Dopo il MusikMesse: qualche riflessione

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Events

Riposti nelle custodie gli strumenti, rimessi in naftalina i geetaristi dimostratori millenote, archiviate le infinite buste in stoffa, plastica e palladio, eccoci a tirare le somme di questa interessante rassegna 2015 della più importante fiera europea dedicata agli strumenti musicali.

Di Enrico Cosimi

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Partiamo subito con le voci sul futuro della manifestazione stessa; dopo, passeremo alle considerazioni di tipo più tecnico.

Da ormai molti anni, l’inseguimento cronologico tra Winter NAMM statunitense (Gennaio) e MusikMesse europea (Aprile) porta ad una prevedibile sovrapposizione di merci e occasioni per mettere le mani sopra agli ultimi modelli: la feroce guerra commerciale in atto tra i due continenti non lascia prevedere nulla di buono, da questo punto di vista. Se a questo si aggiunge il tradizionale punto debole francofortino (la mancanza di artisti noti, punto di forza – invece – della kermesse statunitense), ecco che il futuro del Messe può sembrare critico. D’altro canto, al MusikMesse trovano posto molti più espositori e – specie nel settore elettronico – c’è chiaro il polso della situazione continentale (che lo si voglia o meno, l’Elektronik Musik è nata in Germania e la vecchia Europa è la sua culla… con buona pace degli statunitensi); insomma, la NAMM (che è più piccola) rimane la roccaforte incontrastata della liuteria, la patria dei “rocker da fiera”, ma fatti salvi due o tre eroici negozianti specializzati in analogico, il cuore ribollente di oscillatori e inviluppi rimane saldamente ancorato a Francoforte.

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Però – eccoci al dunque – la crisi morde e i cambiamenti sono nell’aria: ormai da qualche anno, il MusikMesse sta andando al traino del ProLight, cioè il mercato degli strumenti musicali alza numeri inferiori a quelli mossi nel settore dell’audio professionale, del live stage e della tecnologia genericamente applicata agli eventi dal vivo. Per questo motivo, già dal prossimo anno, potrebbero esserci diverse novità; le citiamo in ordine sparso, sperando di avere – nei prossimi mesi, precisazioni, conferme o smentite…

  • dal prossimo anno, un colosso nipponico dell’industria musicale non prenderà più l’intero padiglione per la sua differenziata offerta, ma scenderà significativamente nell’impegno economico, optando per postazioni più mirate e meno onerose;
  • sempre dal prossimo anno, ci sarà una redistribuzione degli spazi e dei padiglioni stessi: il ProLight guadagnerà molto più spazio espositivo migrando nei padiglioni “con i numeri bassi”, mentre il MusikMesse vero e proprio migrerà tornando alle sue storiche sedi dei padiglioni 8, 9 e (forse) 10. Chi grida allo scandalo non ricorda che, trenta anni orsono, tutto è nato in quei padiglioni e solo in epoca più recente c’è stato lo spostamento elettronico al 5.0 e 5.1. enough said…
  • ancora: la prossima edizione avrà un chiaro indirizzamento verso il mercato interno: dal giovedi alla domenica (attenzione al cambio di date…), tutti i giorni vedranno l’accessibilità indifferenziata di trade buyer, press e pubblico “normale”. Ovvio che una decisione del genere sia mirata a privilegiare il pubblico tedesco, quello – per intenderci – che sale in auto o in tram per arrivare alla fiera. Sicuramente, ci saranno numeri più alti di pubblico, sicuramente ci sarà maggior confusione per chi deve portare avanti trattative di lavoro;
  • ora che i viaggi aerei costano e durano sempre meno, è evidente come la concorrenza con l’appuntamento di Los Angeles abbia tolto parecchia potenzialità all’appuntamento di Francoforte. Personalmente, da sempre innamorati del Messe (ove esordimmo come product specialist…), troviamo non paragonabili e complementari le due macchine fieristiche: le dimensioni e l’organizzazione parlano da sole – ovviamente, il mercato andrà dove deve andare. A margine, fintanto che il cambio dollaro-euro rimane questo, per il sottoscritto è assolutamente verboten comprare qualsiasi cosa non venga prodotta nella vecchia, cara, decadente Europa.

