Audio tridimensionale: cos’è e cosa non è..

Written by Luigi Agostini on . Posted in Recording, Tutorial

Nessuno ha inventato l’audio 3D. L’ascolto tridimensionale è semplicemente quello che sperimentiamo naturalmente ogni giorno della nostra vita. Forse l’unico momento in cui non ascoltiamo in 3D è quando ci mettiamo in testa una cuffia professionale vanificando di conseguenza la funzionalità delle pinne delle nostre orecchie, del torso e degli spostamenti della testa, fondamentali per l’apprezzamento dell’altezza di un suono per qualsiasi essere umano.

di Luigi Agostini

Questo perché il nostro apparato uditivo viene continuamente sollecitato dalle onde sonore dirette ma anche da tutte le riflessioni delle stesse generate dall’ambiente che ci circonda. Quindi qualsiasi sistema atto alla riproduzione audio per mezzo di uno o più diffusori acustici, quando viene messo in funzione genera un campo sonoro tridimensionale; teoricamente anche in campo aperto, nel caso limite in cui le superfici riflettenti sono molto lontane. Precisazione lapalissiana, d’accordo, ma secondo me necessaria per far uscire una voce dal coro di slogan pubblicitari che ha reso il termine “3D audio” ambiguo e quasi inutilizzabile, al pari di altri lemmi abusati come “multimediale” o “interattivo”.

Perché allora utilizzare più diffusori? Da buon livornese mi verrebbe voglia di rispondere “ Dé, perché sona meglio…”, invece cercherò di fornire delle prove scientifiche e delle motivazioni artistiche che giustifichino gli sforzi di tanti tecnici e musicisti a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso.

Già, perché la prima composizione per più diffusori acustici della quale abbiamo memoria storica la dobbiamo a Stockhausen. “Tra il 1953 ed il 1998 (Karlheinz Stockhausen) ha collaborato strettamente con lo “studio per la musica elettronica” della radio Westdeutscher Rundfunk per qualche tempo anche come direttore artistico e si è dedicato di più alla musica elettro-acustica. In questo studio di Colonia ha realizzato nel 1955 la sua opera centrale Gesang der Jünglinge im Feuerofen (canto della gioventù nella fornace ardente) ponendo un nuovo obiettivo nel campo della musica spaziale. “Gesang der Jünglinge è celebre anche per il suo precoce uso della spazialità, l’opera era originariamente stata pensata per cinque canali audio, in seguito ridotti a soli quattro canali (prima mono e poi stereo per la pubblicazione commerciale) per coinvolgere l’ascoltatore in un’esperienza sonora di carattere totale”.(da Wikipedia).

Questo dato storico pone già in cattiva luce tutti i responsabili del marketing delle famose aziende delle quali non farò il nome, tanto le conoscete benissimo…, che hanno spacciato il loro marchio e i relativi esperti di turno come gli “inventori” dell’audio multicanale. E questo senza voler considerare altre forme di spazializzazione che non prevedevano diffusori acustici nel senso tradizionale del termine ma ricercavano lo stesso tipo di effetto mediante la disposizione dei musicisti o delle componenti del coro, espedienti spettacolari che risalgono ad epoche ancor più remote. Ma anche il grande compositore tedesco, senza nulla togliere alla genialità della sua intuizione, ancora disponeva i diffusori su di un singolo piano.

Dobbiamo aspettare circa vent’anni perché Michael Gerzon possa scovare, nei meandri della sua mente geniale, l’immagine della disposione a cubo dei diffusori acustici. Dopo aver studiato matematica all’Università di Oxford, Gerzon era entrato al Mathematical Institute di Oxford per lavorare sulla teoria assiomatica quantistica, fino a quando la sua passione per l’audio non lo portò a lavorare come consulente. All’università aveva già coltivato il suo interesse sia per la teoria che per la pratica della registrazione, e negli anni successivi la sua costanza lo portò all’invenzione delle tecniche Ambisonics, un metodo che può essere visto come un completamento teorico e pratico del lavoro svolto da Alan Blumlein sul suono stereofonico.

