gloria del repertorio direttamente ricavato dalla musica classica e romantica.

Ma l’approccio fully polyphonic – che sarebbe stato riproposto, più di venti anni dopo, nel generatore elettrofonico di Hammond – era costoso in termini di progettazione e realizzazione; per questo motivo, facendo un brusco salto temporale, potrà essere utile sbirciare tra le diverse tecniche adottate per (ri)conquistare polifonia commerciale nel mercato degli strumenti musicali elettronici.

 

Giovanotti 02 - 02 vox

Gli organi a divisione di frequenza

Il classico organo Vox Continental, e tutti gli altri apparecchi che lavora(va)no sullo stesso principio, generava polifonia totale ricorrendo alla divisione di frequenza. 

La struttura è tecnologicamente semplice e timbricamente limitata: all’interno dello strumento, sono attivi dodici oscillatori che producono le frequenze necessarie a dare voce all’ottava più alta dello strumento (do5, si4, sib4, la4, lab4, sol4, solb4, fa4, mi4, mib4, re4, reb4).

Ciascuno di questi dodici circuiti è processato attraverso una batteria di divisori di frequenza, che – come dice il nome – divide la frequenza del segnale in ingresso per 2 (un’ottava sotto), per 4 (due ottave sotto), per 8 (tre ottave sotto), per 16 (quattro ottave sotto), per 32 (il do cinque ottave sotto).

In alternativa ai divisori 4, 8, 16, si possono usare tanti divisori 2 collegati in cascata, il risultato (purtroppo) non cambia.

 

In questo modo, la frequenza del do5, divisa 2 fornisce do4, che diviso due fornisce do 3, che diviso due fornisce do1; la stessa cosa avviene per la frequenza del si4, che divisa 2 fornisce si3, che diviso due fornisce si2…

 

Tutto sembrerebbe meraviglioso, se non fosse per due (grossi) problemi:

  1. se, per dire, si rompe un divisore di frequenza della nota mi, il musicista può perdere una singola nota, o tutte le ottave del mi in base al percorso scelto dal progettista;
  2. il suono generato attraverso divisione è brutto, ma brutto aiutami a dire quanto… senza altri trattamenti, si ottengono solo onde quadre o onde triangolari relativamente sbilenche. La costruzione di altre forme d’onda, post divisione, richiede un notevole impegno tecnologico (ad esempio nella sopravvalutata PS-Series Korg o nel prematuro Moog Polymoog).

Negli organi a transistor, ovviamente, la produzione di timbriche (registri) differenziate è demandata alla ricchezza di circuiteria implementata: ne consegue che, a parte i modelli seminali Farfisa, Vox e Gibson, le successive apparecchiature per divisione diventano grosse, pesanti, costose e delicate da mantenere.

Comunque sia, il motore per divisione di frequenza fornisce al costrutture la polifonia totale – per un pugno di divisori – spalmabile su tre, quattro o cinque ottave. Non rimane che processare il timbro così generato.

Torniamo ai sintetizzatori.

 

giovanotti 02 - 03 polymoog

 

Dal divisore al sintetizzatore

Con sofisticati giochi di tecnologia, il (brutto) suono dei divisori può essere convertito in forme d’onda più potabili per l’impiego generalizzato: facendo pagare elettronica, ingombro, fragilità e peso addizionale, il costruttore può fornire al musicista il classico corredo di rampa, impulsiva, triangolare in polifonia totale sul singolo “oscillator rank”; in questo modo, un solo oscillatore di pannello corrisponde a un intero banco di generazione/divisione/filtraggio che produce – tasto per tasto – le forme d’onda ritenute necessarie.

Che succede se servono due oscillatori per ciascun tasto? Diventa necessario, come nel vecchio Polymoog, differenziare i percorsi di divisione e di trattamento timbrico, prevedendo un vero e proprio raddoppio (nel peggiore dei casi) o una duplicazione parziale dell’elettronica impiegata. Nel vecchio Polymoog, era possibile gestire in generazione simultanea e indipendente, onda dente di sega o onda impulsiva a simmetria variabile per ciascun tasto con indipendenza d’intonazione/detune, il tutto grazie a un duplice waveshaping/processing sulla generazione/divisione in origine.

Costoso, poco pratico, fragile, timbricamente poco entusiasmante.

 

giovanotti 02 - 04 ps 3100

Nel patetico PS-3100, la batteria di divisori in frequenza permetteva, su 48 note (si noti la limitazione a 49-1=48 per poter risparmiare il quinto divisore d’ottava, che avrebbe avuto senso solo per un’unica nota…) forniva un timbro apparentemente mono oscillatore, successivamente filtrato e inviluppato con le scarse funzionalità di pannello.

La natura multi oscillatore (cromatica) dell’ottava più acuta è rivelata dalla presenza di 12 trimmer, impaginati in verticale sulla parte sinistra del pannello comandi, con cui si poteva – secondo le volenterose intenzioni del produttore – regolare le frequenze di do diesis indipendentemente da re, indipendentemente dal mi, eccetera. Detto in maniera più attinente: prima di inviare le frequenze dei 12 oscillatori ai banchi di divisione, si permetteva la regolazione d’intonazione dei 12 oscillatori reali contenuti nello strumento.

Come è facile immaginare, in apparecchiature meno costose, o dedicata a un target più selettivo – basterebbe pensare all’Omni ARP, la generazione per divisione era coadiuvata da un singolo filtro e un singolo meccanismo di articolazione, ricadendo nel già citato meccanismo parafonico.

Non è il caso della serie PS, che – almeno in questo – offriva per ciascuna nota un filtro passa basso risonante e un inviluppo AD/RS semplificato.

