Arturia Mini-Filter V: come ti filtro un unicorno

Written by Jacopo Mordenti on . Posted in Recording, Software

È di questi giorni il rilascio da parte di mamma Arturia di non uno, ma tre filtri software ricalcati filologicamente su altrettante controparti hardware: complice una recente apparizione dell’Invisibile Unicorno Rosa, diamo un’occhiata rapida al tenebroso Mini-Filter V.

Di Jacopo Mordenti

MINI-FILTER V

Il pupo – manco a dirlo – è mutuato dal filtro transistor ladder implementato da Moog nel sempreverde sintetizzatore Mini: offre dunque un comportamento passabasso con una pendenza di 24 dB per ottava, una pronunciata – ancorché fisiologica – riduzione dell’ampiezza del segnale in uscita correlata all’aumento della risonanza, e in definitiva un risultato timbrico che pretende di essere non necessariamente ecumenico, ma certo riconoscibile. Una prova su strada?

Schermata 2018-03-26 alle 14.46.33

 

Nell’economia di questo primo estratto unicornesco da “Pink is the new black”, al Mini-Filter viene demandato il compito di biscottare quel drumkit sintetico che accompagna la controparte acustica per buona parte del pezzo. La combinazione fra i cardini del filtro, significativamente collocati da Arturia al centro dell’interfaccia grafica, è ovviamente indispensabile per la buona riuscita dell’operazione:

  • Frequenza di taglio a metà corsa
  • Risonanza (qui indicata come Emphasis) generosa, peraltro automatizzata via MIDI CC così da passare alla bisogna da 5/10 a 7/10 a 10/10, portando il circuito in prossimità dell’auto-oscillazione (ferma restando la prudenziale attivazione della modalità Limit Resonance, in calce all’interfaccia).
  • Volume di uscita relativamente modesto, così da avere un buon margine di manovra per compensare – sempre via MIDI CC – la perdita prodotta collateralmente dalla risonanza.
  • Drive a 0, ché qui e ora la saturazione del circuito, con tutto quello che comporta in termini di distorsione armonica del segnale e via dicendo, non interessa.
  • Rapporto DRY/WET a 10/10, funzionale dunque all’uscita del solo segnale filtrato.

 

Bene, ma non benissimo: il bello a ben vedere arriva solo ora, vale a dire quando dalla regolazione dei parametri di cui sopra si passa alla loro modulazione. È probabilmente qui che va individuato il quid del Mini-Filter, che mette a disposizione dell’utente ben tre modulatori (un LFO, uno step sequencer e un envelope follower) capaci non solo di intervenire su frequenza di taglio e risonanza, ma anche di interagire fra loro. Entriamo un nonnulla nel merito?

  • Low Frequency Oscillator: forma d’onda Sample & Hold; velocità agganciata al tempo della DAW; modesta modulazione della frequenza di taglio – con polarità positiva – e altrettanto modesta modulazione della risonanza – ma con polarità negativa. A 0 la fase della forma d’onda, e così la modulazione dell’intervento dello step sequencer sulla frequenza di taglio, modulazione che di per sé sarebbe una prima chicca…
  • Step Sequencer, giustappunto: quattro step impiegati sugli otto disponibili; velocità agganciata al tempo della DAW; smooth a 0 ovvero nessun trascinamento dei valori da uno step all’altro, al grido di brusco è bello. Massima la modulazione della frequenza di taglio, nulla quella della risonanza e della velocità dell’LFO (altra chicca…).
  • Envelope Follower: reattività al segnale in ingresso a metà corsa; lo stesso dicasi per i segmenti di attacco e rilascio. Attenzione: frequenza di taglio e risonanza NON sono interessate da questo modulatore, che viene speso esclusivamente per modulare generosamente la velocità dell’LFO di cui sopra. Un’opzione che rappresenta la terza e ultima chicca dell’architettura del Mini-Filter…

 

… Ma dunque come suona, il pupo? Chi scrive, mettendo insieme anagrafe e formazione, è sempre stato poco o nulla interessato alla pretesa filologia delle innumerevoli operazioni nostalgia che animano il mercato di strumenti ed effetti virtuali, perciò – non me ne voglia Arturia – la corrispondenza puntuale o meno puntuale fra il comportamento del Mini-Filter V e il modello di partenza può tutto sommato rappresentare un tema secondario. Più interessante è forse notare quanto Mini-Filter V suoni bene in sé: dalla sua ha una personalità marcata e ineludibile – con tutto ciò che ne consegue in termini di impiego concreto in un arrangiamento specifico – ma soprattutto una flessibilità operativa che lo rende un processore potenzialmente mooolto più creativo di quanto sulle prime si potrebbe ritenere. A questo punto, la voglia unicornesca di mettere le mani anche sulla virtualizzazione arturiana dei filtri SEM e Matrix12 si fa solleticante…

 

Alla prossima!

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