Arturia Keylab 49 e Analog lab – prima parte

Written by Antonio Antetomaso on . Posted in Gear

Di recente concezione, la serie Keylab è stata proposta da Arturia quale evoluzione della sua linea di sintetizzatori ibridi inizialmente nota con il nome di Analog experience the laboratory. Per i neo sintonizzati sul canale, Arturia è sostanzialmente una software house particolarmente specializzata nella realizzazione di sintetizzatori software virtual analog, dedicati all’emulazione delle più gloriose macchine vintage del passato che tanto hanno fatto sognare schiere di musicisti.

Di Antonio Antetomaso

COPERTINA

Minimoog V, CS-80V, Moog modular V, Jupiter V, sono solo alcuni dei celebri titoli realizzati da Arturia, che tuttavia di recente ha deciso di buttarsi, con un notevole successo che non si può negare, anche nella realizzazione di prodotti hardware con la serie Origin prima e Minibrute e Microbrute successivamente.

E qui entrano in gioco i prodotti oggetto dell’articolo in questione. I synth ibridi di Arturia, sono stati, se vogliamo, il primo tentativo di questa casa produttrice di avvicinarsi al mercato dell’hardware “lento pede”. In una mini serie di articoli precedenti che vi invito a consultare, ho analizzato nel dettaglio uno degli esemplari di questa serie altrettanto fortunata, essendo divenuto in quel periodo un felice possessore tutt’oggi più che soddisfatto, cercando di far comprendere le potentialità di questo prodotto che, a mio avviso, ha saputo ben coniugare le esigenze dei sostenitori accaniti dei virtual instrument con quelle dei conservatori che mai rinuncerebbero alle loro belle manopoline hardware.

Grazie alla cortesia di Midiware siamo oggi riusciti a mettere le grinfie su uno degli esemplari della nuova serie che riprende quella linea di prodotti tentando di proporre una versione più aggiornata e performante: la serie Keylab. Nel dettaglio, l’esemplare in prova è la versione a 49 tasti del controller che, corredato della controparte software, anch’essa evoluta e rispondente al nome di Analog lab, verrà analizzato con la lente di ingrandimento per la gioia (spero) delle vostre papille.

FIGURA1

Il tutto, organizzato in due puntate per non rischiare di tediarvi in modo eccessivo, allo scopo di evidenziare i passi avanti compiuti (se ce ne sono) e soprattutto di rispondere alla domanda: ma un eventuale upgrade vale la pena?

Partiamo allora senza indugio, iniziando a descrivere nel dettaglio cosa si intende per synth ibrido: trattasi di un sintetizzatore virtual analog che delega interamente ad un software per computer la generazione timbrica e il controllo di tale software ad un componente hardware a tastiera, virtual analog style, appositamente concepito per lo scopo. Il software prende il nome questa volta di Analog lab e può essere utilizzato naturalmente con un controller hardware di terze parti come un virtual instrument qualsiasi.

La parte hardware, oggetto di questa prima puntata, prende il nome di Keylab ed è disponibile nelle versioni a 25, 49 e 61 tasti.

Per cercare di creare qualcosa di originale, tenterò di proseguire l’analisi di questo “gingillotto” nello stesso modo in cui si è proceduto per la serie Analog experience the laboratory evidenziando di volta in volta le novità.

Signore e signori, ecco a voi la delegata:

FIGURA2

Dalla figura appaiono lapalissiane le prime differenze rilevabili rispetto alla “mamma” della serie precedente: maggiori pad, dimensioni più generose, controller e sliders più grandi e solidi. Le altre differenze non rilevabili ad occhio nudo risiedono nel peso, sensibilmente aumentato ma in cambio di una maggiore solidità e robustezza dell’apparecchio e in una notevolmente migliorata meccanica dei tasti bianchi e neri che, restando ancora sensibili a dinamica e aftertouch, lasciano apprezzare una azione molto molto simile a quella di una tastiera semi pesata.

La serie precedente, benchè di ottima manifattura, offriva una azione sui tasti decisamente più “plasticosa” e meno rispondente al tocco.