 

Giovanotti 02 - 05 geddy

Da polifonia totale a polifonia contingentata

In maniera del tutto alternativa, procedendo di pari passo all’evoluzione delle tecniche di scansione numerica delle tastiere, c’è “l’altro modo” di creare i sintetizzatori polifonici: chiudere nella stessa scatola un numero limitato di strutture di sintesi indipendenti. In questo modo, si può vendere al musicista una certa quantità di polifonia/politimbricità direttamente proporzionale alla quantità di risorse impegnate.

Nell’immagine qui sopra, vedete sua santità Geddy Lee dei RUSH alle prese con il suo basso Rickenbacker 4001 e con il grosso Oberheim SEM Eight Voice (otto sintetizzatori monofonici, completamente indipendenti, posti sotto controllo di due tastiere e di un modulo Programmer con il quale tentare la memorizzazione dei parametri ritenuti più significativi).

Proviamo a elencare qualche macchina:

  • 1975 – Oberheim SEM Four Voice – quattro voci di polifonia quadri timbrica
  • 1978 – Roland Jupiter 4 – quattro voci di polifonia mono timbrica
  • 1978 – Sequential Circuits Prophet 5 – cinque voci di polifonia mono timbrica
  • 1979 – Oberheim Ob-X – otto voci di polifonia mono timbrica
  • 1981 – Roland Jupiter 8 – otto voci di polifonia bitimbrica
  • 1981 – Oberheim OB-Xa – otto voci di polifonia bitimbrica
  • 1982 – Roland Juno 6 – sei voci di polifonia mono timbrica
  • 1982 – Roland Juno 60 – sei voci di polifonia mono timbrica
  • 1982 – Moog Memorymoog – sei voci di polifonia mono timbrica
  • 1982 – Sequential Circuits Prophet 600 –  sei voci di polifonia mono timbrica
  • 1983 – Oberheim OB8 – otto voci di polifonia bitimbrica
  • 1983 – Sequential Circuits Prophet T8 – otto voci di polifonia bitimbrica
  • 1984 – Oberheim Xpander – sei voci di polifonia esa timbrica
  • 1984 – Sequential Six Track – sei voci di polifonia esa timbrica
  • 1985 – Oberheim Matrix 12 – dodici voci di polifonia, dodici timbriche
  • 2000 – Alesis Andromeda – sedici  voci di polifonia, sedici timbriche

…eccetera.

giovanotti 02 - 06 t8

La filosofia è sempre quella: a seconda della tecnologia disponibile, si incastrano dentro un’unico contenitore tanti sintetizzatori indipendenti (è il caso del SEM Oberheim) o tante schede voci indipendenti (tutti gli altri) mettendole sotto controllo di un unico pannello comandi.

Nel primo caso, c’è maggior spesa di hardware e maggior complessità per il musicista (che deve programmare quattro o otto volte lo stesso suono sui differenti pannelli comandi); nel secondo caso, si perde l’eventuale indipendenze timbro/voce, ma si guadagna maggior velocità nella gestione dei cambi timbrici.

Come è facile immaginare, l’ìncremento della polifonia, della risorsa politimbrica e della quanttà simultanea di cose possibili è direttamente collegato alla disponibilità di processori sempre più veloci (con cui tenere sotto controllo le diverse schede voci analogiche) e alla disponibilità di circuiti integrati con cui ottimizzare/velocizzare/standardizzare la risposta dei diversi comportamenti di sintesi.

Da questo punto di vista, tutti i musicisti elettronici dovrebbero accendere un lumino votivo anche sotto il ritratto di Doug Curtis, il padre degli integrati CEM…

A questo punto, una volta identificato – per (molto) sommi capi – il percorso che parte dalla polifonia totale e arriva alla polifonia contingentata, non rimane (si fa per dire…) che parlare della poli timbricità e del suo sviluppo.

 

Stay tuned e, nel frattempo…

giovanotti, andiamoci piano!

 

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Comments (2)

  • Josè Diego

    |

    Salve, inanzitutto la ringrazio per i suoi articoli. Premetto che sono un totale principiante nel campo, da poco ho iniziato ad informarmi in merito a synth ecc. quindi magari la mia domanda sarà un po’ scontata. Se per quanto riguarda la monofonia e parafonia mi era chiaro il fatto che se suono due note sulla tastiera, nel primo caso viene riprodotta solamente la nota più bassa, mentre per esempio nel secondo caso si può collegare la nota più bassa ad un oscillatore e quella più alta ad un’altro, qui non mi è chiaro in che modo proprio fisicamente venivano suonati due voci con timbriche diverse dalla tastiera. Cioè secondo quale principio viene “suonato” un oscillatore piuttosto che un altro?

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    • Enrico Cosimi

      |

      dipende sempre da quello che ha in mente il costruttore; nelle vecchie macchine analogiche a due voci (ad esempio l’arp odyssey – ma il discorso vale anche per le sue clonazioni moderne), l’oscillatore 1 suona “la nota a sinistra nel bicordo” e l’oscillatore 2 suona “la nota a destra nel bicordo”

      c’è un motivo tecnico: sotto la vecchia tastiera, ci sono DUE sistemi di scansione dei tasti: il primo legge “da sinistra verso destra” e lavora in low note priority (quindi traccia sempre la nota più bassa delle due eseguite); il secondo legge “da destra verso sinistra” la tastiera e lavora in high note priority (quindi traccia sempre la nota più acuta delle due eseguite); l’uscita del primo circuito controllare il primo oscillatore, quella del secondo circuito è agganciata al secondo oscillatore

      quando il musicista preme UN SOLO TASTO, i due circuti leggono la stessa nota e tutti e due gli oscillatori la eseguono

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