A proposito di struttura monofonica: Roland SH-1

Written by Enrico Cosimi on . Posted in Gear, Tutorial

Esiste una quantità spropositata di sintetizzatori targati Roland che, prima del successo planetario segnato dalla Jupiter Series, sono apparsi ad intervalli regolari sul mercato e che solo raramente hanno oggi il giusto riscontro storico che avrebbero meritato. Il monofonico SH-1 è uno dei tre possibili modelli (SH-1, SH-5 e SH-7, citati non in ordine cronologico) che potrebbero essere presi a modello dell’evoluzione concettuale del canale di voce monofonico.

Di Enrico Cosimi

SH-1 g

Niente di meglio, quindi, che sottoporli ad un’analisi particolareggiata, suffragata – con un normale giro sui motori di ricerca – dalla lettura del manuale utente e del manuale di servizio; un minimo di fotografie reperibili in qualsiasi asta online faciliterà le operazioni. Perché approfondire il funzionamento di macchine così antiche e – tutto sommato – così poco diffuse? Perchè, in questo modo, è possibile capire da dove escano fuori certe buone idee che il mercato ripropone periodicamente e – last but not least – perchè è sempre un ottimo allenamento cercare di ricostruire attraverso linguaggi di programmazione, o strutture modulari, il funzionamento di un sistema apparentemente semplice… ma che proprio tanto semplice non era.

Il Roland Synthesizer SH-1 è stato commercializzato nel 1976, in un periodo in cui la necessità di macchine low cost analogiche, dotate di un buon corredo di parametri, ma non per questo così complesse da risultare ostiche all’utente, iniziava a farsi sentire dopo il successo e le conferme dei vari Model D, Odyssey, S.E.M. e compagni. La struttura dell’apparecchio offriva due ottave e mezzo di tastiera non sensibile alla dinamica e un canale di voce destinato – con aggiunte e omissioni – a fare scuola nel catalogo Roland.

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Struttura di voce

Il singolo oscillatore audio presente in SH-1 produce onda rampa, onda quadra e onda a simmetria variabile; il segnale è coadiuvato da un suboscillatore, da un noise generator e da un external input, tutti dotati di regolazione di volume indipendente. La miscela delle sorgenti sonore è processata nella consueta catena composta da filtro passa alto non dinamico, filtro passa basso dinamico e amplificatore. Le modulazioni comprendono due inviluppi indirizzabili, un auto bend dedicato all’oscillatore, un oscillatore a bassa frequenza con sample & hold integrato e un bender indirizzabile. Scendiamo nei particolari.

osc

 Voltage Controlled Oscillator

Permette la regolazione della frequenza su cinque ottave (32’, 16’, 8’, 4’, 2’) e, in assenza di un secondo oscillatore da detunare, non prevede alcun modo per variare l’intonazione nominale rispetto alle informazioni di tastiera (o di CV esterno). Tramite ciclo di carica e scarica del condensatore principale, l’oscillatore produce un’onda rampa che – sottoposta a comparazione – fornisce poi l’onda quadra perfettamente simmetrica; in aggiunta, si può scegliere l’onda impulsiva a simmetria variabile. Il duty cycle è impostabile in maniera statica (Manual), modulabile attraverso onda triangolare generata dal LFO o attraverso curva d’inviluppo ADSR. La compattezza del progetto utilizza lo stesso slider tanto per impostare il Duty Cycle statico (dal 50 al 10%, quanto per definire l’indice di moduazione PWM dalle due sorgenti transienti (ADSR) e ciclica (LFO).

L’intonazione dell’oscillatore può essere controllata in maniera ciclica dosando la quantità di segnale MOD ricevuto dall’oscillatore a bassa frequenza; in aggiunta – e la buona idea è sopravvissuta a lungo in diversi strumenti Roland… – è disponibile un inviluppo semplificato Auto Bend, una semplice rampa ascendente, che può essere regolata in velocità di salita e in intensità d’intervento sulla frequenza.

Inutile ricordare che, con un solo oscillatore, non è possibile mettere a constrasto l’intonazione statica di un master e le frequency sweep di un oscillatore slave controllato dall’auto bend… diciamo che il secondo oscillatore è una modifica pressochè obbligata per chiunque si accinga a rimodellare virtualmente il circuito del Roland SH-1.

 

Suboscillator

Un suboscillatore è – economicamente parlando – la maniera per rendere più grosso il suono di qualsiasi sintetizzatore mono oscillatore, senza obbligare il musicista a pagare due oscillatori. Il meccanismo è semplice: a fronte di un’incontestabile limitazione timbrica nel segnale sub-generato, si prende il segnale prodotto dal condensatore principale, l’onda rampa, e lo si divide per due o per quattro. Nel primo caso, si ottiene un’onda quadra all’ottava inferiore, nel secondo si otterrà un’onda quadra due ottave più in basso.