Come puntualmente succede a tutti i visionari che sono troppo in anticipo rispetto al pensiero medio del loro tempo, Ambisonics non fu un successo commerciale, e soltanto alla fine degli anni settanta l’Audio Engineering Society ha riconosciuto il valore del lavoro di Gerzon assegnandogli una borsa di studio nel 1978 e la Medaglia d’Oro AES nel 1991. Tre anni dopo la sua morte, per le complicazioni di un’asma, gli hanno assegnato anche il premio AES per le pubblicazioni postume, nel 1999.

La disposizione dei diffusori agli angoli di un cubo ideale, secondo me, è tuttora la migliore a distanza di tanti anni, quando le esigenze logistiche permettono la sua realizzazione. Ma perché, torno a chiedervi parafrasando la domanda precedente, Blumlein e Gerzon pensavano fosse meglio utilizzare più diffusori per riprodurre l’audio allo stato dell’arte?

Per poter simulare la realtà a beneficio degli ascoltatori, per generare un illusione acustica spettacolare, una esperienza estetica coinvolgente sotto il diretto controllo dell’autore… Perché guardiamo film a colori e non in bianco e nero? Perché tanti ascoltano gli mp3? No, scusate, questo è un altro discorso, torno subito in tema… Gerzon aveva semplicemente notato che i suoni, in natura, provengono anche dall’alto e che i suoi algoritmi potevano facilmente calcolare le componenti di segnale che sarebbero pervenute ad un ascoltatore nella realtà di tutti i giorni al passaggio di un aereo o di uno stormo di gabbiani.

Oggi, grazie al suo lavoro, utilizzando algoritmi di psico-acustica e più casse disposte su un minimo di due diversi livelli di altezza, un sound designer esperto può simulare qualsiasi ambiente reale o irreale in modo dinamico e controllato per un pubblico composto da più persone. Il termine 3D audio, quindi, dovrebbe essere usato soltanto in quei casi dove le casse sono più di tre e queste disposte come minimo a tetraedro, sicuramente ad altezze diverse l’una dall’altra. Non sono tecnicamente 3D, di conseguenza, tutti i sistemi 5.1 o 7.1 con le casse disposte alla stessa altezza, tutti i sistemi stereo e, meno che mai, i sistemi binaurali da ascoltare utilizzando una cuffia. Possono riprodurre audio 3D i sistemi Ambisonics, 3D-EST e in generale tutti quelli che prevedono il posizionamento delle casse a diverse altezze, come il VBAP, il DBAP e il Level Control System.

Vedremo in seguito quali tecnologie sono identificate da questi acronimi, per ora vi invito ad approfondire i temi che ho appena accennato utilizzando quella splendida risorsa online che risponde al nome di Wikipedia, anche se, giustamente, tutti possono scrivere la loro e quindi troverete pagine nelle quali vogliono farvi credere che gli home theater e i televisori possono riprodurre audio 3D…

Alla prossima!!!

 

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Comments (9)

  • Antonio Antetomaso

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    Molto interessante, complimenti.
    Aspetto con ansia le prossime puntate.
    Un saluto.
    Antonio.

    Reply

  • synthy

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    eccone finalmente un’altro, Enrico a parte, che parla in termini i scientifici e non di marketing commerciale: era ora.
    spero di sentire altri tuoi interventi

    Reply

    • Enrico Cosimi

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      oh, stiamo parlando di Luigi Agostini, eh? Mica di Pizza e Fichi da Forlì… :-)

      Reply

    • Antonio Antetomaso

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      uhm…eppure non mi pareva di aver stretto accordi commerciali quando ho inserito i miei articoli…mah

      😀

      Reply

      • synthy

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        tranquillo antonio, non mi riferivo a te nè altri quidentro, enrico lo sa e ha capito

        Reply

        • Antonio Antetomaso

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          Lo so, la mia era una battuta provocatoria.
          Concedimela…involontariamente mi hai chiamato in causa…
          😀

          Un saluto.
          Antonio.

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  • Luigi Agostini

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    Grazie,

    troppo buoni, spero a questo punto di non deludervi con i prossimi articoli… dovrò andare più sul tecnico ma cercherò di non essere troppo noioso.
    Ciao, alla prossima, Luigi

    Reply

    • Riccardo Galatolo

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      Bell’articolo Luigi, complimenti!
      molto interessante ed esplicativo.
      attendo il prossimo…
      un abbraccio!

      ciao ciao

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