 

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Ora, concentriamoci sulle considerazioni di tipo tecnologico:

  • in molti hanno notato come il Messe 2015 avrebbe potuto essere una qualsiasi fiera degli Anni 70: ARP Odyssey, KORG MS-20, Moog Modular, per non parlare dei remake electric piano targati Vintage Vibe o del Mellotron…
  • … per non parlare, ancora e di più, della vitalità dimostrata da DLQ e Crumar/GSi nel tenere alto il vessilo dei cloni elettrofonici;
  • di fondo, il problema non è aver ripreso a costruire strumenti musicali elettronici che ci riportano agli Anni 70, il problema è aver smesso di costruirli all’epoca per inseguire altre cose; alla fin fine, un musicista usa quello che meglio reputa adatto a veicolare il proprio disegno compositivo/esecutivo. La folla di persone accalcate attorno alla riedizione ARP Odyssey (da qualcuno, cacofonicamente etichettata come KARP) è la prova più evidente della bontà di tali iniziative: quando serve un determinato suono o ti rivolgi al mercato vintage (ma occhio ai divanetti rossi!!!), oppure balzi sul vagone della riedizione filologica e vivi felice con le nuove dimensioni RyanAir friendly;
  • ancora, a proposito di riedizioni reali, annunciate, paventate: eravamo in pochi presenti alla presentazione del fund raising Bringelkaback, ma quei pochi si sono chiesti – di fronte all’arrembante politica messa in atto dalla nuova proprietà GEM – se e cosa emergerà nei prossimi mesi; mentre scriviamo, la raccolta fondi ha raggiunto il 26% della cifra necessaria (manca ancora un mese) e, nonostante rimangano aperte tutte le perplessità già espresse qui su ACM, se son rose…
  • di sicuro, questa volta il botto grosso l’ha fatto Roland: entrare non con uno, non con due, ma con cinque più quattro più uno, cioè dieci nuovi prodotti nell’area Euro Rack è stato un bel giro di boa per un marchio che, da parecchio tempo sembrava avvitato su realizzazioni poco “sintonizzate” con il mercato attivo della produzione elettronica. Oltre alla versione modulare del System-1, oltre ai quattro processori digitali programmabili, il punto chiave dell’intera operazione è rappresentato dai cinque (ma diventeranno presto 10…) della 500 Series realizzati in collaborazione tra Malekko e il team original degli ingegneri Roland padri del System 100m. Avremo modo di approfondire in un prossimo articolo qui su ACM, ma – intanto – possiamo anticipare che la precisione del suono 100m c’è tutto, la classe analogica anche, il rapporto Q/P sembra vincente. Come al solito, se è l’inizio di una nuova stagione per Roland, sembrerebbe proprio partita con il piede giusto;
  • a margine, riportiamo una considerazione di Dieter Doepfer (il padre della sintesi modulare Euro Rack): sembra che, attraverso il proprio ufficio legale, la Roland sia stata l’unica ditta a chiedere formalmente autorizzazione e permesso per entrare nel mondo Euro Rack aderendo agli standard elettrici e meccanici inaugurati da Doepfer… tutti gli altri, semplicemente, si sono accomodati al tavolo 😀
  • polifonico si, polifonico no… Di sicuro, Modal Electronics from Great Britain ha catalizzato l’attenzione dei musicisti più facoltosi: il prezzo lambisce i 5000 euro, ma le versioni full digital, hybrid analog/digital, a cinque ottave, rack e bifonico a tre ottave stanno alzando verso l’alto – in maniera significativa – l’asticella del modo polifonico in uno strumento elettronico. Complice anche l’eccellente implementazione su display, questi strumenti potrebbero far parlare parecchio, quantomeno soddisfano pienamente i più di 150 attuali felici possessori;
  • un altro mito si è aggiornato: la versione MS-20M del popolare monofonico nipponico è ora ufficialmente compatibile con tutti e due gli standard elettrici analogici; non solo Hz/V come una volta, ma anche V/Oct per l’immediata compatibilità con il resto del mondo analog. In alto i calici…

 

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Buon divertimento.