Che succede se, specie nella generazione 2 ottave più in basso, si vuole sfruttare un timbro rettangolare? Semplice, invece di forzare il periodo generato su una durata pari a quattro volte l’originale (risultato della saldatura in uscita al divisore), si rispetta il periodo originale del segnale audio, solo che si interpreta un periodo ogni quattro, cioè si lavora con un’onda rettangolare quattro volte più lenta del segnale di base.

La regolazione di volume è una sola, ma con il selettore a tre posizioni (1 Oct Down Square / 2 Oct Down Square / 2 Oct Down Rect) si fornisce maggior libertà al musicista.

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Noise Generator

Attraverso un circuito di filtraggio low pass a -3 dB/Oct, si commuta il rumore bianco (dotato di egual energia per unità di banda) in rumore rosa (dotato di egual energia per ottava); l’alternanza timbrica permette, nel panorama sonoro degli Anni 70, di variare con relativa efficacia i comportamenti imitativi applicati a classici fenomeni naturali come vento, maree, tempeste, fenomeni atmosferici eccetera.

 

External Input

La natura economica del progetto SH-1 ha eliminato la generazione di Schmidt Trigger e/o la conversione Pitch To Voltage che Roland aveva già padroneggiato con sicurezza in enormi realizzazioni del passato attraverso l’analisi del segnale audio; in questo caso, il segnale esterno è dosabile in volume prima di raggiungere la sezione di filtraggio… e basta. A voler essere più precisi, il livello del segnale audio è convertito (attraverso Envelope Follower) in CV di controllo con cui pilotare la frequenza di taglio della sezione Low Pass. Ulteriori particolari in seguito.

 

Mixer

Un Led rosso lampeggia quando le quattro sorgenti sonore presenti nel Mixer (VCO, Sub OSC, Noise, External) raggiungono livelli di saturazione.

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Sezione filtri

E’ composta da un primo filtro High Pass a 6 dB/Oct che sgonfia (come su altre macchine che sfruttano lo stesso duplice meccanismo) le armoniche più basse del segnale passante. In uscita al modulo High Pass, c’è il filtro Low Pass ufficiale, realizzato con quattro operazionali, che produce uno slope pari a 24 dB/Oct ed è dotato del classico suono Roland – da sempre alternativo al Transistor Ladder Moog. Il circuito Low Pass è dotato di Resonance che raggiunge l’auto oscillazione e la sua frequenza di taglio può essere controllata attraverso inviluppo ADSR (con andamento bipolare), Keyboard Follow, Modulation LFO e Envelope Follower (attraverso l’analisi del segnale audio ricevuto dall’esterno). Come si comporta l’Env Foll? Semplice: prende il segnale audio External, lo sottopone a rettifica per eliminare tutte le componenti negative e applica un forte filtraggio low pass; il segnale così ottenuto è utilizzato come controllo per pilotare l’apertura o meno del filtro passa basso.

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Amplifier

Come in macchine ben più complicate, SH-1 prevede la possibilità di tenere aperto il gain dell’amplificatore eludendo il ritorno a zero degli inviluppi di controllo; in aggiunta, oltre che per creare drone incondizionati, il meccanismo di Hold (level) è utile per facilitare le funzioni di filtraggio ai danni dei segnali esterni, senza quindi che sia necessario tenere costantemente impegnato il Keyboard Gate con cui si pilotano gli inviluppi. Non male.

L’amplificatore può essere pilotato, a discrezione del musicista, tanto con l’Env 1 ADSR che con l’Env 2 AR. Qualcuno ricorda un altro strumento dove è presente la stessa logica operativa?

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Envelope Generator 1 e 2

Come accennato in precedenza, il primo inviluppo è di tipo classico ADSR (con tempi compresi tra 1.5 msec e 8 secondi), il secondo è un più semplice AR (con egual scalatura di tempi). Di default, il filtro è articolato dall’inviluppo più complesso, mentre l’amplificatore può essere controllato a scelta o con la traiettoria a quattro stadi o con quella semplificata a tre stadi (ricordiamo che, nell’inviluppo AR, tra i due segmenti di Attack e Release ce n’è uno d’ufficio pari a max sustain, di durata pari al keyboard gate…).

Quando usare uno o l’altro per la gestione del sintetizzatore? Senza troppo sforzo, si possono raccogliere suggerimenti veloci:

  • per realizzare strings e altre timbriche letargiche, il VCA può essere gestito attraverso AR;
  • per gestire timbriche con impatto percussivo più evidente, meglio controllare il VCA con il modulo ADSR;
  • se si vuole semplificare la catena di programmazione, si possono controllare filtro e amplificatore con lo stesso ADSR;
  • se si vuole lavorare con la possibilità di differenziare l’apertura timbrica (filtro) dall’andamento di volume (amplificatore) è obbligatorio lavorare con ADSR su filtro e AR su amplificatore.

