Chiediamolo al Dottor K: differenza tra Shelving e Peaking EQ

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Chiediamolo al Dottor K, Tutorial

Ancora una volta, i lettori del più importante mensile nazionale di tecnica chitarristica, potranno trarre giovamento dagli approfondimenti che il Dottor K elargisce dal suo atrio muschioso, circondato con regolamentari fori cadenti. 

Questa volta, parliamo delle sottili – ma non troppo, anzi diciamo anche evidenti – differenze esistenti tra equalizzazione Shelving e Peaking. Come dire: alle origini dei controlli Bass, Mid e Treble.

di Enrico Cosimi

Tutto è nato con la prova della Mesa/Boogie M6 Carbine, una testata ibrida (valvole/MOSFET) che sfrutta il consueto design d’equalizzazione bassi, medi, acuti, arricchendolo con un controllo Voice centrale di preset eq. Come funziona un equalizzatore a tre tagli? Il suo comportamento è ripetibile con i filtri normalmente a disposizione in un sintetizzatore (appunto) normale? La risposta più corretta è: dipende…

Shelving

Un filtro con comportamento shelving è configurato per offrire la possibilità di incrementare (boost) o diminuire (cut) in egual misura tutte le frequenze comprese da un certo punto in poi; un Bass Shelving influenzerà – per dire – tutto quello che c’è al disotto dei 150 Hz, uno High Shelving agirà su tutto quello che c’è al di sopra dei 7500 Hz, realizzando in tutti e due i casi, una deviazione dalla linearità che – rappresentata graficamente – ricorda molto una mensola, un piano orizzontale sfalsato rispetto alla condizione “orizzontale” nominale. Come al solito, un conto è la teoria, altro discorso è la pratica: quando si fa riferimento all’intervento in egual misura su tutte le frequenze, si deve sempre tenere che nessun filtro shelving avrà mai la possibilità di intervenire con banda di transizione istantanea… ci sarà sempre una pendenza, più o meno gentile che segnerà il progressivo intervento del filtro, demarcando la differenza tra segnale non influenzato dal filtro e segnale processato in boost/cut.

L’ìllustrazione qui sopra, ricavata dalla voce Wiki Equalization riproduce due comportamenti shelving rispettivamente applicati alle basse e alle alte frequenze; studiamo con cura la rappresentazione ed estraiamone le informazioni più importanti:

  • il comportamento bass shelving (quello in rosso a sinistra nell’illustrazione), è impostato per attenuare a -3dB tutte le frequenze comprese tra 20 Hz e 70Hz, dove – più o meno – risiede la corner frequency (se vogliamo tenere per buona la convenzione dei 3dB di differenza rispetto all’ampiezza nominale del segnale);
  • il profilo in dolce discesa che collega i 200 Hz ai 70Hz disegna lo slope, cioè la pendenza del filtro stesso; quasi sempre, i circuiti shelving lavorano nel primo ordine, cioè attenuano/enfatizzano i segnali con un andamento pari a 6dB/Oct; però, come al solito, ogni costruttore costruisce come vuole… Nel Clavia Nord Modular G2, ad esempio, l’escursione boost/cut è pari a +/- 18 dB;
  • il comportamento high shelving enfatizza a +9dB (comportamento boost), le frequenze comprese tra 1 kHz e 10 Hz (ma, anche in questo caso, da dove occorrerebbe partire, per rispettare l’identificazione della corner frequency a 3dB?)

Quindi, quando si gira la manopola dei bassi verso sinistra, si impone un cut shelving che attenua orizzontalmente tutte le frequenze “da quel punto in giù” ; quando si ruota la manopola verso destra, si impone un boost shelving che enfatizza orizzontalmente tutte le frequenze “da quel punto in su”. Il punto lo dichiara il costruttore nelle sue specifiche tecniche, potrebbe essere a 80 o a 120 Hz…

A questo punto, è evidente come il filtro shelving non possa essere simulato con i modi low pass o high pass normalmente disponibili nei sintetizzatori tradizionali; per “equalizzare le basse e le acute” servono due shelving. Punto.  Una volta definiti due comportamenti shelving sulle basse e sulle acute, si influenza lo spettro armonico alle estremità della generazione sonora. E in mezzo? eccoci al peaking mode…

 

Peaking

Il comportamento di Peak Fitering prevede almeno due informazioni da parte dell’utente: dove si vuole intervenire e in che modo si vuole intervenire; a questi, può poi essere affiancato un quesito addizionale relativo a quanto si voglia intervenire.