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Comments (9)

  • Attilio De Simone

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    “in fondo, il problema non è aver ripreso a costruire strumenti musicali elettronici che ci riportano agli Anni 70, il problema è aver smesso di costruirli all’epoca per inseguire altre cose”
    sicuramente c’è stato il momento storico spartiacque determinato dall’ingresso sul mercato di strumenti come la Yamaha DX7. L’avvento di quelle sonorità così nuove rispetto alle sonorità del decennio precedente, ha dato via al fenomeno delle tastiere basate su rom, strumenti tuttofare in grado di fornire un pò tutte le sonorità. Questo spartiacque ha generato un letargo praticamente in tutti i musicisti, che si svendevano organi hammond, moog, pianoforti fender, per comprare quelle nuove tastiere denominate workstation. d’altra parte senza quei nuovi strumenti non si poteva lavorare. probabilmente è grazie ai virtual synth che ê riesploso l’interesse per i synth classici. poter rivivere virtualmente le possibilità sonore degli analogici a riacceso un appetito verso questi strumenti. probabilmente stiamo vivendo il miglior periodo per quel che concerne la strumentazione, soprattutto per i costi più accessibili rispetto al passato. il problema è che a questo fiorire di strumenti rinati dal passato o innovativi, o ibridi che prendono il meglio dal passato e dal presente, non corrisponde ad un fiorire della produzione artistica, anzi il settore non è in crisi, è in coma da circa 15 anni.

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  • synthy

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    giusta considerazione Attilio, ma come il linguaggio, la grammatica, il senso civico di questo paese sia stato messo in ginocchio e portato ai minimi termini da quella cultura mediaticamente veicolata, sia radio che TV, con programmi spazzatura a bassissimo contenuto intellettuale e culturale ma con un’altissima offerta “scarta e mangia, questo è il futuro buono pronto e senza fatica, non farti domande, ti diamo noi quello che è giusto e che ti serve” a partire dall’80 ed il risultato lo abbiamo visto proprio negli ultimi 15 anni.
    quando la gente ha dimenticato il significato di lottare e faticare per ottenere qualcosa, che sia la propria aspirazione o uno strumento musicale o un ideale politico, e segue il branco come una mandria di pecoroni, anche la scintilla artistica si è, se non spenta, assopita. Non bastano oggi 10 nuove macchine più o meno accessibili per creare artisticamente ottima musica, ci vuole l’ispirazione, la scintilla, ma servirà ben più tempo per tornare anche solo ad un quarto del valore ed intensità della produzione del ’65-’85. IMHO.

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    • Attilio De Simone

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      Il problema mi sembra non limitato all’ italia, ma credo sia planetario. L’Italia ne risente di più perchè ormai è la periferia del mondo e quindi i suoi riferimenti sono gli elementi più popolari di fenomeni di comunicazione esteri e questo penalizza un pò tutti. di fatto gli spazi per portare avanti iniziative indipendenti sono diventati limitatissimi. il problema ormai è che anche all’estero faticano un pò tutti, e molti artisti danno il meglio di sè riciclandosi nel mondo commerciale tramite endorsement, presentazioni di strumenti, demo di strumenti, ecc. Tutto ciò è sempre esistito, ma qui si sta capovolgendo la situazione, gli strumenti sono importantissimi, ma sembra che siano diventati le vere pop star del momento storico e gli artisti sono al loro servizio con l’obiettivo comune di far vendere strumenti e non di produrre musica tramite l’utilizzo di strumenti. Ora il discorso si fa troppo lungo e credo interessi poco.

