Altre quattro chiacchiere sul sintetizzatore

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear, Tutorial

Dunque dicevamo: cosa occorre tenere presente prima di entrare nel negozio (reale o virtuale)? Di sicuro, occorre sapere con certezza ciò di cui si ha bisogno…

Di Enrico Cosimi

 

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Comportamenti timbrici dedicati

Comprare un sintetizzatore per fare groove di batteria significa volersi del male, a meno di non scegliere dei sintetizzatori appositamente concepiti per questo scopo. DSI Tempest, Elektron A4 e tanti altri sono dei sintetizzatori, ma sono concepiti per ottimizzare la produzione di timbriche ad andamento percussivo.

Per fare una cassa, servono due o tre generazioni simultanee, per fare un pad sufficientemente aereo, basta una struttura molto più limitata. Se ci sapete fare, e se vi piacciono le sfide, potete coprire compiti melodici o armonici anche con la Tempest, ma – chiaramente – perderete molto più tempo.

Così come esiste il cacciavite e il coltellino svizzero, esistono strumenti “tuttofare” e strumenti che fanno bene una cosa sola alla volta; una cassetta di attrezzi ben fornita costa parecchio di più, ma garantisce risultati particolarmente efficaci. Ma se sapete accontentarvi, si può fare tutto con un attrezzo solo…

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Tante sorgenti sonore

Un suono lead grosso, rollante, si ottiene con due o tre oscillatori scordati tra loro – qualcuno li deve pagare; una sequenza ritmico/armonica, un arpeggio su cui suonare freaseggi particolari richiedono duplicità dei comportamenti operativi e flessibilità nella struttura di sintesi. U-He Bazille può fare tante cose simultaneamente, ma vi costringerà ad imparare per benino tutte le funzioni disponibili.

 

Tanti trattamenti timbrici

Esistono due scuole di pensiero: quelli che spendono in sorgenti sonore differenziate, in ingressi microfonici e in gneeratori di tutti i tipi, e quelli che invece spostano parte significativa del budget su filtri ed effetti. Non c’è una soluzione giusta e una sbagliata. Se dovete processare segnali esterni, vi servirà quantomeno un preamplificatore; se dovete filtrare efficacemente un groove audio, oltre al classico modulo low pass, dovrete procurarvi un band pass e uno high pass con i quali influenzare differentemente il timbro.

 

Articolazione e controllo

Due inviluppi sono il minimo sindacale, un modulo LFO da solo fatica nel tenere sotto controllo pitch, cutoff, panpot, pwm, eccetera. La struttura modulare (hardware o software che sia), da questo punto di vista, offre vantaggi enormi. Ma questo non significa che, pianificando e conoscendo a fondo se stessi, si possa comunque ottenere qualcosa di buono con mezzi relativamente limitati.

Uno strumento piccolo e analogicamente chiuso in se stesso può essere arricchito con uno o due pedali per chitarra elettrica; un plug-in triste e gratuito (le due cose non sono correlate) può essere potenziato mappando e automatizzando i suoi controlli all’interno di una channel strip sufficientemente evoluta.

Di fondo, più cose ci sono, più dovrete tenere d’occhio comportamenti potenzialmente pericolosi. Ed eccoci a…

 

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Dal vivo o in studio?

Vi avevamo accennato in precedenza, relativamente alla ripetibilità dei risultati. Se siete producer puri, che non vedono mai la luce del giorno, e vivete di fronte al vostro monitor LCD, potete usare tutto con la comodità di non dovervi mai interrogare su tenuta, ripetibilità, controllo, affidabilità. Il tempo, e il mondo, sono la vostra ostrica.

Se andate dal vivo, se suonate oltre a produrre, dovrete fare i conti non solo col peso, ma anche con la stabilità operativa e – peggio ancora – con l’immediatezza del tempo reale richiesta per ascoltare qualcosa. I tempi morti saranno i vostri peggiori nemici, sia nel passare da una patch all’altra, sia per caricare un progetto nuovo, sia (attenzione…) per recuperare il controllo del Mac/PC dopo un crash di sistema.

 

Non male, vero? E ancora non siamo arrivati a ragionare sulla domanda più ricorrente: io faccio rock sinfonico isolazionista etnico post industriale melodico con venature dark tarantate… che macchina mi devo comprare?

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Comments (6)

  • synthy

    |

    la bat-mobile

    Reply

  • Emanuele

    |

    Ottima serie! Spesso ci si innamora di strumenti per la loro bellezza e capacità, poi all’acquisto ci si rende conto che il comportamento della macchina appena acquistata non si adatta al proprio stile.
    È comunque interessante inserire dei “fattori di disorientamento” che aiutano a ripensare i propri schemi (nuovi suoni, workflow diversi), ma è bene tenere sempre in mente che la tendenza al collezionismo fine a se stesso è nemica della produttività e del “focus” musicale.
    E con questo faccio la morale soprattutto a me stesso, mi sono dovuto munire di rotoli e rotoli di Scottex per arginare l’ipersalivazione causata dalla terza immagine dell’articolo…

    Reply

  • Franco

    |

    Io ho una domanda specifica, a cui i mille video di esempi di techno e deep house non danno risposta. Ho bisogno uno snare grosso, secco, quadrato, di quelli che ad ogni battuta ti fanno abbassare la testa col mento in avanti, come se arrivasse una legnata.
    Da quello che vedo, il candidato ideale è la MFB Tanzbar. Non riesco però a capire se la Analog Rytm ce la può fare (sample a parte).
    Ecco, aggiungiamo una domanda: snare sudicio o vellutato?

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    • Enrico Cosimi

      |

      Bisogna capire se quello che ascolti – e che ti serve – è uno snare “analogico” o uno snare ottenuto via campionamento; nel primo caso, le componenti timbriche sono tre (click iniziale, retina/snappy e tono vero e proprio); nel secondo caso, il campionamento può essere tagliato e esasperato in milioni di altre maniere.

      In tutti e due i casi, la brutalità del suono dipende da come è posizionato all’interno del pattern ritmico (puoi avere il suono più aggressivo del mondo, ma se lo “anneghi” in un mixaggio/arrangiamento già gonfio di cose, non uscirà mai…). Ormai, parlando genericamente, non ci sono più batterie elettroniche brutte e batterie elettroniche buone: una Volca Drum – meglio se modificata PROPRIO per il rullante – da 100 euro può dare legnate interessanti quanto quelle che escono fuori da una Miami, o da una Analog Rytm o da un MFB o da tante altre.

      Personalmente, preferisco la qualità costruttiva e la “pigna” della Analog Rytm a quanto ottenibile con la Tanzbar, che – se possibile – mi sembra ancora più complicata da utilizzare. Il motore di sintesi della Elektron è sufficientemente raffinato da poter generare tutte le possibili variazioni di “cattiveria” immaginabili. Ad ogni modo, anche una Tanzbar usata può essere un eccellente investimento…

      Reply

      • Franco

        |

        Grazie per la risposta.
        Con il campionamento lo so fare benino, dall’AKAI S2000 fino all’Octatrack. Poi leggendo ACM mi sono intruppato con la sintesi, ed eccomi qui.
        Partirò dal Volca, che è indolore. Vediamo che cosa succede.
        Grazie ancora.

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