Chi controlla l’inviluppo 1 ADSR? Ovviamente, il Keyboard Gate o, in alternativa, la somma di Gate + Trigger (se si vuole sfruttare la riarticolazione di attack durante le esecuzioni legate – ricordiamo che la tastiera è single trigger low priority); in seconda alternativa, l’ADSR può essere innescato dall’onda quadra prodotta dal MOD LFO di bordo.

L’inviluppo 2 AR ha solo due possibilità di innesco: Keyboard Gate e LFO; in tutti e due i casi – attenzione… – il treno d’impulsi prodotti dal LFO è messo in AND con il Keyboard Gate e quindi, per sfruttare le ripetizioni automatiche a tempo di LFO, è comunque necessario premere una nota sulla tastiera musicale.

In aggiunta a queste funzionalità, si possono controllare gli inviluppi attraverso le connessioni Gate Input e Trig Input: il circuito è abbastanza pigro e chiede almeno 7.5 Volt per rispondere alle sollecitazioni esterne.

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Modulator LFO

Produce modulazioni cicliche (onda sinusoide con delay iniziale e onda quadra) e casuali (comportamento random ottenuto processando il white noise nel Sample & Hold integrato); la sua velocità può essere gestita di pannello attraverso il controllo Rate. In maniera poco chiara e poco documentata, quando gli inviluppi sono posti sotto il comportamento di innesco LFO, il ciclo di quest’ultimo è forzatamente resettato dal Keyboard Gate; in questo modo, si garantisce il corretto allineamento ritmico sull’emissione delle note.

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Controller generali

Oltre alla regolazione di Volume e di master Tuning, si possono definire i comportamenti di Portamento, con velocità variabile fino a un massimo di 2.5 secondi, la trasposizione L-M-H applicata alle due ottave e mezzo di tastiera e il comportamento  CV/Gate selector, per sintonizzare lo strumento sull’esclusivo controllo da parte della tastiera incorporata o da parte delle connessioni analogiche presenti sul pannello.

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In aggiunta, tramite potenziometro Bender con centratura a molla, si può intervenire durante l’esecuzione influenzando l’intonazione degli oscillatori e la frequenza di taglio del filtro; siamo lontani dalle successive comodità offerte dal Modulation Button (Jupiter 8) e dall’integrazione di Bender & Modulation (D-50), ma il meccanismo presente in SH-1 è già un passo avanti rispetto alla tastiera nuda e cruda.

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Connessioni

In tutte le macchine nipponiche del periodo c’è una grossa preoccupazione tesa all’ottimizzazione dei livelli audio tanto in entrata quanto in uscita; per questo motivo, sia il signal Output che la presa Phones, che l’ingresso External sono dotati di selettore a tre posizioni dedicato H-M-L con cui garantire consistenza di livello e assenza di distorsioni. In aggiunta, la tastiera emette CV e Gate adatti al controllo (1V/Oct per il CV e 14V per il Gate) di apparecchiature esterne; in maniera parallela, il sintetizzatore prevede l’ingresso CV per il controllo dall’esterno dell’oscillatore e, seppur limitatamente, della frequenza di taglio e gli ingressi Gate e Trigger per l’articolazione degli inviluppi di bordo.

SH-1 b

Considerazioni

SH-1, a prescindere dalle inevitabili sopravvalutazioni commerciali legati al fenomeno vintage, è una grande, piccola, macchinetta dotata del classico suono analogico Roland. Il corredo di funzioni è tale da non mettere in imbarazzo l’utente meno esperto (anche se, da questo punto di vista, il classico SH-101 è ancora più semplice…) e può ripagare il musicista con belle soddisfazioni anche per quello che riguarda la capacità d’integrazione all’interno di strutture composte da più strumenti.

SH-1 c

Non sottovalutatelo e, dopo esservi procurati la documentazione tecnica – bastano 10 minuti su Google… – iniziate a rimodellare il tutto con il linguaggio di programmazione che preferite.

 

Buon divertimento!

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Comments (2)

  • Ciro Urselli

    |

    Caro Maestro i suoi articoli sono sempre “stuzzicanti” però questa volta ha dato un compito facilino per chi sta studiando sul suo tomo di oltre 1000 pagine. Si potrebbe partire dalla sua analisi del SH-2 e da li apportare le dovute modifiche in Nord Modular G2. Voglio complicarmi la vita e cercherò di rimodellarlo in Reaktor !.

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  • Enrico Cosimi

    |

    oh yes!!!
    non è difficile; si tratta – come al solito – di smontare il problema grosso in tanti problemini più piccoli… :-)

    la stessa cura potrebbe essere applicata ai prossimi due “clienti”: SH-5 e SH-7…….

    Reply

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