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      • frabb

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        invece il discorso è molto interessante, anche io ho questa sensazione che uno al giorno d’oggi sia quasi più spinto a mettersi a fabbricare strumenti che a suonarli… e del resto come si può negare che il valore estetico di quel che viene comunemente prodotto da suddetti strumenti sia assolutamente inferiore al valore estetico degli strumenti stessi? Ovvero: è più “bello” e gratificante l’oggetto Moog, per esempio, che tanta odierna musica che viene prodotta proprio con quello strumento….

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        • frabb

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          mi viene in mente una citazione di un famoso film horror, da una scena in cui uno dei protagonisti si ritrova per le mani un meraviglioso e costosissimo fucile per la caccia grossa, e mentre lo imbraccia e lo ammira tutto estasiato dice “non è un peccato, l’unico che potrebbe sbagliare un colpo con questo gioiello è il coglione che ha la grana per comprarselo”….

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  • synthy

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    tutto vero e tutto relativo, è bello vedere che abbiamo opinioni di differente aspetto che convergono tutte sulle stesse conclusioni, ma le nostre dissertazioni servono a ben poco nell’ottica del cambiamento, perchè difficilmente potremo diventare dei modelli così forti da essere imitati.
    E caro Attilio ilo problema NON è planetario, è dell’Italia e la conferma me la ha data la mia vacanza ad edimburgo, UK, dove non succede quello che succede in italia, dove la cultura, la storia, la musica e l’arte in generale è presa con impegno ed interesse e non con superficialità, dove la gente sia giovane che anziana, sia punk che tory rispetta le regole, le file, i bagni pubblici…ah già ma noi sappiamo lamentarci di quel paese perchè non ha il bidè…

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    • Attilio De Simone

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      Io ho vissuto molti anni in Germania, non sono stato in vacanza, dove ho fatto tra le tante cose musica approcciandomi ad un livello alle soglie del professionismo e ti assicuro che la crisi del settore c’è anche li. Non è un caso che per la prossima fiera di Francoforte stanno pensando ad una ristrutturazione, per privilegiare i settori che ancora muovono soldi interessanti.
      PS: la questione sul rispetto delle file e i bagni pubblici non l’ho capita tanto. Quale sarebbe il nesso con la crisi di idee e di mercato dell’industria musicale?

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  • David

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    L’ulitmo Musikmesse e in generale il mercato nell’ ultimo periodo hanno evidenziato un dato imprescindibile: la qualità media dei prodotti pro-audio e synth oriented si alzata notevolmente. Questo incremento della qualità standard deve far riflettere i produttori di hardware e software posizionati nella fascia molto alta e molto bassa del mercato. Per quanto riguarda la fascia bassa non ha più senso produrre “ciofeche” poichè il consumatore con un minimo esborso può accedere ad una qualitità più che discreta (parlo di synth, convertitori/interfacce e outboard). Nella fascia molto alta del mercato molti produttori devono comprendere che semplicemente devono abbassare i prezzi: non è semplice, ci sono tanti fattori in ballo ma è così la realtà. Molti produttori hanno capito il trend del mercato e riescono a produrre outboard di qualitità a prezzi accessibili, vedi Tegeler o Warm Audio. Altri a mio avviso ancora non sono allineati alle logiche di mercato; una Prism Orpheus che si aggira sui 3600€ deve fare i conti con le nuove Apollo uscite questi giorni e la nuova Apogee Ensemble, entrambe Thunderbolt e che dati tecnici alla mano, gamma dinamica e rapporto segnale rumore sulla carta sono addirittura superiori…e costano 1000€ in meno! Riguardo al fatto che venga prodotto hardware di qualità ma la musica prodotta sia priva di originalità è dovuto al fatto che il grande assente sia il Rock come macrogenere. Mentre vedo l’elettronica in continua evoluzione ultimamente nell’ ambito rock/metal ascolto cose trite e ritrite e molti artisti sono la ormai la parodia di loro stessi, senza entrare troppo nel merito. Quest’ultima è solo una mia considerazione soggettiva sia chiaro, buona giornata;)

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