Traducendo le tre domande in termini moderatamente più tecnici, eccoci pronti a parlare di:

  • center frequency su cui imperniare l’intervento; si parla di frequenza “centrale” in riferimento all’intero range di frequenze contenute nello spettro armonico del segnale passante; se il circuito è all’interno di un amplificatore “semplice”, è molto probabile che la center frequency sia bloccata su un valore deciso a priori dal costruttore (ad esempio, sui 1200 Hz o sui 2400 Hz…);
  • intervento cut/boost, quantificato in un preciso numero di dB di enfatizzazione o attenuazione per il segnale in transito; se è necessario tagliare il segnale in corrispondenza – poniamo – dei 1200 Hz, ecco che si procede a togliere un certo numero di dB all’ampiezza del segnale di frequenze adiacenti a quella specificata come center frequency;
  • qualità dell’intervento, cioè selettività del filtro peaking espresso come ampiezza della campana cut/boost: un filtro spaventosamente seletivo, in grado d’influenzare solo i 1200 Hz, lasciando intatto tutto il resto del segnale tra 20 e 1199 e tra 1201 e 20000 Hz può essere teoricamente appetibile, ma praticamente molto difficile da realizzare.

Nel grafico qui sopra, proveniente dalla stessa voce Wiki segnalata in precedenza, sono visibili una curva di cut peaking in rosso e una di boost peaking in blu; nel primo caso, la qualità dell’intervento è molto più drastica e selettiva: il profilo della campana “scavata” nel segnale è più stretto, meno dolce di quanto non sia riportato graficamente per la curva di boost presente nella parte superiore dell’illustrazione.

Inutile ricordare che un comportamento molto selettivo potrà essere utile per correzioni mirate, mentre un comportamento più blando permetterà di correggere con maggior riscontro l’intera fascia di frequenza interessata; tornando al classico amplificatore con bassi, medi e acuti (dove non si possono scegliere le tre frequenze d’intervento…), maggiore sarà la curva di peaking, più evidente sarà l’intervento sulle medie.

Se poi il costruttore, e il musicista, possono permettersi un controllo aggiuntivo di mid frequency (in aggiunta al mid boost/cut), ecco incarnarsi la ben nota struttura d’equalizzazione semiparametrica che, con un’ulteriore sforzo relativo al terzo controllo di Q(uality), è pronta a divenire una struttura pienamente parametrica.

 

Perchè il peak non è il bandpass

Un musicista volenteroso potrebbe pensare di poter risolvere il problema del peaking filter ricorrendo al normale comportamento passa banda; come per il peaking, anche il band pass filter può essere “centrato” su una frequenza e, sfruttando creativamente gli irrigidimenti di slope ottenibili con elevati livelli di resonance, può essere reso più “selettivo”; ma, a differenza di un peak filter, il suo comportamento prevede l’assenza assoluta di segnale al di fuori della banda passante: niente basse e niente acute; invece, il peaking filter lascia passare tutto il segnale, ma influenza in cut o boost solo il gruppo di frequenze concentrate attorno alla center frequency… c’è una bella differenza. Ascoltare per credere…

 

Unire l’utile al dilettevole

Per avere l’equalizzazione completa, di tipo “commerciale”, è necessario incastrare un filtro peaking per le medie frequenze in mezzo ai due stadi shelving per le basse e le acute; in questo modo, con soli tre comandi (bassi, medi e acuti), si ridisegna anche drasticamente il segnale passante; con quattro comandi (bassi, medi, medie frequenze e acuti), si permette al musicista di spostare l’intervento delle medie sul punto ritenuto più critico.

A proposito di sintetizzatori: l’equalizzazione bassi-medi-acuti (o anche solo bassi-acuti) è meno rara di quanto non si possa pensare… basta guardarsi intorno.

Buona equalizzazione!!!

 

 

 

 

 

 

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Comments (4)

  • Gigi

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    Prof, per equalizzare in modo decente le tracce di un pezzo elettronico (trance, synth pop, ecc.) come caspita si fa? 😀

    Con un analyzer becco la frequenza centrale?

    Reply

    • Enrico Cosimi

      |

      non ci sono regole che valgano per tutti “a tavolino”; devi abituarti a riconoscere, a orecchio, quando una cosa funziona e quando funziona meno; calcola che se un suono è già buono in partenza, ci sarà poca necessità di equalizzare durante il missaggio.

      in maniera MOLTO generale, puoi scaricarti un qualsiasi plugin gratis di spectrum analyzer e usarlo per confrontare come sono disposte le frequenze in un brano di riferimento e in un tuo brano…

      Reply

  • Gigi

    |

    Sospettavo di quest’assenza di regole… :’)

    Grazie del consiglio Prof, l’idea del confrontare le frequenze mi sembra divertente.

    Reply

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