L’organizzazione dei controlli ricorda moltissimo quella della serie precedente anche se, dopo una prima analisi al microscopio appare evidente un’altra differenza significativa: la sostituzione della modalità “SCENE” della serie precedente, con la modalità “MULTI”. Nel dettaglio, nella serie precedente era possibile impostare il controller come una propria workstation in cui la tastiera era divisa in due zone sulla base di uno split point programmabile e i drum pad controllavano delle timbriche percussive o dei veri e propri loops, a piacimento del musicista.

Stavolta, commutando lo strumento in modalità “MULTI” è possibile utilizzare delle timbriche che sono il risultato del layering di uno, due o più timbri singoli (secondo quanti ne regge la CPU della workstation sulla quale gira il software), presi anche da emulazioni virtual analog diverse (un timbro Moog, uno ARP, uno YAMAHA e via discorrendo) oppure il risultato dell’organizzazione in orizzontale di tali timbri, creando di fatto degli split veramente evoluti ed efficaci. Il tutto corredato con una ricca sezione di effetti e condito sapientemente con una intelligente possibilità di assegnazione dei controllers rotativi e degli sliders a parametri ben precisi.

…e i drum pad? Possono controllare tanto il triggering di note singole quanto il triggering di accordi programmabili, ma non è più possibile lanciare dei loops in quanto la contropartita software non lo consente. In pratica i drum pads suonano i timbri selezionati in modo diverso.

Se da un lato appare una limitazione, dall’altro le possibilità timbriche offerte da tale organizzazione sono innumerevolmente superiori: nella versione precedente, proprio a causa del numero e della varietà di timbri offerti personalmente ho sempre sofferto la mancanza della possibilità di utilizzare split e layers in modo spinto. Anche le scene, benchè potenti, a lungo andare apparivano limitate: le sequenze lanciate dai drum pads non erano modificabili e lo spazio in cui muoversi per la costruzione di qualcosa di più complesso era comunque poco. Insomma, farci un brano intero era cosa davvero ardua, per cui, a mio avviso ben venga questa nuova modalità.

Il controllo della modalità di esecuzione dello strumento è disponibile nella sezione di sinistra, in cui trovano posto i selettori di preset, organizzati ancora per categoria e per numero di preset all’interno della categoria selezionata, il volume dello strumento (naturalmente della parte software), controllo di escursione di ottava, pitch bending e modulation wheel.

FIGURA3

Altra piacevole sorpresa derivata dalla prova sul campo: stavolta i selettori di categoria e preset funzionano a dovere. Nella versione precedente funzionavano correttamente solo se il software veniva lanciato in modalità standalone. In modalità AU o VST non c’era verso di far scorrere il cursore avanti e indietro per tutti i preset, ma esso avanzava al più di una posizione (quanti GRRR che ho sprecato).

Il tasto EDIT serve a controllare i parametri di configurazione dello strumento. E’ possibile controllare un po’ tutto quello che si poteva controllare nell’Analog Experience 49 the laboratory, secondo la medesima filosofia tra l’altro: gruppi di parametri richiamabili mediante i 10 pulsanti di salvataggio snapshots. Per ogni gruppo, tante sottosezioni richiamabili mediante il controller “Category” e i parametri singoli, selezionabili mediante il controller “Value”. La pressione del controller rotativo applica le modifiche.

Veniamo all’organizzazione dei controller rotativi e delle zone di memoria in cui richiamare i preset.

FIGURA4

In merito ai primi l’organizzazione di essi è sostanzialmente la stessa della serie precedente: due filari di cinque controlli rotativi, il primo dedicato al controllo di filtro, LFO e Chorus, il secondo sostanzialmente programmabile a piacimento del musicista, fatta eccezione per il delay.

Dov’è la novità? Le novità sostanzialmente sono due, la prima immediatamente rilevabile, la seconda diciamo “sotto al cofano”. In merito alla prima, beh, inutile dirlo, i controller sono più grandi e di manifattura decisamente superiore in termini di solidità e risposta al tocco della prima. In merito alla seconda, al posto dei due pulsanti “upper” e “lower” con i quali comandare i preset assegnati alle sezioni di split della tastiera in modalità “scene” troviamo altri due pulsanti: “bank 1” e “bank 2”. Essi sono stati pensati per organizzare i 10 controlli rotativi in due gruppi di parametri. In tal modo ho a disposizione il doppio di messaggi di control change con cui comandare in modo assai più capillare qualunque virtual instrument o synth di mio piacimento e non soltanto Analog lab.

Ma, in modalità MULTI come faccio a decidere quale timbro sto comandando? Questa è un’ottima domanda e una buona risposta è “lo faccio in modo diverso”: in fase di programmazione del MULTI vado a decidere mediante un comodo menu a comparsa quale controllo rotativo in quale banco comanda cosa. Capite da soli che la flessibilità si impenna in modo esponenziale, non trovate?

FIGURA5

In merito al salvataggio dei preset (chiamati ancora snapshots) le novità risiedono più che altro nella parte software che analizzeremo nella prossima puntata. La tastiera offre ancora dieci locazioni di memoria comandabili mediante altrettanti pulsanti: click corto richiama, click prolungato salva. I pulsanti possono essere usati, in modalità EDIT, per accedere alle varie sezioni di parametri di configurazione come per la serie precedente. Nulla di nuovo in tal senso.

Veniamo alla sezione “inviluppi”. Anche qui le novità risiedono prettamente nella qualità degli sliders, più grandi rispetto alla sezione precedente ma più “laschi” al tocco. Non so se è un bene, sicuramente il fatto che oppongono meno resistenza alla corsa velocizza le regolazioni, ragionate?

FIGURA6

Gli sliders sono in tutto 9: 4 per regolare un inviluppo ADSR per il filtro (i primi da sinistra) e altrettanti per l’amplificatore. L’ultimo è assegnabile, a differenza della serie precedente che regolava il tempo nel senso MIDI del termine.

Al di sotto, come per la serie precedente, troviamo i controlli di trasporto del tutto immutati. Cosa controllano? Ricordiamolo brevemente, una qualunque sezione di trasporto programmabile di una qualunque DAW di mercato.

E veniamo a una delle novità più vistose: la sezione drum pads. 16 drum pads sensibili alla dinamica contro i 4 della versione precedente.

FIGURA7

Diciamo che i pads della versione “Analog experience The Laboratory” lasciavano molto a desiderare: al di là della “gommosità costruttiva” la loro azione non era proprio ottimale e la gomma tendeva ad incastrarsi nelle fessure dei loro alloggiamenti creando fastidiosissime note prolungate (ho imprecato non poco). Stavolta è tutta un’altra storia ragazzi: l’azione è deliziosa e formidabilmente immediata nella risposta. Utilizzarli con Spark o con una qualunque altra batteria elettronica è veramente un “dono del Signore”.

Icing on the cake, essi sono retroilluminati alla pressione, come d’altronde ogni altro pulsante (dimenticavo di dirvelo) del controller.

Un rapido sguardo al lato B dello strumento, rimasto invariato rispetto alla serie precedente, specie (comodo) dal punto di vista dei requisiti dell’alimentazione esterna.

FIGURA8

Insomma il tutto sembra invogliare l’utente all’upgrade, d’altronde anche per la parte software era stato caldamente invogliato l’aggiornamento con un generoso periodo in cui era possibile acquistarlo ad un prezzo ridicolo. Io stesso ne ho approfittato traendo non pochi giovamenti.

Ma se volete leggere i giudizi finali nella loro interezza dovrete pazientare la prossima puntata, nella quale parleremo del motore di sintesi, restate con me.

 

 

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Comments (4)

  • Claudio

    |

    le Arturia keylab. Possono essere utilizzate senza l’ausilio di un computer

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    • Michele

      |

      Ciao io ho un Keylab 49 preso usato.non riesco a sbloccare il seriale pet farlo funzionare con analog lab.mi puoi aiutare?

      Reply

    • Michele

      |

      Ciao io ho un Keylab 49 preso usato.non riesco a sbloccare il seriale pet farlo funzionare con analog lab.mi puoi aiutare?
      Come le posso far funzionare senza computer?

      Reply

      • Enrico Cosimi

        |

        controlla, con il venditore, che il seriale non sia GIA’ stato registrato dal precedente proprietario

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